Sono positivi i primi risultati della strategia di editing genetico basata sulla tecnica CRISPR/Cas9 (detta anche “taglia e cuci del Dna”), messa a punto dai ricercatori dell’Istituto San Raffaele – Telethon per la terapia genica (SR-Tiget) di Milano e dell’Istituto di ricerca genetica e biomedica del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Irgb) per le immunodeficienze primitive dovute a difetti nel gene RAG1. Lo descrive un articolo pubblicato sulla rivista Science Translational Medicine, curato dal gruppo di ricerca guidato da Anna Villa, ricercatrice dell’unità milanese del Cnr-Irgb.
Il deficit di RAG1 fa parte delle immunodeficienze combinate gravi (SCID) e dipende da mutazioni in un gene molto importante per il corretto sviluppo del sistema immunitario. RAG1 è regolato in maniera molto fine, per cui deve essere “acceso” e produrre la proteina che codifica soltanto in un breve lasso di tempo durante la vita dei linfociti T e B.
Chi nasce con un deficit di RAG1 presenta quindi fin dalla nascita un’immunodeficienza grave, con infezioni ricorrenti e potenzialmente fatali, diarrea cronica, eruzioni cutanee, ritardo della crescita. L’aspettativa di vita è limitata se non si interviene. Esistono, poi, casi in cui la proteina RAG1 non è del tutto assente, ma è in grado di promuovere soltanto la formazione di poche cellule: questo si traduce in un’attività sregolata del sistema immunitario, caratterizzata da autoimmunità e infiammazione cronica (sindrome di Omenn e SCID atipiche).
L’unico intervento risolutivo è il trapianto di cellule staminali del sangue, a condizione che sia disponibile un donatore compatibile. Purtroppo il fattore tempo può influire sull’efficacia del trapianto: è bene che sia eseguito nei primi mesi di vita, infatti nei casi di diagnosi tardiva il danno a carico dei diversi organi può comprometterne il successo.
Il team di ricerca è al lavoro da molti anni per mettere a punto strategie terapeutiche alternative per tali immunodeficienze combinate gravi. Come spiega Maria Carmina Castiello (Cnr-Irgb, SR-Tiget), prima autrice del lavoro: “L’editing genetico, su cui siamo concentrati dal 2016, consente di correggere il difetto genico lasciando RAG1 nella sua sede naturale, mantenendone una regolazione fisiologica. La correzione è stata effettuata nelle cellule staminali ematopoietiche, in grado di generare tutte le linee del sistema immunitario compresi i linfociti T e B. L’approccio di editing genetico si aggiunge alle piattaforme di terapia genica basata sui vettori di origine virale, come è stato fatto con successo in altre patologie, quali ad esempio l’ADA-SCID, o la sindrome di Wiskott-Aldrich”.
Negli anni il gruppo ha tentato diverse strategie, fino a individuare quella più promettente descritta in questo studio. Il sistema correttivo sfrutta l’ormai celebre CRISPR/Cas9, oggetto del premio Nobel per la medicina nel 2020: un enzima in grado di tagliare il Dna, associato a una sequenza di Rna che fa da guida e consente di indirizzare il taglio nel punto desiderato, cioè dove c’è la mutazione patologica.
“Con questa strategia siamo riusciti a correggere tra il 20 e il 30 per cento delle cellule staminali bersaglio: una percentuale molto soddisfacente se consideriamo che, come è emerso in nostri studi condotti sul modello murino, basta correggerne il 5-10 per cento per ottenere un effetto terapeutico”, aggiunge Anna Villa (Cnr-Irgb, SR-Tiget).
E conclude: “Il prossimo passo sarà perfezionare il sistema di correzione veicolando la sequenza corretta mediante un nuovo sistema di trasporto basato su nanoparticelle, analogo a quello impiegato nei vaccini anti-Covid. Il nostro obiettivo è riuscire a trasferire questo approccio terapeutico in clinica: potenzialmente potrebbe rivelarsi un’alternativa al trapianto. Per ovviare alla mancanza di un donatore, ma anche per limitare i rischi legati al condizionamento chemioterapico”.
Redazione Nurse Times
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