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Tracheotomia e tracheostomia: conosciamole meglio

Approfondiamo il tema relativo a tracheotomia e tracheostomia, azioni medico-infermieristiche alla base del carattere emergenziale.

Uno dei campi in cui sicuramente è richiesta molta più specificità e conoscenza in ambito clinico è l’emergenza-urgenza. Ecco perché scegliamo di soffermarci molto e non sottovalutare alcun aspetto. Quale parte del corpo, richiede un’attenzione primaria in questi casi specifici emergenziali? Il cervello, il cuore, i polmoni.

Quello che è stato appena affermato non indica che un arto o un altro organo non citato non abbiano necessità di intervento primario, ma sicuramente i tre esempi iniziali, hanno sempre priorità per motivi abbastanza evidenti. Si può sopravvivere anche solo per un paio di minuti senza ossigeno? Forse sì, ma con quali condizioni generali successive? Sicuramente avremmo delle problematiche irreversibili che potrebbero anche portare al coma, con conseguente morte cerebrale del paziente.

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Altrettanto il cuore, senza ossigeno, soffre così tanto da essere vittima di un infarto in cui i miocardiociti muoiono, sobbarcando i sopravvissuti di tutto il lavoro. I polmoni, invece? Nel caso di pneumotorace o di perforazione polmonare a seguito di un incidente? È necessario un immediato intervento e per meglio comprendere le ragioni per cui è necessario ciò vediamo meglio di cosa stiamo parlando.

Oggi parliamo di una delle azioni medico-infermieristiche alla base del carattere emergenziale: la tracheotomia o la tracheostomia. Facciamo qualche cenno di anatomia: sappiamo che per vivere abbiamo necessità di respirare e soprattutto è opportuno che la saturazione e quindi la percentuale di ossigeno nel sangue non sia inferiore al 92%, soprattutto in soggetti con BPO o BPCO o asma.

L’aria passa quindi tramite bocca o narici (via aeree superiori) per poi arrivare nella faringe e nella laringe. Al di sotto della laringe abbiamo la trachea (da cui partono le vie aeree inferiori), da cui a sua volta si dipartono i bronchi principali e secondari, fino agli alveoli polmonari. Proprio qui avviene lo scambio tra aria e sangue di sostanze nutritive da assorbire e sostanze nocive da espellere tramite l’espirazione.

Torniamo a noi. Da da cosa derivano i due termini tracheotomia e tracheostomia? L’etimologia della prima parola deriva dal greco: la prima parte fa riferimento sicuramente alla trachea, mentre la parte terminale “tomia” fa riferimento ad un “taglio”. Il secondo termine deriva sempre dal greco ma con la parola “stomia” si intende una bocca, basti pensare ad una stomia intestinale.

La tracheotomia può sia essere permanente che momentanea, a seconda delle necessità vitali del paziente, apponendo una cannula apposita. La tracheostomia, invece, è solitamente tenuta a permanenza. Basti pensare a coloro che sono collegati al ventilatore, e quindi non sono in grado di respirare autonomamente.

Si viene a creare quindi un passaggio “alternativo” per l’aria. Il fine di questa procedura è comunque ripristinare la respirazione polmonare fisiologica, a prescindere dalla problematica occlusiva (come nel caso di sostanze presenti nel naso o nella faringe) o irritativa per esempio o ancora per problematiche di natura neurologica.

Che cosa succede se il passaggio dell’aria è interrotto, come già illustrato nel passaggio precedente? Si ha una carenza di ossigeno a livello di tutto l’organismo anche chiamata ipossia. È necessario quindi agire subito, creando all’altezza del primo componente delle vie aeree inferiori, e quindi a livello della trachea una via di accesso. Perché scegliere la trachea? La posizione è di facile accesso per l’operatore e la sua conformazione (formata principalmente da tessuto connettivo e cartilagineo) permette un facile lavoro.

Le indicazioni sono:

  1. Ostruzione delle vie aeree superiori
  2. Pazienti ricoverati in terapia intensiva o che devono subire un intervento chirurgico impegnativo per cui è necessario intubare
  3. Pazienti con patologie neurologiche che impongono frequenti aspirazioni delle secrezioni polmonari o per frequenti ab ingestis (ma in questo caso specifico si utilizza anche il sondino nasogastrico per l’alimentazione).
  4. Situazioni emergenziali in cui la respirazione è compromessa.

L’intervento chirurgico può essere di elezione o effettuato in emergenza. Si effettua in ogni caso, una incisione sul tessuto connettivo fibroso che intercorre tra il secondo anello cartilagineo ed il quarto. Le metodiche si sono sicuramente evolute nel tempo, proprio per ridurre la morbosità e ridurre anche i rischi successivi all’intervento.

Quando la tracheotomia è programmata: al paziente il giorno prima dell’intervento viene effettuata una tricotomia sul sito di intervento come preparazione. Il giorno successivo viene fatto distendere sul lettino proprio per favorire l’iperestensione del collo, la pelle viene disinfettata. Dopodiché si procede all’incisione della cute fino a scoprire la trachea, dove verrà praticata l’apertura necessaria.

In caso di emergenza l’apertura richiede di essere eseguita quanto più rapidamente possibile dato che il tempo è tiranno, quindi si ricorre all’anestetico locale e si esegue l’incisione a livello del sito di accesso, ponendo una cannula che provvederà a mantenere il contatto tra la cavità tracheale ed il mondo esterno. Proprio come il PICC o tutti gli interventi a carattere prolungato nel tempo, bisogna pensare ad eventuali complicazioni che possono insorgere sia durante che dopo l’esecuzione della procedura.

Uno dei rischi che sicuramente non deve essere sottovalutato è quello delle infezioni. Questo non vale solo per la tracheotomia o tracheostomia, ma anche per altri interventi medico-infermieristici dall’opposizione del CVP a quella del catetere vescicale. Per il ridurre il tasso delle infezioni è necessario disinfettare con cura il sito chirurgico e nei casi particolari di basse difese immunitarie o di pazienti critici, provvedere anche ad una profilassi antibiotica.

Un altro rischio, particolarmente importante è quello della creazione di una fistola tracheo-esofagea durante procedura con perdita della separazione tra apparato respiratorio e gastro-enterico. È anche possibile creare delle lesioni alle strutture anatomiche adiacenti alla trachea, creando danni ai nervi o ai vasi sanguigni, creando il rischio di emorragie.

Nel post-peratorio imminente e in maniera continuativa nel tempo, è necessario chiarire il concetto delle secrezioni. Infatti bisogna sapere che i pazienti collegati al ventilatore non riescono a tossire e quindi tutte le secrezioni che noi giornalmente eliminiamo in maniera autonoma, in questi pazienti rimangono inerti dove sono.

È necessario quindi aspirarle più volte al giorno, facendo attenzione a non esagerare, perché si rischiano problematiche a livello emodinamico. L’aspirazione delle secrezioni bronchiali infatti è una procedura non esente da rischi e che comunque rende il paziente vulnerabile a cambiamenti repentini delle condizioni generali. Nel caso di effettuazione della tracheostomia e tracheotomia, solitamente parliamo di pazienti che vivono in ospedale quindi rischiano maggiormente delle infezioni sia a livello polmonare che di altro genere (pazienti cateterizzati, pazienti con accessi venosi…).

Dott.ssa Taccogna Federica

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