Test diagnostici: cerotto con microaghi in alternativa al prelievo di sangue

Applicato sulla pelle, può aiutare a catturare un biomarcatore di interesse nel liquido che circonda le cellule.

Gli ingegneri della McKelvey School of Engineering della Washington University di Saint Louis hanno sviluppato un cerotto con microaghi da applicare sulla pelle che in futuro potrebbe fornire un’alternativa ai prelievi di sangue per i test diagnostici. La nuova tecnologia può infatti aiutare a catturare un biomarcatore di interesse dalle cellule e, grazie alla sua sensibilità, consentire ai medici di rilevarne la presenza e di fare diagnosi.

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Lo studio, pubblicato sulle pagine della rivista specializzata Nature Biomedical Engineering, si focalizza su quei biomarcatori di malattie che si trovano non solo nel sangue ma anche nel liquido che circonda le cellule, ossia il fluido interstiziale dermico. Come spiegato dal team di ricerca sul sito ufficiale dell’ateneo, invece di utilizzare una soluzione per trovare e quantificare il biomarcatore nel sangue, i microaghi lo catturano direttamente nel fluido interstiziale dermico.

Una volta che i biomarcatori sono stati “catturati”, vengono rivelati, utilizzando la fluorescenza per indicare la loro presenza e quantità. In particolare, il team di ricerca ha utilizzato uno specifico sistema a fluorescenza ultra-luminosa, che consente di scovare il segnale dei biomarcatori della proteina bersaglio, anche quando sono presenti in basse concentrazioni.

“In precedenza le concentrazioni di un biomarcatore dovevano essere dell’ordine di pochi microgrammi per millilitro di fluido”, ha spiegato Zheyu Wang, tra i ricercatori che hanno condotto lo studio. Tramite l’utilizzo del fluoro plasmonico, il team di ricerca è stato in grado di rilevare biomarcatori dell’ordine di picogrammi per millilitro. “Questo è un ordine di grandezza più sensibile”, ha aggiunto il ricercatore.

Oltre al basso costo e alla facilità d’uso, questi cerotti con microago hanno un altro vantaggio rispetto ai prelievi di sangue: “Sono quasi indolori”. Secondo il team di ricerca, questa nuova tecnologia potrebbe essere utilizzata  per testare la troponina, il biomarcatore che indica l‘infarto del miocardio, su pazienti che lamentano dolore al petto.

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