Terapie antitumorali: la scoperta di un giovane ricercatore pugliese

Pubblichiamo un estratto dell’intervista rilasciata dal dottor Mauro Di Pilato alla Gazzetta del Mezzogiorno.

Mauro Di Pilato, giovane ricercatore della cittadina pugliese di Bisceglie, vive a Boston dal 2015. Ora il suo nome sta facendo il giro del mondo per un’importante scoperta nell’ambito delle terapie antitumorali, pubblicata sulla prestigiosa rivista Nature, che apre nuove possibilità di cura.

«Ho cercato di convertire alcune cellule per attivare una risposta immune contro il cancro – spiega in sintesi Di Pilato –. Uno studio condotto in equipe con altri quindici colleghi del terminale ospedaliero della Scuola di Medicina di Harvard (ma il 90% del lavoro porta la mia firma) per rendere questo tipo di terapia più efficace nei pazienti, ancora numerosi, che non rispondono positivamente al trattamento con gli inibitori di check-point immunitario».

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Aggiunge il ricercatore: «Per fare in modo che la terapia con anticorpo monoclonale anti-Pd-1 sia davvero efficace, è necessario che ci sia una condizione di infiammazione in questi tumori – spiega il ricercatore pugliese – circostanza che non sempre si verifica, invece attraverso studi eseguiti prima su modello genetico e poi farmacologico (su topi), mira a dimostrare che, riprogrammando le cellule T regolatorie è possibile ottenere un effetto pro-infiammatorio nel tumore in grado di rendere più efficace il trattamento con anticorpo monoclonale. Gli studi farmacologici hanno dimostrato che, somministrando un inibitore della proteina Malt1, costitutiva del complesso Cbm (Carma1-Bcl10-Malt1), è possibile indurre la secrezione di interferone gamma da parte delle cellule T regolatorie. Il rilascio di questa citochina nell’ambiente tumorale permette quindi di creare la condizione di infiammazione necessaria affinché la terapia sia più efficace»

.

E ancora: «Generalmente si tende a rimuovere le cellule T regolatorie perché queste sopprimono i linfociti CD8, che agiscono contro il tumore. Noi invece le abbiamo riprogrammate. Non si ha reazione auto-immune, quindi queste cellule svolgono regolarmente le loro funzioni al di fuori del tumore. Questo è molto importante, perché così si evita la controindicazione di una infiammazione sistemica. Le cellule convertono solo nel tumore».

Infine, sul perché è approdato in terra americana e sugli sviluppi della sua intuizione scientifica: «A Boston c’è un confronto costante con gli altri ricercatori, migliore e superiore, quelli di livelli più alti sono lì. C’è stato il brevetto del farmaco e sono in arrivo i finanziamenti per sperimentarlo sull’uomo nel 2020/2021. La ricerca è stata fatta sui topi e c’è tutto un protocollo da seguire».

Redazione Nurse Times

Fonte: La Gazzetta del Mezzogiorno

 

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