Fare quello che nessun altro farà, in un modo che nessun altro può fare, a dispetto di tutto ciò che si posa pensare, questo è l’infermiere.

(Rawsi Williams)

Non so se vi sia mai capitato di leggere quanto scritto sopra, comunque da quello che si evince, come per tutte le altre professioni, all’infermiere gli vanno riconosciuti dei diritti oltre che dei doveri, ma nella realtà tutto ciò accade davvero? 

Prendiamo in esame un aspetto per capire meglio, partendo dall’inizio. Sicuramente essendo infermieri avrete sentito parlare del VINCOLO DI ESCLUSIVITÀ.

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Per chi invece non lo sapesse, è una condizione che va a vincolare il professionista alle dipendenze di un’azienda pubblica o privata, non permettendogli di svolgere attività lavorative per altri soggetti, diversi dal datore di lavoro (terzi).

Tutte quelle professioni sanitarie che non appartengo al comparto aziendale, indipendentemente dal fatto che siano dipendenti pubblici o privati, non sono condizionati dal VINCOLO DI ESCLUSIVITÀ, godono di trattamenti economici più elevati e ricoprono ruoli dirigenziali all’interno delle aziende, la stessa cosa non si può dire per gl’infermieri  che purtroppo sono ancora parte del comparto aziendale nonostante sia una professione il cui titolo è esclusivamente raggiungibile con il conseguimento della laurea.

Di fatti nel corso degli anni ci sono state delle disparità che appaiono ingiustificate con altre professioni di egual valore, essendo essa equiparata come “professione intellettuale” (art.2229 c.c).

Con la sentenza n°1012  del 2019 la corte d’appello di Salerno è stata travisata, infatti in molti avevano esultato credendo finito il VINCOLO DI ESCLUSIVITÀ, ma in realtà non è così in seguito al DPR n°3/1957 e il D.lgs n°165/2001, in quanto non si può considerare il personale del comparto alla stregua del personale dirigente, unico personale a cui è concesso di apporre sul contratto di lavoro l’intramoenia (o intramuraria) e l’extramuraria.

Sulla base di quanto previsto dal decreto sostegni per far fronte all’emergenza SARS-CoV-2 agli infermieri non si applicano le incompatibilità dell’art 4, comma 7, della legge 30 dicembre 1991, n 412, e art 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n 165, esclusivamente per lo svolgimento delle attività vaccinali.

Quest’ultimo visto dalla federazione e alcuni sindacati come una vittoria, un preludio all’uscita dal comparto che permetterà finalmente anche agli infermieri di lavorare senza vincoli, ma è realmente cosi? 

Secondo il nostro parere NO, poiché non valorizza affatto l’infermiere  ma lo penalizza ulteriormente, non si può essere liberi solo quando conviene a qualcuno, abbiamo bisogno di uscire dal comparto permettendo al professionista di lavorare in più ambiti, siano essi pubblici che privati e di ottenere situazioni contrattuali più favorevoli, creando competitività tra pubblico e privato riguardo a chi offre di più per avere il professionista che metterà le proprie capacità e conoscenze a disposizione dell’ente, e potendo finalmente ricoprire ruoli dirigenziali ad oggi permessi solo ad alcune figure professionali in ambito sanitario. Questo significherebbe libertà, valorizzazione e soddisfazione professionale per gli infermieri.

Quello che suscita maggiori perplessità non è tanto quanto previsto dal suddetto decreto ma piuttosto il beneplacito della Federazione che come al solito, per molti infermieri, non sta affatto contribuendo alla crescita della professione, difatti molti professionisti si domandano la motivazione di dover pagare una tassa annuale a favore di un ente inerte, che non ha in alcun modo mai contributo a portare avanti battaglie utili alla causa e alla crescita professionale.

Per poter vincere questa infinta battaglia abbiamo innanzitutto bisogno di un ordine forte e determinato alla valorizzazione della figura infermieristica durante tali contrattazioni e decisioni.

Dott. Alessio Carpegna, Co.Auto.Re di Infermieri In Cambiamento.

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