Il Giornalista Marco Lodoli: “Infermieri non vi lamentate perché sollevare pesi non nuoce alla salute”

 

Arriva a questa redazione un articolo firmato Marco Lodoli, dal titolo “Cari sindacati non difendete gli infermieri che chiedono i danni perché sollevare i malati nuoce alla salute” (Vedi Notizie.Tiscali.it) dove l’autore definisce “barzellette assurde, comiche e spiazzanti” le lamentele degli infermieri di Belluno nel sollevare i carichi.

L’articolo, scritto da un certo Marco Lodoli, fa riferimento ad un risarcimento danni a fronte dei carichi pesanti che provocano spesso danni alla colonna, strappi, ernie, discopatie ecc, richiesto dai colleghi di Belluno al Giudice di Pace, udienza che si terrà il 13 settembre.

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Nell’articolo l’autore si fa beffa dei colleghi che in realtà hanno denunciato una problematica di grande importanza: il sollevamento di carichi.

Tutto è nato, perché, come molti di noi possono confermare, spesso all’interno delle strutture ospedaliere si riscontra una mancanza dei sollevatori meccanici, motivo del quale tanti colleghi sono costretti a dover spostare pazienti non autosufficienti e non collaboranti con la propria forza avendo ripercussioni fisiche significative sulla nostra schiena.

L’autore innanzitutto afferma: “Certe notizie somigliano quasi a barzellette, per quanto sono assurde, spiazzanti, comiche. A quanto pare alcuni infermieri di Belluno hanno deciso che sollevare i pazienti sulla barella nuoce alla loro salute, crea danni alla colonna vertebrale, produce strappi, ernie, discopatie, infelicità varie. Per questo hanno chiesto un risarcimento al Giudice del Lavoro, e l’udienza si terrà il prossimo 13 settembre. ”

Continuando: “Chissà, forse a questa protesta ne seguiranno altre: insegnanti colpiti da danni polmonari causati dalla polvere del gessetto, sarte ferite dall’ago con cui rammendano, pescatori destabilizzati dal mal di mare, commesse segnate da claustrofobia da negozio e vigili urbani sconvolti da agorafobia da piazza. Ogni mestiere in fondo ha i suoi pericoli: anche io che ora scrivo questo articolo improvvisamente temo di subire fastidi agli occhi dalla luce del computer, e più avanti, a scuola, potrei ferirmi se il pesante dizionario della lingua italiana mi cadesse sul piede!”

Mio caro Marco Lodoli, oltre ad essere alquanto saccente, prima di farsi beffa degli infermieri, scrivendo un articolo che non ha né testa né coda, si informi bene sulla normativa vigente. Il titolo V del Decreto legislativo 626/94, ha recepito la direttiva della Comunità Europea 90/269 che definisce le “prescrizioni minime concernenti la motivazione manuale dei carichi che dà origine a rischi, in particolare dorso-lombare, per i lavoratori”.

  1. Il primo obbligo del datore di lavoro, come sancito nel comma 1, art 48 del D.Lgs 626/94, è quello di evitare la movimentazione manuale dei carichi ad opera di lavoratori meccanizzando, dove possibile, i processi lavorativi;

Il Titolo V del decreto legislativo 626/94, all’articolo 48 prevede che, nei casi in cui la movimentazione manuale di un carico non possa essere evitata, il datore di lavoro valuti le condizioni di sicurezza e salute dell’attività da svolgere e rediga un documento di valutazione dei rischi.

Al fine di tale valutazione si deve tener conto delle caratteristiche del carico, delle caratteristiche dell’ambiente di lavoro e delle esigenze che l’attività in esame comporta in base agli elementi di riferimento contenuti nell’allegato VI.

  1. Effettuata la valutazione del rischio il secondo obbligo sancito dalla legge per il datore di lavoro è l’adozione di misure di prevenzione e di contenimento del rischio (art. 48, comma 4b del D.Lgs. 626/94). Queste consistono nell’uso di mezzi di ausiliazione
    , nella messa in atto di misure organizzative e nell’adozione di corrette manovre e procedure per la movimentazione dei carichi
    .

Nasce una denuncia nel momento in cui il datore di lavoro viene meno a questi obblighi.

