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Trapianto di organi: le indicazioni sulle liste d’attesa

Di seguito l’approfondimento a cura del Centro Nazionale Trapianti.

Possono essere iscritti in lista di attesa per i trapianti tutti i cittadini assistiti dal Servizio sanitario nazionale e che sono stati valutati clinicamente idonei al trapianto dal centro presso cui hanno deciso di afferire.

Le liste di attesa, nel settore del trapianto di organi, sono un fatto inevitabile, dal momento che la domanda è maggiore dell’offerta di organi a disposizione. Proprio per questo, anche se è possibile intervenire con azioni di carattere organizzativo, per ridurre i tempi di attesa è necessario che aumentino i consensi e diminuiscano le opposizioni alla donazione.

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L’idoneità di un paziente a ricevere un trapianto è valutata sulla base di indicazioni nazionali condivise dai centri trapianto. Il numero di iscrizioni consentite a ogni singolo paziente può variare a seconda del programma di trapianto al quale lo stesso vuole accedere. Per il trapianto di rene è possibile iscriversi in due liste diverse (una nella regione di residenza, la seconda a libera scelta), per le altre tipologie di trapianto (fegato, cuore, polmone, pancreas) è consentita una sola iscrizione in uno dei centri trapianto presenti sul territorio nazionale.

Diverso è il caso dei pazienti pediatrici, i quali, essendo in numero minore, vengono iscritti in un’unica lista di attesa (programma pediatrico) gestita a livello nazionale dal Centro Nazionale Trapianti, che procede anche all’assegnazione degli organi ai piccoli pazienti.

Oltre a quello pediatrico, il CNT gestisce altri programmi di assegnazione degli organi, fra cui il programma delle urgenze (dedicato ai pazienti in grave pericolo di vita), quello dedicato ai pazienti iperimmuni, ovvero quei pazienti che a causa di un’elevata risposta immunitaria hanno più difficoltà ad essere trapiantati, oltre alla gestione di tutti quegli organi che, procurati da una Regione, non trovano un ricevente nella stessa Regione del donatore e, per questo, sono definiti “eccedenti”.

Gli organi vengono assegnati sulla base di un algoritmo che riflette diversi parametri: lo stato di gravità della patologia per la quale si necessita il trapianto, la compatibilità, il gruppo sanguigno, l’età e il tempo di attesa in lista. Questo consente di assegnare con procedure rigorose e trasparenti l’organo più adatto possibile al paziente.

Chi è in attesa di ricevere un trapianto può partecipare a questa iniziativa, promossa dal Cnt in collaborazione con l’associazione ATCOM, compilando questo breve questionario in forma anonima. Grazie a questo progetto è stata realizzata un’Anagrafica delle Associazioni presenti sul territorio che offrono supporto ai pazienti trapiantati e in attesa di trapianto o dializzati. 

I pazienti in attesa di trapianto possono svolgere attività fisica in sicurezza per recuperare benessere e sentirsi meglio. Praticare attività fisica, prima e dopo il trapianto, può facilitare la ripresa di uno stile di vita attivo, superare le barriere psicologiche e favorire il reinserimento del paziente trapiantato in ambito lavorativo e sociale.

Pazienti con infezione da Hiv

Le conquiste ottenute in campo medico, dovute in gran parte alle nuove terapie antiretrovirali, hanno determinato un miglioramento delle condizioni cliniche e l’allungamento dell’aspettativa di vita delle persone con infezione da HIV.

Il fatto che si sia allungata l’aspettativa di vita, insieme all’assunzione più prolungata della terapia antiretrovirale, ha portato alla possibile insorgenza di altre malattie per le quali è indicato come terapia il trapianto d’organo.

Per questo, nonostante un’iniziale perplessità sui possibili effetti negativi della terapia immunosoppressiva sull’avanzamento della malattia, sono stati avviati fin dal 2002 una serie di sperimentazioni e programmi-pilota per regolare le procedure nei trapianti di organo in soggetti sieropositivi.

Dopo una accurata fase sperimentale di otto anni, è stato presentato un programma nazionale, approvato dalla Conferenza Stato-Regioni nel 2011 e sostenuto dalla Commissione Nazionale AIDS e dalla Consulta Associazioni AIDS, per il trapianto di rene, rene-pancreas, cuore, polmone e fegato su soggetti con infezione da HIV.

In questo documento vengono delineati i criteri di selezione per l’inserimento del paziente nelle liste di attesa e i requisiti necessari per i centri che intendono aderire al programma; inoltre, vengono affrontate le problematiche relative alla gestione clinica pre e post trapianto.

L’ultima novità in questo settore è rappresentata dalla possibilità di utilizzare organi provenienti da soggetti HIV positivi in favore di pazienti sieropositivi (Decreto del Ministero della Salute del 1 febbraio 2018).

Ricevere un trapianto di cellule staminali emopoietiche

Il paziente che necessita un trapianto di cellule staminali emopoietiche ha nel medico curante il suo principale interlocutore. È il medico che, sulla base delle caratteristiche del paziente (ad esempio: fase della malattia, età, peso), individuerà la migliore fonte di cellule staminali emopoietiche – midollo osseo, sangue periferico, sangue cordonale – da utilizzare per il trapianto. Questa scelta viene realizzata sulla base di indicazioni condivise dalla comunità scientifica nazionale e internazionale e definite grazie alle più aggiornate evidente cliniche.

Il trapianto di cellule staminali emopoietiche avviene attraverso una semplice trasfusione di sangue, chiamata “infusione”. Esistono diverse tipologie di trapianto:

Trapianto autologo: è in realtà un trattamento chemio/radioterapico ad alte dosi di farmaci a cui segue l’infusione di cellule staminali emopoietiche provenienti dal paziente stesso. Questa procedura rientra in protocolli specifici per il trattamento di particolari malattie, come il mieloma multiplo e i linfomi, e ha l’obiettivo primario di stabilizzare e consolidare i risultati ottenuti con i cicli chemioterapici a cui il paziente è stato precedentemente sottoposto.

Trapianto allogenico: in questo caso le cellule staminali emopoietiche provengono da un donatore; questa tipologia di trapianto è utilizzata per trattare malattie quali, ad esempio, le leucemie acute, le talassemie e le immunodeficienze. Si parla di trapianto allogenico:

  • singenico, se il donatore è un gemello omozigote
  • familiare, se il donatore è un fratello/sorella completamente compatibile con il paziente
  • da donatore volontario non consanguineo (la ricerca avviene attraverso il Registro IBMDR che verifica l’esistenza di donatori compatibili a livello nazionale e internazionale. Per donatore volontario non consanguineo si intende sia la persona che si è iscritta al Registro IBMDR che l’unità di sangue cordonale donata a scopo solidale)
  • aploidentico, se il donatore è un familiare (di solito uno dei due genitori) che ha il corredo genico compatibile solo per metà con quello del ricevente. Questa tipologia di trapianto necessita di procedure specifiche volte a distruggere la maggior parte del sistema immunitario del donatore

Il trapianto è da considerarsi una fase del trattamento terapeutico a cui il paziente è sottoposto; le tempistiche del trapianto dipendono dalle risposte del paziente alla radio/chemioterapia e alla disponibilità di un donatore compatibile (nel caso del trapianto allogenico).

Redazione Nurse Times

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