Coronavirus, monitoraggio Gimbe: “Allarme contagio e terapie intensive. Manca il 45% dei vaccini”

La Fondazione presieduta da Nino Cartabellotta ha reso noti i numeri relativi alla settimana dal 10 al 16 marzo.

Il monitoraggio della Fondazione Gimbe conferma, nella settimana 10-16 marzo, tutti i numeri in aumento: nuovi casi +8,3% (oltre 530mila gli attualmente positivi), ricoverati con sintomi +16,5% e terapie intensive +18,1%. In un mese è quasi raddoppiato il numero medio dei nuovi ingressi in terapia intensiva.

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Gimbe rileva, rispetto alla settimana precedente, un ulteriore incremento dei nuovi casi (157.677 vs 145.659) e dei decessi (2.522 vs 2.191). Continuano a salire i casi attualmente positivi (536.115 vs 478.883), le persone in isolamento domiciliare (506.761 vs 453.734), i ricoveri con sintomi (26.098 vs 22.393) e le terapie intensive (3.256 vs 2.756). In dettaglio, rispetto alla settimana precedente, si registrano le seguenti variazioni. Decessi: 2.522 (+15,1%) Terapia intensiva: +500 (+18,1%) Ricoverati con sintomi: +3.705 (+16,5%) Isolamento domiciliare: +53.027 (11,7%) Nuovi casi: 157.677 (+8,3%) Casi attualmente positivi: +57.232 (+12%).

“L’ulteriore incremento dei nuovi casi – afferma Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe – ha determinato nell’ultima settimana la netta espansione del bacino dei casi attualmente positivi, aumentato di oltre 57 mila unità”.

Rispetto alla settimana precedente i casi attualmente positivi per 100.000 abitanti crescono in 16 regioni e in 15 si registra un incremento percentuale dei nuovi casi. L’aumento dei casi attualmente positivi si riflette sulle curve relative ai servizi ospedalieri: l’occupazione dei posti letto di area medica da parte di pazienti Covid supera in nove regioni la soglia di allerta (40%). Anche nelle terapie intensive, il cui tasso di saturazione nazionale oltrepassa la soglia critica attestandosi al 36%, l’occupazione da parte di pazienti Covid supera il 30% in 13 regioni. In particolare, in cinque regioni (Toscana, Abruzzo, Friuli-Venezia Giulia, Piemonte, Molise) è 40% e in altre 5 è 50% (Emilia Romagna, Lombardia, Umbria, Marche, Provincia autonoma di Trento).

“Il sovraccarico ospedaliero

– commenta Renata Gili, responsabile Ricerca sui servizi sanitari della Fondazione Gimbe –, oltre a rendere più complessa l’assistenza dei pazienti Covid, aumenta lo stress di personale e servizi ospedalieri e impone di rimandare interventi chirurgici e altre prestazioni non urgenti per pazienti non Covid”.

“A preoccupare – spiega Marco Mosti, direttore operativo della Fondazione Gimbe – è anche il trend in continua ascesa dei nuovi ingressi giornalieri in terapia intensiva: in 4 settimane la media mobile a 7 giorni è aumentata del 94,2%, passando da 134 a 260”.

A poche settimane dalla fine del primo trimestre risultano consegnate alle Regioni 8.597.500 dosi, poco più della metà di quelle previste (15.694.998). Manca quindi all’appello il 45%. “Visto che per rispettare le scadenze contrattuali fissate 31 marzo rimangono da consegnare oltre 7 milioni di dosi nelle prossime due settimane, l’Europa deve mettere in campo nuovi strumenti per garantire le forniture, pena lo slittamento continuo dei piani vaccinali di tutti i Paesi”, spiega Cartabellotta.

Al 17 marzo hanno completato il ciclo vaccinale con la seconda dose 2.145.434 milioni di persone (3,6% della popolazione), con marcate differenze regionali: dal 2,71% della Calabria al 5,12% della Valle D’Aosta. Purtroppo, rileva Gimbe, l’accelerazione della vaccinazione di massa registrata nelle ultime settimane ha subito un’inevitabile battuta d’arresto dopo il blocco precauzionale e temporaneo del vaccino AstraZeneca, sul quale l’Ema ha però eliminato ogni dubbio.

“A seguito di questo increscioso episodio – commenta Cartabellotta –, al di là dei tempi organizzativi per ripartire, non è possibile stimare la riduzione dell’adesione generale alla campagna vaccinale, nè l’impatto della diffidenza (o del rifiuto?) individuale rispetto al vaccino AstraZeneca. Un effetto boomerang generato da una comunicazione istituzionale frammentata e non lineare, frutto di una decisione impulsiva più politica che scientifica”.

Nel frattempo, rispetto alla protezione dei più fragili, degli oltre 4,4 milioni di over 80, 1.258.139 (28,5%) hanno ricevuto solo la prima dose di vaccino e 469.783 (10,6%) hanno completato il ciclo vaccinale con rilevanti differenze regionali. “Numeri in crescita – sottolinea Renata Gili –, ma ancora troppo esigui per osservare risultati tangibili in termini di riduzione di ospedalizzazioni e decessi nella fascia di età più colpita dalla Covid-19”.

Tre ragionevoli certezze – conclude Cartabellotta – documentano che stiamo attraversando una fase molto critica della pandemia. Innanzitutto, la terza ondata è ripartita da un ‘altopiano’ determinando la rapida saturazione di posti letto in area medica e terapia intensiva, in particolare in alcune Regioni. In secondo luogo, il trend dei pazienti ospedalizzati e in terapia intensiva è in rapida ascesa e difficilmente raggiungerà il picco prima di 3 settimane dall’introduzione delle nuove misure restrittive. Infine, i ritardi delle forniture vaccinali e il caso AstraZeneca allontanano gli effetti della campagna vaccinale. In questo scenario, con una popolazione psicologicamente ed economicamente sfiancata e operatori sanitari allo stremo, quale sarà il cambio di passo del Governo Draghi per salvare, almeno in parte, la stagione estiva?”.

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