Infine l’autore conclude dicendo:

E su, dai, alziamo questa barella e questo povero disgraziato che ci sta sopra senza protestare, anzi, addirittura con un certo orgoglio, perché aiutare chi sta male è una cosa bella, giusta, nobile. Magari lottiamo per avere un aumento di stipendio, la vita costa, i figli crescono, i soldi mancano, ma non sviliamo il nostro lavoro con rivendicazioni grottesche, non sputiamo sull’unico piatto che abbiamo. I sindacati hanno sempre giustamente difeso i lavoratori, e noi siamo grati al loro impegno, però in certi casi sarebbe meglio se lasciassero cadere certe richieste. Ricordo ancora alcune insegnanti che brindavano alla loro pensione, e avevano poco più di quarant’anni. Speriamo che gli infermieri di Belluno non brindino davanti alle barelle e ai malati lasciati a terra.”

A prescindere che le “barelle non si alzano” ma si trasportano in quanto oramai dotate di “rotelline” che facilitano il percorso, detto questo di certo non è lei che deve dirci “che il nostro lavoro dia un certo orgoglio, perché aiutare chi sta male è una cosa bella, giusta e nobile”. Lo sappiamo benissimo, magari siamo proprio noi che possiamo raccontare a lei la bellezza di questo lavoro, nonostante il demansionamento, nonostante la non riconoscenza sociale, nonostante una paga considerata la più bassa d’Europa.

Magari possiamo raccontarle le emozioni che viviamo quando si accompagnano i pazienti nel loro processo di cura. Di certo non è Lei che può dire come fare il nostro lavoro, di certo quali suggerimenti può darci una persona che non vive l’attività assistenziale quotidianamente ma che pensa di avere la presunzione di saperne più di coloro che ogni giorno assistono i signori pazienti, solo perché magari ha visto qualche puntata di troppo di ER medici in Prima linea o Grey’s Anatomy?

Magari potremmo essere proprio noi a darle qualche consiglio su quale articolo da pubblicare. Dato che le sta a cuore la situazione sanitaria italiana, scriva un articolo su le condizioni lavorative di medici ed infermieri o sulla qualità dell’assistenza successivamente ai tagli fatti negli ultimi anni. Ne avremmo di consigli da darle se solo ascoltasse e se solo non fosse così occupato nel credersi superiore a qualcuno.

Su una cosa sono d’accordo con quanto da lei detto: basterebbe che tutti facessimo ciò che ogni giorno dobbiamo fare. Ha detto bene, basterebbe che ognuno di noi facesse il proprio lavoro.

Perché in questo momento né lei né noi stiamo facendo il lavoro che dobbiamo fare.

Sopperire alla carenza di personale supporto e ausiliario per lei “è il lavoro che dobbiamo fare?”

Lavorare sotto organico senza denunciare “è il lavoro che dobbiamo fare?”

“Eseguire ancora attività oramai derogabili a personale ausiliario è il lavoro che dobbiamo fare?”

“Come lei dice, alzare una barella è il lavoro che dobbiamo fare?”

“Continuare a lavorare per compiti, come se fossimo ancora una professione non intellettuale, e non per pianificazione, esecuzione e valutazione dell’assistenza, essendo i responsabili, come prevede il nostro profilo professionale, a seguito dell’abrogazione del Mansionario, della cura al paziente, è per lei il lavoro che dobbiamo fare?”

Avrei ancora tante domande da porle, ma penso di averle dato diversi spunti di riflessione, magari utili nello scrivere un articolo con più sostanza.

Cordiali Saluti

Gianluca Pucciarelli

Fonte

Marco Lodoli. Cari sindacati non difendete gli infermieri che chiedono i danni perché sollevare i malati nuoce alla salute. Avaible su notizie.tiscali.it

 

Gianluca Pucciarelli

Infermiere di Neuro-riabilitazione. Dopo aver conseguito la Laurea Magistrale in Scienze infermieristiche si è iscritto al dottorato di Ricerca presso l'Università di Tor Vergata. Dottorando ricercatore la cui linea dottorale è quella di studiare la Qualità di vita delle famiglie italiane affette da Ictus cerebrale

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Gianluca Pucciarelli

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