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Il caregiver burden: aspetti e riflessioni

Tutto ciò che c’è da sapere sul carico assistenziale di coloro che si occupano delle persone affette da demenza.

L’invecchiamento è un processo che interessa l’intero arco dell’esistenza, ma in un’accezione più comune corrisponde all’ultimo periodo della vita. Non è sufficiente riferirsi alla sola età cronologica, in quanto si tratta di un fenomeno complesso, diverso in ciascun individuo e condizionato anche dall’età biologica, psicologica e sociale. Si stima che nel 2050 il numero degli ottantenni sarà triplicato, arrivando a 434 milioni.

In parallelo all’aumento dell’aspettativa di vita della popolazione aumentano anche le malattie connesse, in particolare quelle cronico-degenerative come le demenze. La demenza è definita come una compromissione globale delle funzioni cerebrali superiori, in assenza di disturbi della vigilanza. La persona subisce un deterioramento cerebrale spesso irreversibile che impedisce il normale svolgimento delle attività quotidiane fino alla perdita progressiva di autonomia.

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Tanti sono i tipi di demenza secondo la classificazione della Società italiana di Neurologia. Già dal 2004 le demenze vengono distinte in demenze trattabili, demenze vascolari, demenze miste e demenze degenerative primarie, di cui fa parte la malattia di Alzheimer, che rappresenta tra il 50% e l’80% dei casi complessivi di demenza. La malattia di Alzheimer prevede quattro stadi di malattia: lieve, moderato, grave, terminale.

Di grande rilevanza, inoltre, sono i behavioral and psychological symptoms of dementia, ovvero i disturbi del comportamento, che sono i segni responsabili della complessa gestione della persona con demenza e che hanno un grande impatto sul caregiver. La persona affetta da demenza, infatti, necessita di essere assistita al proprio domicilio da parte di un caregiver, che è spesso un famigliare, e tale assistenza aumenta via via con l’evoluzione della malattia, esponendolo a una situazione di importante stress.

Con il termine caregiver burden si definisce il carico assistenziale dei caregiver delle persone con demenza e ciò ha una conseguenza rilevante a livello fisico, psicologico, cognitivo, inducendo reazioni emotive di grande impatto. Le conseguenze sulla vita personale, di relazione, famigliare e lavorativa sono rilevanti: il caregiver diventa il punto cardine su cui grava l’equilibrio del malato e spesso della famiglia; dalla sua solidità deriva la sostenibilità della scelta di rimanere il paziente presso il proprio domicilio.

A supporto della persona con demenza è stato allestito un piano diagnostico-terapeutico-assistenziale che vede coinvolti in una rete integrata diversi servizi e professionisti della medicina generale dell’ospedale, delle cure territoriali e dei servizi sociali e informali. Lo strumento che si adotta per valutare il carico assistenziale dei caregiver dei pazienti affetti da demenze è la Caregiver Burden Inventory.

Questa è in grado di analizzare l’aspetto multidimensionale ed è self-report e compilata dal caregiver principale, ossia il famigliare o l’operatore che maggiormente sostiene il carico dell’assistenza al malato. A lui è richiesto di rispondere, barrando la casella che più si avvicina alla sua condizione o impressione personale. È uno strumento di rapida compilazione e di semplice comprensione, in quanto è composto da 24 items, che si riferiscono a diversi fattori dello stress, raggruppabili in 5 sezioni che consentono di valutare fattori diversi dello stress:

1) Il burden tempo descrive il carico associato alla restrizione di tempo per il caregiver.
2) Il burden evolutivo indica la percezione del caregiver di sentirsi tagliato fuori rispetto alle aspettative e alle opportunità dei propri coetanei
3) Il burden fisico

rappresenta le sensazioni di fatica cronica e i problemi di salute somatica.
4) Il burden sociale descrive la percezione di un conflitto di ruolo e l’impatto sulla propria vita sociale.
5) Il burden emotivo si riferisce ai sentimenti verso il paziente che possono essere indotti da comportamenti imprevedibili e bizzarri.

Permette, quindi, di ottenere un profilo del burden del caregiver per confrontare diversi soggetti e per osservare immediatamente le variazioni nel tempo del burden. È giusto sottolineare, però, che i caregiver con lo stesso punteggio totale possono presentare diversi modelli di burden. Questi profili sono cioè rivolti ai diversi bisogni sociali e psicologici dei caregiver.

Nella letteratura scientifica emergono diverse tematiche in merito. La prima reazione riscontrata davanti alla malattia dementigena è l’incredulità, seguita da una certa difficoltà a capirne l’origine e la portata. Si assiste al tentativo di formulare una causa specifica e spesso la difficoltà di accettazione della malattia da parte del famigliare. I parenti tentano di capire se il loro caro ha consapevolezza della malattia e ciò che risulta pesare maggiormente sono le sue conseguenze sul piano funzionale.

Per il ruolo di caregiver non ci si candida e non si viene eletti. Ciascuna scelta è soggettiva e legata al caso; ricade sul famigliare convivente, spesso donna, o su chi ha maggior disponibilità di tempo. Assistere il congiunto diventa un lavoro faticoso sul piano fisico e psicologico, che spesso porta all’ammalarsi del caregiver stesso.

I fattori che gravano maggiormente sul carico fisico sono l’età, il ruolo che aveva la persona nella famiglia prima di ammalarsi, la condizione psicofisica individuale, la gravità della patologia sommata a ulteriori complicanze, connessa a sua volta al grado di dipendenza del malato. I ruoli famigliari si sovvertono: da genitore a figlio e viceversa. Talvolta la rabbia, la vergogna o l’imbarazzo, talvolta soltanto l’appagamento. La vicinanza dei servizi è un grande aiuto per il caregiver.

Un’ultima riflessione riguarda il cambiamento che stravolge la vita del caregiver. Le dinamiche familiari si modificano, la vita con il coniuge viene rimessa in discussione e c’è meno tempo per gli interessi personali, persino per la cura per la propria salute. Il caregiver si mette in gioco con tutto se stesso e prende in pugno la situazione con fermezza.

La demenza è un problema epidemiologicamente molto diffuso e il Sistema sanitario risponde attraverso la realizzazione di un PDTA accessibile ed efficace, che realizza una presa in carico multidisciplinare. L’infermiere case manager ha il duplice ruolo di supportare l’assistito in tutta la sua fase evolutiva, di contrastare i danni della patologia e di supportare anche il caregiver, che è la figura cardine che rende possibile scongiurare il rischio di istituzionalizzazione.

L’infermiere, quindi, deve essere anche nei primi momenti il case manager del caregiver, in quanto deve accrescere la conoscenza sulla malattia del familiare, dare dei rinforzi positivi, insegnare le strategie di gestione per i disturbi comportamentali per la grande rilevanza che hanno nella quotidianità, monitorare il caregiver burden e il coping del famigliare, condurlo nella rete di servizi più appropriata a seconda della fase della malattia. In sostanza l’infermiere si costituisce come trait d’union tra il caregiver e i servizi stessi, mediante empatia, costanza e competenza.

Anna Arnone

Redazione Nurse Times

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