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Usa, nuovo farmaco potrebbe invertire gli effetti del fentanyl e di altri oppioidi sintetici

Il composto si chiama P6AS ed è stato sviluppato da un laboratorio dell’Università del Maryland.

Non si arresta l’epidemia di consumo di oppioidi sintetici (anche detta opiodemic), e in particolare di fentanyl, un oppioide sintetico usato in clinica come analgesico e anestetico, circa 100 volte più potente della morfina, che nel 2021 ha causato oltre 71mila casi di overdose solo negli Stati Uniti, con un incremento del 20% rispetto al 2020, come confermano i dati provvisori dei Centers for Disease Control and Prevention.

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Da anni politici, operatori sanitari e forze dell’ordine stanno cercando un sistema per affrontare il problema, ma senza troppo successo. Una promessa arriva però da un laboratorio dell’Università del Maryland, dove è stato sviluppato un nuovo farmaco che potrebbe invertire gli effetti non solo del fentanyl, ma anche della metanfetamina, e potenzialmente anche tutta una serie di altre sostanze. I ricercatori hanno descritto le loro scoperte in uno studio pubblicato su Chem.

Pillar[6]MaxQ, o P6AS, è un composto con una struttura rigida ad anello cavo in grado di contenere un’altra molecola al suo interno. Funziona in modo simile al farmaco sugammadex di Msd, che inverte il blocco neuromuscolare indotto dall’anestesia, legandosi agli agenti che lo causano ed espellendoli poi con le urine. Si lega a composti che contengono ioni di ammonio resistenti all’acqua e caricati positivamente, inclusi diversi farmaci da abuso. Lyle Isaacs, autore dello studio ha spiegato a Fierce Biotech Research che la molecola funziona attraverso un meccanismo completamente diverso rispetto al naloxone, farmaco di prima linea per il trattamento dell’overdose da oppioidi. “Questa è davvero una parte eccitante”, ha precisato.

Il laboratorio di Isaacs non mirava a sviluppare un trattamento per contrastare gli effetti del fentanyl, quando ha sintetizzato la molecola nel 2020. Il suo team di chimici supermolecolari studia il modo in cui le molecole “contenitore” si legano ad altre più piccole, o molecole “ospiti”. Solo successivamente si sono resi conto che il P6AS poteva legarsi agli ioni di ammonio sui farmaci di uso comune e hanno deciso di condurre alcuni esperimenti. Gli studi in vitro hanno dimostrato che il composto si lega a più droghe d’abuso oppioidi e non, e hanno deciso di verificare se potesse invertire gli effetti anche del fentanyl e della metanfetamina.

I ricercatori hanno così dimostrato che P6AS blocca l’effetto di fentanyl o metanfetamina. Il prossimo passo sarà raccogliere maggiori dati sulla sicurezza e ulteriori informazioni su come funziona P6AS. Gli scienziati credono infatti che il composto venga escreto attraverso i reni, come altri farmaci che funzionano in modo simile, ma serviranno prove per confermarlo. C’è anche qualche preoccupazione che P6AS possa interagire con i neurotrasmettitori presenti in altre parti del corpo, sebbene Isaacs ritenga che il lavoro svolto finora mostri che il rischio è probabilmente basso nel contesto in cui dovrebbe essere utilizzato.

Isaacs e un ex postdoc del suo laboratorio, Weijian Xue, hanno depositato una domanda di brevetto per la molecola, e l’Università del Maryland è interessata a parlare con potenziali investitori o partner per svilupparla ulteriormente. Isaacs spera anche di ricevere una sovvenzione dal programma CounterACT del National Institutes of Health, che collabora con i ricercatori per sviluppare nuove terapie per i composti tossici, al fine di continuare il lavoro del suo team.

Tuttavia, nonostante l’entusiasmo per questa nuova strategia terapeutica, negli Stati Uniti sono in molti a ritenere che gli strumenti esistenti, come il naloxone, siano sufficienti, e che dovrebbero solo essere usati meglio. Lo stesso naloxone, per esempio, negli Usa ha ancora un prezzo elevato (68 dollari per i non assicurati) e non è ancora disponibile come farmaco da banco, anche se la Fda potrebbe renderlo tale nei prossimi mesi.

Redazione Nurse Times

Fonte: AboutPharma

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