L’esame consiste nel prelevare una piccola quantità di sangue inserendo un ago in una vena del braccio. Occasionalmente, può essere eseguito su altri fluidi corporei, quali il liquido che si trova tra le due membrane che rivestono la parete e gli organi dell’addome (liquido peritoneale), il liquido che si trova tra le due membrane che rivestono la parete del torace e i polmoni (liquido pleurico), il liquido che si trova nelle meningi e esternamente al midollo spinale (liquido cerebrospinale).
Le concentrazioni di CEA nel sangue possono aumentare nei soggetti colpiti da alcuni tipi di cancro ma anche in altre malattie come la cirrosi, l’epatite, l’ulcera dello stomaco (ulcera peptica), la pancreatite, la colite ulcerosa e il morbo di Crohn, l’enfisema e l’ipotiroidismo. I suoi valori, inoltre, possono essere più elevati nelle malattie benigne del seno, nei fumatori e nelle infiammazioni. Per queste ragioni il CEA non è utile per accertare (diagnosticare) la presenza di un tumore ma ha un ruolo nella valutazione dell’efficacia delle cure nelle persone già malate e per controllarne nel tempo l’andamento. La misurazione dei valori di CEA nel sangue è utilizzata anche come analisi di supporto nella valutazione clinica degli individui con alcuni tipi di cancro (più frequentemente, carcinomi del colon, del seno, del fegato, del polmone, dello stomaco, del pancreas).
In genere, quando ad una persona è diagnosticato un cancro, è effettuata una misurazione iniziale del CEA. Se la concentrazione è elevata, sono eseguite misure periodiche per verificare l’andamento della malattia e la risposta alle cure. Se il tumore non produce CEA, il test non è utile nel programma di controllo.
In seguito all’accertamento (diagnosi) della presenza di un tumore del colon, del pancreas, del seno, del polmone, dell’ovaio, della porzione midollare della tiroide o per altri tipi di cancro, prima di iniziare la cura (terapia) si esegue il test. Successivamente, in caso di alti livelli del CEA, l’esame si ripete ad intervalli regolari durante e dopo la terapia.
Talvolta, può essere richiesto quando la presenza di un cancro è sospettata ma non ancora accertata, come supporto nella ricerca. Non è un uso frequente poiché il livello di CEA nel sangue può risultare elevato a causa di altre malattie e disturbi. Tuttavia, il test può comunque fornire al medico informazioni aggiuntive.
La misurazione del CEA, se il medico sospetta che il tumore si sia diffuso a distanza, può essere effettuata anche su altri liquidi dell’organismo diversi dal sangue come, ad esempio, il liquido che si trova tra le membrane che rivestono la parete del torace e i polmoni (foglietti pleurici), tra le membrane che rivestono la parete e gli organi addominali (liquido peritoneale) o il liquido che si trova nelle meningi e esternamente al midollo spinale (liquido cerebrospinale).
Qualsiasi risultato ottenuto dalla misurazione del CEA deve essere sempre sottoposto alla valutazione del medico curante che, conoscendo lo stato di salute della persona, le cure effettuate e/o l’andamento della malattia, è l’unico in grado di interpretarlo correttamente. In linea generale, quando il test è utilizzato per verificare l’efficacia della terapia e per controllare la comparsa di eventuali recidive dei tumori, la riduzione progressiva e la normalizzazione dei valori del CEA dopo le cure indica che il tumore è stato combattuto con successo. Un suo aumento costante dopo le terapie (riscontrato in misurazioni eseguite più volte) è spesso il primo segnale che il tumore è comparso nuovamente (recidiva).
Nel caso di dosaggio del CEA in altri fluidi corporei (liquido peritoneale, il liquido pleurico, il liquido cerebrospinale) la sua presenza indica la diffusione del tumore in quell’area del corpo (metastasi tumorali). Ad esempio, la presenza di CEA nel liquido cerebrospinale, può essere segno di metastasi al sistema nervoso centrale.
Redazione NurseTimes
Fonte: ISS
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