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Celiachia e MICI: nel microbiota le possibili soluzioni

Dati recenti ne rilevano l’importanza nell’incanalare una risposta immune contro il glutine.

“Recenti studi dimostrano che, se un paziente affetto da malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI) a seguito della terapia non raggiunge una normalizzazione della componente microbiologica, il rischio di andare incontro a una riacutizzazione nei mesi successivi è più elevato. Interviene dunque un concetto inedito di guarigione del microbioma, importante a scopo profilattico, che si può raggiungere con approcci terapeutici innovativi come il trapianto fecale, ad oggi in Italia limitato a un certo numero di centri”. Così Flavio Caprioli, professore associato del Dipartimento di Fisiopatologia medico-chirurgica e dei trapianti all’Università degli Studi di Milano.

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“Il Policlinico di Milano – prosegue – ha recentemente ottenuto un finanziamento del ministero della Salute per studiare i meccanismi immunologici per il trapianto di microbiota fecale per i pazienti con colite ulcerosa, quindi nei prossimi anni seguiremo anche questo approccio di ricerca. Il trapianto fecale è un trapianto attraverso un esame endoscopico con cui vengono inoculati dei quantitativi standard di feci diluite da parte di donatori sani selezionati sulla base di precise caratteristiche e dopo attenti screening. L’inoculo fecale avviene attraverso un canale endoscopico a livello del colon. Con questo approccio terapeutico, il paziente che riceve il trapianto assume un microbioma sano di un’altra persona. Questo procedimento si è rivelato già efficace per alcune patologie come il Clostridium difficile recidivante, ma anche la colite ulcerosa ne può trarre beneficio. Restano dubbi legati al tipo di donatore, alle modalità, alla frequenza e ad altri parametri che devono ancora essere approfonditi”.

“Alcune composizioni della microflora intestinale possono rendere più aggressivo il nostro sistema immunitario – evidenzia Luca Pastorelli, professore associato di Gastroenterologia del Dipartimento di Scienze della salute dell’Università di Milano –. L’infiammazione stessa va a modulare le caratteristiche del microbiota, selezionando quei ceppi più infiammatori col rischio di cronicizzare la risposta infiammatoria. Potrebbe dunque crearsi un circolo vizioso per cui il microbiota causa infiammazione intestinale, e questa, insieme ad altri fattori esterni, plasma il contenuto microbico dell’intestino in senso pro-infiammatorio, favorendo la cronicizzazione della malattia intestinale. Imparare a monitorare e modulare il microbiota potrebbe quindi aiutare a controllare l’andamento delle MICI”.

Il ruolo del microbiota nella malattia celiaca – Tra le malattie autoimmuni dell’intestino, oltre a colite ulcerosa e Malattia di Crohn, un ruolo sempre più preponderante è quello della celiachia, una risposta non ordinaria del sistema immunitario all’introduzione di glutine nell’organismo. Dati recenti in letteratura rilevano che anche in questo tipo di malattia il microbiota sembra essere molto importante nell’incanalare una risposta immune contro il glutine.

“Negli ultimi due decenni – sottolinea Pastorelli – le diagnosi di celiachia si sono ampliate notevolmente, sia per una maggiore consapevolezza che ci porta a una particolare sensibilità di fronte a certi sintomi sia, probabilmente, per l’effetto di alcuni stili di vita che sembrano aumentare l’incidenza di questa malattia. L’assetto genetico che predispone alla celiachia è presente nel 20-30% della popolazione, ma soltanto l’1% è celiaco. Questi dati mostrano che ci sono diversi fattori che contribuiscono allo sviluppo della malattia. Uno di questi potrebbe essere proprio il microbiota, anche se nei tratti di intestino coinvolti dalla celiachia i microrganismi sono meno presenti rispetto al colon”

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E ancora: “Probabilmente alcuni tipi di microbiota hanno la capacità di metabolizzare il glutine in maniera protettiva contro lo sviluppo della malattia celiaca: questo presupposto apre la prospettiva di gestire questa patologia non solo con una dieta priva di glutine, ma anche modulando il microbiota in modo tale che questo riesca a degradare il glutine rendendolo meno capace di attivare il sistema immunitario, spegnendo quel processo che poi porta allo sviluppo e progressione della malattia. Questa sarebbe un’importante evoluzione nella gestione della malattia celiaca”.

L’intelligenza artificiale in endoscopia per una medicina sempre più su misura – L’ambito delle malattie infiammatorie croniche intestinali recentemente si è arricchito anche dell’impiego dell’intelligenza artificiale nelle endoscopie. “Esempi di endoscopia avanzata si iniziano a vedere anche in fase preclinica e nei prossimi 5 anni ci consentiranno di cambiare alcune classificazioni endoscopiche – spiega Gian Eugenio Tontini, ricercatore dell’Università di Milano e medico del Policlinico di Milano nel reparto di Gastroenterologia ed endoscopia –. Nei prossimi cinque-dieci anni, l’intelligenza artificiale cambierà l’endoscopia come mai avvenuto negli ultimi cinque decenni. Un software associato a una macchina ci darà uno score indicativo sulla gravità dell’infiammazione e da qua deriveremo un valore numerico, oggettivo e riproducibile della risposta alle terapie, le quali sono sempre più complesse ed eterogenee. In questo modo possiamo identificare con maggiore precisione i vari stati di malattia e ci avviciniamo alla medicina personalizzata, con un più efficace controllo delle nostre attività cliniche dal punto di vista prognostico, diagnostico e terapeutico”.

Redazione Nurse Times

Fonte: PharmaStar

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