Quanto denunciato da diversi pazienti curati presso il Grande Ospedale Metropolitano di Reggio Calabria ha lasciato molti addetti al settore senza parole.
I feriti che giungono presso il Pronto Soccorso con sospette lesioni ossee verrebbero trattati utilizzando presidi di fortuna che si addicono maggiormente ad un ospedale da campo.
Dalle foto scattate è possibile notare arti immobilizzati con steccobende fatte di cartone, realizzate ritagliando gli scatoloni che contenevano le flebo.
Medici ed infermieri del DEA dovrebbero quindi arrangiarsi come possono, non avendo a disposizione i presidi canonici dell’ortopedia come il gesso o le cosiddette stecche pneumatiche.
Un ortopedico in servizio, che ha chiesto di rimanere anonimo, ha provato a fornire spiegazioni:
«Gli infermieri, a cui spetta il compito di immobilizzare le parti fratturate, a volte non sono in grado di svolgere quel compito, visto che nessuno ha mai pensato di far seguire loro un corso di aggiornamento».
Ma ci sarebbe un’altra spiegazione, che ha a che fare con questioni più economiche:
«Il Pronto soccorso non procede con l’approvvigionamento del materiale perché la farmacia dell’ospedale impone precisi limiti di spesa, in ossequio alle direttive del direttore generale Frank Benedetto e alla necessità di raggiungere il pareggio di bilancio».
La testata locale “Corriere della Calabria” ha provato a contattare Benedetto, che però si è sempre reso irreperibile.
Il primario del Pronto Soccorso, Angelo Ianni, invece ha preferito non rilasciare alcuna dichiarazione, pur confermando l’utilizzo del cartone per le immobilizzazioni temporanee dei pazienti.
Il ricorso a tale escamotage sarebbe dovuto allo scarso numero di “stecche pneumatizzate” presenti in Pronto soccorso e all’iter piuttosto complesso per procedere all’ordine di nuovi presidi.
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