Infermiere e rischio Infettivo

Veneto: infezioni nosocomiali raddoppiate in un decennio. Sciatteria e carenza di personale sotto accusa

Anche Fabio Castellan, presidente dell’Ordine degli Infermieri di Padova, ha segnalato ulteriori fattori di rischio

Le infezioni nosocomiali che si sono verificate nell’ultimo decennio sono più che raddoppiate, secondo i dati pubblicati nel report dell’Istituto superiore di Sanità

Analizzando le schede di dimissioni ospedaliere (SDO) nei reparti di Medicina i pazienti colpiti sono passati da essere 6,3 a 16,3 per 100mila ricoveri (questi ultimi sono 690mila l’anno). Nelle Chirurgie invece le 139 infezioni post-intervento ogni 100mila ricoveri sono lievitate a 273.

Il fenomeno

«Insomma il fenomeno colpisce 7 pazienti su 100 — spiega il dottor Giuseppe Marasca, infettivologo del «Sacro Cuore Don Calabria» di Negrar, Irccs (Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico) per le Malattie infettive e tropicali —. E l’aggravante è che la maggior parte delle infezioni è sostenuta da germi resistenti o multiresistenti agli antibiotici. E qui veniamo alla prima parte del problema: i medici, partendo dai Pronto Soccorso, prescrivono gli antibiotici con troppa facilità, alla prima febbre, o per tempi eccessivi rispetto alle indicazioni, e il risultato è che poi il malato non risponde più al trattamento».

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Sciatteria del personale sanitario

«La seconda causa è la sciatteria del personale sanitario, che non solo è la categoria meno vaccinata, e penso per esempio all’anti-influenzale (media del 28,5% di immunizzati tra medici, infermieri e operatori sociosanitari secondo il dossier 2018 diffuso dalla Regione, ndr), ma non si lava nemmeno le mani tra un degente e l’altro. Se tutti lo facessero, sempre e accuratamente, i contagi diminuirebbero del 30%. Lo stesso dicasi per la tendenza a non cambiarsi i guanti — aggiunge il dottor Marasca —. O, in presenza di pazienti con germe resistente, a trasgredire le linee guida che impongono l’uso di sovracamici, mascherina e guanti, da riporre in appositi contenitori una volta conclusa la visita. Forse i meno convinti che le infezioni ospedaliere siano un dramma sono proprio i camici bianchi, eppure l’Italia è il Paese europeo più colpito».

L’intervento della Regione

La Regione ha deliberato la promozione «dell’uso responsabile degli antibiotici» e il controllo delle infezioni ospedaliere.«Siamo in prima linea per il contrasto all’antimicrobico resistenza, secondo le indicazioni del Piano strategico nazionale — ha detto recentemente Francesca Russo, a capo della Direzione Prevenzione del Veneto —. Grazie all’implementazione di una piattaforma elettronica regionale, è possibile una sorveglianza attiva delle infezioni resistenti agli antibiotici, che fornisce informazioni sui modelli di prescrizione».

A partire dal mese di gennaio scorso, presso il Sacro Cuore di Negrar è stato inaugurato un programma che prevede, reparto per reparto, la presenza di un infermiere esperto che registri sulla base di un protocollo, il numero di degenti infettati.

«Se la percentuale supera il 5%-8% significa che non si sono rispettate norme e procedure atte a diminuire il rischio — illustra Marasca —. Il piano prevede inoltre il consulto di un infettivologo prima della somministrazione di un antibiotico, proprio per evitarne abuso e uso scorretto».

La carenza di personale

Le infezioni ospedaliere sono veicolate anche da cateteri, respiratori, protesi ortopediche. «Il fenomeno è collegato alla carenza di personale, che spesso costringe a lavorare in fretta e furia — nota Adriano Benazzato, segretario regionale dell’Anaoo (ospedalieri) — l’errore può scappare. Noi le mani ce le laviamo, bene e in continuazione. Piuttosto sono mascherine, guanti e perfino detergenti che spesso mancano o sono scaduti. E poi vogliamo parlare della poca pulizia e sterilizzazione di sale operatorie e strumentazioni legata ai risparmi imposti alle aziende sanitarie? Ci fanno lavorare in condizioni organizzative impossibili e ci danno pure degli untori». «Il lavaggio delle sale operatorie c’è, e quello delle mani è prassi ordinaria — dice Giovanni Leoni, segretario della Cimo, altra sigla degli ospedalieri — ma bisogna selezionare i saponi adeguati all’uso continuativo».

Anche Fabio Castellan, presidente dell’Ordine degli Infermieri di Padova, ha segnalato ulteriori fattori di rischio:

«Ormai le degenze sono aperte, quindi nei reparti c’è un continuo via vai di visitatori, che possono essere portatori di germi. Lo stesso dicasi per badanti e familiari a supporto dell’assistenza. Ricordo infine che infezioni, cadute e piaghe da decubito sono correlate alla carenza di personale».

Simone Gussoni

Dott. Simone Gussoni

Il dott. Simone Gussoni è infermiere esperto in farmacovigilanza ed educazione sanitaria dal 2006. Autore del libro "Il Nursing Narrativo, nuovo approccio al paziente oncologico. Una testimonianza".

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