Inceneritori e danni alla salute, cosa dicono gli studi?

Sul tema è polemica tra M5S e Lega. Leggiamo i risultati dei progetti promossi dalla Regione Emilia Romagna e dal Comune di Pisa.

“Parlare di inceneritori oggi è come parlare della cabina telefonica con il telefono a gettoni. Qualcuno può essere ancora affascinato dal vintage, ma sempre vintage rimane”. Lo ha detto il vicepremier Luigi Di Maio. Prosegue, dunque, la crociata del Movimento 5 Stelle contro i cosiddetti termovalorizzatori. Una crociata che fa arrabbiare non poco la Lega. Attilio Fontana, governatore della Lombardia, non ha usato parole tenere nei confronti del M5S: “Se Di Maio pensa che i nostri impianti inquinano, allora devo dire che non accetteremo più i rifiuti del Sud. Chiederemo allo Stato di modificare la norma che ce lo impone”. La maggior parte degli inceneritori si trova infatti al Centro-Nord, mentre la loro realizzazione è ancora ferma al palo nel Mezzogiorno.

Viste le polemiche piuttosto accese, viene da chiedersi: ma questi impianti fanno davvero male alla salute? Qual è il loro impatto sulla qualità dell’aria? Uno degli studi più completi (tra i pochi disponibili) è stato promosso nel 2007 dalla Regione Emilia Romagna e coordinato da Arpa. Si tratta del progetto Moniter, concluso nel 2011, dal quale risulta che, nelle emissioni degli inceneritori di rifiuti urbani dell’Emilia Romagna, tutti gli inquinanti sottoposti a limite normativo risultano essere al di sotto delle concentrazioni massime ammesse e ai limiti autorizzati. In particolare, le concentrazioni di diossine (PCDD), furani (PCDF), policlorobifenili (PCB) e idrocarburi policiclici aromatici (IPA) sono risultati “ampiamente al di sotto dei limiti normati e autorizzati”.

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Gli esperti hanno cercato di valutare l’impatto dei fumi tossici sulla salute, monitorando le malattie registrate tra la popolazione residente nell’area di 4 km di raggio intorno a ogni inceneritore per rifiuti solidi urbani (RSU). Il report non ha evidenziato un’associazione tra livelli di esposizione e mortalità o incidenza di tumori. “Possibile eccezione – rileva il rapporto – è la stima di incidenza dei linfomi non Hodgkin a Modena, non riprodotta però dai risultati osservati nell’insieme delle popolazioni residenti nelle vicinanze di inceneritori in Emilia Romagna”.

Gli esperti hanno anche indagato i possibili effetti sulla gravidanza nei soggetti esposti agli inquinanti emessi dagli inceneritori. Questa volta i risultati sono un po’ più preoccupanti: se da un lato “l’esposizione a inceneritore non mostra alcun effetto sul rapporto tra sessi, sulle nascite gemellari, sul basso peso alla nascita”, dall’altro è stata rilevata “un’associazione coerente e statisticamente significativa tra livelli di esposizione a emissioni da inceneritore e nascite pretermine”, ovvero i parti prematuri. Anche gli aborti spontanei, “risultano associabili con l’esposizione a inceneritore, sia pur con minor forza rispetto ai nati pretermine”.

In definitiva, per gli effetti a lungo termine (mortalità, incidenza tumori), i risultati dello studio “non evidenziano in modo coerente un incremento di rischio connesso con l’esposizione a inceneritore”, mentre “i risultati degli esiti riproduttivi suggeriscono la possibilità di un incremento di rischio connesso alle nascite pretermine e, in minor misura, agli aborti spontanei”. Infine, “è stato pure rilevato un eccesso di nati malformati, relativamente alla totalità delle malformazioni, associato al livello maggiore di esposizione”. In questo caso, però, a causa di “rilevanti difficoltà nel reperimento certo e completo dei nati malformati nelle aree in studio”, i dati “non forniscono elementi per l’attribuzione di un nesso causale tra malformazioni ed esposizione a inceneritore”.

Un altro studio, meno recente ma comunque valido, è stato realizzato dal Comune di Pisa, che nel 2002 ha valutato gli effetti sulla salute tra la popolazione residente nell’area dell’inceneritore. Tale studio “non ha evidenziato, in generale, differenze significative tra l’area in studio e il resto del comune di Pisa; solo un eccesso di morbosità per leucemie tra le donne”, ma “con ampia incertezza della stima”. È stato inoltre rilevato “un eccesso di mortalità e morbosità per le malattie cronico-ostruttive del polmone nella corona più esterna”, ma tale eccesso è “quantificabile in pochi casi e non supportato dalla presenza di un trend significativo rispetto alla distanza”.

Redazione Nurse Times

Fonte: AdnKronos

 

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