Coronavirus, studio neozelandese: “Eradicazione globale della malattia? Si può fare”

Un gruppo di esperti della University of Otago Wellington ha condotto un’analisi comparativa con le precedenti epidemie di polio e vaiolo.

L’eradicazione globale del Covid-19 è “probabilmente fattibile”. L’obiettivo tanto sognato in un mondo alle prese con la pandemia da oltre un anno e mezzo ormai e con nuove ondate di contagi, sarebbe raggiungibile “più per questo virus che per la polio“, ma “considerevolmente meno” di quanto non lo sia stato per il vaiolo, che è stato dichiarato eradicato nel 1980. Lo afferma un gruppo di esperti di salute pubblica della University of Otago Wellington (Nuova Zelanda), che ha applicato alle malattie infettive in questione un sistema di punteggi per misurare quanto sia a portata di mano la meta. I risultati dell’analisi sono pubblicati online sulla rivista Bmj Global Health.

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I ricercatori hanno identificato anche quali sono le sfide principali per l’operazione “pianeta Covid free”: prima di tutto la capacità di assicurare un’elevata diffusione del vaccino e la risposta all’emergere di varianti di coronavirus che complicherebbero la strada verso l’eradicazione. Il sistema applicato dagli studiosi è un punteggio comparativo che considera fattori tecnici, sociopolitici ed economici per tutte e tre le infezioni. Le loro conclusioni sono da un lato incoraggianti, visto che, al di là del vaiolo, già sparito dalla faccia della terra, il confronto è con una malattia infettiva sulla quale già sono stati ottenuti grandi risultati (due dei tre sierotipi di poliovirus sono stati eradicati a livello globale).

Gli esperti hanno usato un sistema di punteggio a tre punti per ciascuna delle 17 variabili considerate, che includevano fattori come la disponibilità di un vaccino sicuro ed efficace, l’immunità permanente, l’impatto delle misure di sanità pubblica, la gestione efficace da parte del governo della messaggistica per il controllo delle infezioni, la preoccupazione politica e pubblica per gli impatti economici e sociali dell’infezione, l’accettazione pubblica delle misure di controllo delle infezioni. I punteggi medi totali hanno raggiunto fino a 2,7 (43/48) per il vaiolo, 1,6 (28/51) per Covid-19 e 1,5 (26/51) per la poliomielite.

“La vaccinazione, le misure di salute pubblica e l’interesse globale nel raggiungere questo obiettivo a causa dell’enorme caos finanziario e sociale causato dalla pandemia di coronavirus, rendono possibile l’eradicazione”, è la conclusione di Nick Wilson, Osman D. Mansoor, Matthew J. Boyd, Amanda Kvalsvig, Michael G. Baker, gli autori del calcolo. Ma le sfide principali risiedono nel garantire una copertura vaccinale sufficientemente elevata e nell’essere in grado di rispondere abbastanza rapidamente alle varianti che possono eludere l’immunità.

Per stimare la fattibilità dell’eradicazione di Covid-19, definita come “la riduzione permanente a zero dell’incidenza mondiale dell’infezione causata da un agente specifico a seguito di sforzi deliberati”, gli autori l’hanno confrontata con altri due “flagelli virali” per i quali i vaccini sono stati e sono disponibili, vaiolo e polio. “La nostra analisi è uno sforzo preliminare, con varie componenti soggettive, ma sembra mettere l’eradicazione di Covid-19 nel regno del possibile, soprattutto in termini di fattibilità tecnica”, scrivono.

Ma avvertono: rispetto al vaiolo e alla polio, le sfide tecniche per l’eradicazione di Covid includono anche la scarsa accettazione del vaccino, insieme all’emergere di varianti più altamente trasmissibili che potrebbero prima o poi presentarsi in una versione in grado di eludere l’immunità, potenzialmente superando i programmi di vaccinazione globali. Sebbene, aggiungono gli studiosi, ci siano “ovviamente dei limiti all’evoluzione virale, quindi possiamo aspettarci che il virus raggiunga la sua massima forma (fitness), e che possano essere formulati nuovi vaccini”.

Altri nodi “sarebbero gli alti costi iniziali per la vaccinazione e il miglioramento dei sistemi sanitari, il raggiungimento della necessaria cooperazione internazionale di fronte al ‘nazionalismo dei vaccini'”, le “aggressioni antiscientifiche mediate” da alcuni “governi”, ammettono. La persistenza del virus in serbatoi animali può anche ostacolare gli sforzi di eradicazione, ma “questo non sembra essere un problema serio”, suggeriscono.

Sull’altro piatto della bilancia c’è la volontà globale di contrastare l’infezione, “un interesse globale senza precedenti per il controllo delle malattie e massicci investimenti nella vaccinazione contro la pandemia”, sottolineano. E a differenza del vaiolo e della poliomielite, il coronavirus beneficia anche “dell’ulteriore impatto delle misure di salute pubblica, come i controlli alle frontiere, il distanziamento sociale, il tracciamento dei contatti e l’uso di mascherine, che possono essere molto efficaci se ben implementate”.

Concludono gli esperti: “Collettivamente, questi fattori potrebbero significare che un’analisi del ‘valore atteso’ potrebbe in definitiva stimare che i benefici superino i costi, anche se l’eradicazione richiede molti anni e presenta un rischio significativo di fallimento”. L’eliminazione di Covid è stata tra l’altro anche ottenuta e sostenuta per lunghi periodi in diverse aree del mondo (Asia, regione del Pacifico), e questa può essere letta come “una prova del fatto che l’eradicazione globale è tecnicamente possibile”.

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