“Torna sul barcone”: insulti razzisti all’infermiere dall’animo nobile

Il collega, originario dello Sri Lanka e in servizio all’ospedale di Lecco, aveva mostrato grande umanità nei confronti di un anziano poi morto di Covid. Ora è stato vittima di un brutto episodio. La solidarietà del prefetto.

Emanuele Moretti

Nei giorni scorsi Emanuele Moretti, 33 anni, infermiere dell’ospedale di Lecco e volontario nel Corpo nazionale vigili del fuoco dal 2006, è stato vittima di un increscioso episodio nei pressi di un distributore di benzina nella Bergamasca, dove risiede. L’uomo, originario dello Sri Lanka, ha infatti subito gli insulti razzisti di un automobilista, che lo ha invitato a “tornare sul barcone”.

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La vicenda non ha lasciato indifferente il prefetto di Lecco, Castrese de Rosa, che ha voluto incontrare Moretti, esprimendogli solidarietà, ma anche gratitudine per il servizio reso quotidianamente alla comunità. Un servizio testimoniato, tra l’altro, da un gesto di grande umanità, compiuto nel pieno della prima ondata pandemica.

Parliamo di quanto accaduto nel marzo scorso, allorché la signora Erminia Frigerio, residente a Suello, aveva lanciato un appello via social per rintracciare l’infermiere che era rimasto vicino al padre Francesco, 73 anni, morto in ospedale a Lecco, mostrandogli anche un messaggio dei suoi nipoti: l’ultimo, dolce contatto con i parenti prima di chiudere gli occhi per sempre. Ebbene, la ricerca ha dato i suoi frutti a fine novembre, quando la donna è risalita proprio a Emanuele.

“Quando ci siamo sentiti ha sminuito il suo gesto, dicendo che per lui è del tutto normale – ha raccontato la Erminia Frigerio –, ma credo che invece la sua umanità abbia fatto la differenza. Non era affatto scontato, vista l’eccezionalità della situazione in cui medici e infermieri si sono trovati e purtroppo ancora si trovano a operare. Poter aggiungere papà con quel messaggio ci ha fatto sentire accanto a lui. Un privilegio che molti non hanno”

.

In seguito la donna e l’infermiere si sono anche incontrati. “Si ricordava benissimo di quell’episodio – ha detto anciora la signora -. Eppure sono passati otto mesi. Questo significa che lavorare in quei reparti è un’esperienza che segna tantissimo. Ricordarsi delle persone e superare le barriere fisiche denota un animo sensibile. Quando ci siamo parlati, entrambi ci siamo commossi. Lui non se l’aspettava, perché mi ha spiegato che al suo team di infermieri dice sempre di fare di tutto affinché ci sia umanità, e perciò dà per scontato che siano cose normali. Ma quello che ha fatto è stato per noi importantissimo: ha mostrato a papà le foto dei nipoti e ha letto il loro messaggio. Questo nonostante turni massacranti, sempre bardato da capo a piedi. Era senz’altro stanco e avrebbe potuto pensare di farlo il giorno dopo. Ma il giorno dopo sarebbe stato troppo tardi. Ecco perché quel momento per noi ha fatto la differenza”.

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