Riproponiamo l'intervista rilasciata a Avvenire da Nicola Draoli, coordinatore del documento FNOPI sul fine vita
Riproponiamo l’intervista rilasciata a Avvenire da Nicola Draoli, coordinatore del documento FNOPI sul fine vita
“Le persone sofferenti lasciate sole non sono messe nelle condizioni di poter esprimere con consapevolezza scelte ragionate”. Secondo Nicola Draoli, infermiere, consigliere del Comitato centrale della Fnopi e coordinatore del gruppo di lavoro che ha stilato il nuovo documento sul fine vita “il rischio è che i pazienti non siano pienamente consapevoli di quello che accade intorno, delle scelte che si possono fare e delle possibilità che si hanno”.
“Oggi abbiamo una difficoltà: i pazienti sono pieni di diritti, la legge 219 ne pone altri, però poi spesso le persone sono sole, il tessuto sociale in cui vivono è disgregato, e sovente è molto fragile anche quello delle reti familiari. A volte le persone sono sole pure dal punto di vista delle reti sociali e delle conoscenze. Le informazioni di natura sanitaria non sono condivise e recepite in maniera chiara, come nel caso delle Dat.
Noi vogliamo che le persone facciano si una scelta, ma non da sole.
Perché in quel caso si crea sempre un rischio di negazione dei diritti. Manca anche un’adeguata informazione sulle possibilità di cura e di terapia del dolore.
Che le cure palliative non siano ancora conosciute lo dicono tutti i rapporti. Noi abbiamo grandi leggi, grandi professionisti, grandi hospice e centri di cure palliative, però questo è un argomento che è ancora poco conosciuto non solo dai cittadini, ma anche dalle organizzazioni e dai professionisti. È chiaro che ormai oggi nel nostro mondo, in cui ci sono sempre più patologie croniche, in molte situazioni ci si potrebbe avvalere di percorsi di fine vita dignitosi. Eppure sembra che l’urgenza sia invece l’eutanasia. Il rischio che intravedo nel modello sanitario di oggi è che la persona che si autodetermina e che sceglie per sé la morte lo faccia senza vere e proprie condizioni di confronto, senza una vera alternativa e conoscenza sui percorsi di fine vita multi-professionali, sulla possibilità di contattare uno psicologo… “
Nicola Draoli vede il rischio che la persona autodeterminata per la morte scelga senza condizioni di confronto con vere alternative.
Redazione NurseTimes
Fonte: Avvenire
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