Profilo professionale

Il DM 739 compie 29 anni: fare memoria aiuta a crescere nella consapevolezza

Il lungo corteo romano rappresentò anche un momento di passaggio fondamentale per la costruzione di una nuova e più forte identità professionale “Infermiere qualificato, paziente tutelato”, “Vogliamo migliorare per assistere e curare”, ed anche, in una polemica ironica ma non priva di fondamento, “Signor dottore ho commesso un gran reato, ho pensato, ho pensato”.

Il profilo professionale dell’infermiere compie 29 anni. Arriva al nostro indirizzo mail redazione@nursetimes.org il pensiero di Laura Baldassari

Voglio iniziare citando alcune parole che condivido profondamente

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Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza. Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo. Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza” (Antonio Gramsci, L’Ordine Nuovo, n. 1, 1° maggio 1919).

Credo che queste tre raccomandazioni siano importantissime anche oggi.

C’è bisogno di conoscenza, c’è bisogno di avere entusiasmo, prima di tutto per la vita e poi per la nostra professione, e c’è bisogno anche di organizzazione, perché non dobbiamo chiedere agli altri di farlo per noi e poi aspettarci che ci rappresentino “bene”. Ognuno di noi è un protagonista e perciò vogliamo fare memoria, ma non solo per ricordare; ricordare deve voler dire rileggere un fatto, una persona, uno scritto per poi trasportarlo nel presente, renderlo attuale, renderlo vicino, fare sì che possa trasmettere nuove emozioni.

La memoria non riguarda solo il passato: fare memoria significa avvicinarsi a fatti avvenuti nel passato per riviverli in qualche modo.

Di fronte ai continui ritardi e blocchi degli iter legislativi la professione ha raggiunto uno dei suoi momenti più alti di coesione e di unità.

La manifestazione del 1° luglio 1994 a Roma raccolse la partecipazione di oltre 50.000 infermieri arrivati da tutte le parti d’Italia.

Il lungo corteo romano rappresentò anche un momento di passaggio fondamentale per la costruzione di una nuova e più forte identità professionale: striscioni, cartelli, migliaia di palloncini mostrarono a tutti che gli infermieri di oggi erano lontani e diversi dagli stereotipi del passato.

Tutti gli slogan ruotavano intorno a questa consapevolezza:

“Infermiere qualificato, paziente tutelato”, “Vogliamo migliorare per assistere e curare”, ed anche, in una polemica ironica ma non priva di fondamento, “Signor dottore ho commesso un gran reato, ho pensato, ho pensato”.

Senza dimenticare anche gli obiettivi immediati: “Costa, Costa, vogliamo una risposta”. La pressione risulta vincente: il decreto che definisce il nuovo profilo viene approvato il 14 settembre 1994 e pubblicato in Gazzetta il 9 gennaio 1995. L’allora ministro della Sanità Raffaele Costa firmò il decreto ministeriale che definiva ruolo e funzioni degli infermieri professionali.

Il profilo professionale è la pietra miliare nel processo di professionalizzazione dell’attività infermieristica.

Il decreto ministeriale 739/94 riconosce l’infermiere responsabile dell’assistenza generale infermieristica, precisa la natura dei suoi interventi, gli ambiti operativi, la metodologia del lavoro, le interrelazioni con gli altri operatori, gli ambiti professionali di approfondimento culturale e operativo, le cinque aree della formazione specialistica (sanità pubblica, area pediatrica, salute mentale/psichiatria, geriatria, area critica).

Il profilo disegnato dal decreto è quello di un professionista intellettuale, competente, autonomo e responsabile. Analoga definizione dei campi di attività e delle competenze verrà successivamente stabilita anche per l’infermiere pediatrico (Dm 70/97) e per altri 20 profili professionali, tra cui figurano quello dell’assistente sanitario, dell’ostetrica, del terapista della riabilitazione, del tecnico di laboratorio ecc. L’attivazione del profilo si presenta come il banco di prova per verificare la compliance tra le aspirazioni e le potenzialità degli infermieri, che sono chiamati ad assumere – anche formalmente – la responsabilità di gestire autonomamente il processo assistenziale, dal momento decisionale a quello attuativo, valutativo e di confronto.

Fare memoria vuol dire richiamare gli eventi accaduti nel loro permanere attuale; non ci sarebbe l’oggi se non ci fossero stati gli eventi descritti e né ci sarebbero le leggi. E di norme innovative ce ne sono state tante in questi venticinque anni.

La memoria, quindi, apre al futuro e al tempo stesso attesta una fedeltà a eventi e verità, che in quanto tali diventano storia. Diceva il filosofo francese Marc Alain: “ricordati del tuo futuro”; quindi, fa’ memoria perché così ti apri veramente al futuro.

Fare memoria aiuta a crescere nella consapevolezza.

In ultima analisi per noi infermieri fare memoria significa, quindi, acquisire consapevolezza e fare in modo che la memoria diventi un “grembo” capace di generare nuove realtà e un ulteriore impulso alla crescita.

Non è retorica, perché la crescita della nostra professione si basa proprio sulla consapevolezza, sull’identità, sul credere in quello che siamo; in una parola sull’esserci.

Gandhi diceva:

“Non scusarti mai per quello che sei; molte persone, specialmente quelle ignoranti, ti vogliono punire per aver detto la verità, per essere stato leale e per essere te stesso; non scusarti mai per essere stato leale e per essere anni avanti al tuo tempo; se sei nel giusto e se lo sai, parla liberamente di quello che pensi, anche se sei l’unico rappresentante di una minoranza. La verità è ancora la verità”.

Laura Baldassari

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