“Tempo tuta”: se non previsto dal contratto, può scattare il licenziamento

Lo ha stabilito una recente sentenza della Corte di Cassazione, adducendo la motivazione dell’insubordinazione.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 22382 del 20 settembre 2018, ha deliberato che è licenziabile per “insubordinazione” il dipendente che, per otto volte nel giro di poco più di un mese, interrompe il lavoro 10 minuti prima della fine del turno, attribuendosi un “tempo tuta” non previsto dal contratto e nonostante i ripetuti ammonimenti dell’azienda.

Respinto, così, il ricorso di un addetto al magazzino di una industria grafica campana, che chiedeva il reintegro dopo essere stato licenziato in tronco. Ma è chiaro che il provvedimento serva da monito per chiunque indossi una divisa sul lavoro, infermieri

compresi.
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Secondo i giudici di legittimità, l’insubordinazione “non può essere limitata al rifiuto di adempimento delle disposizioni dei superiori, ma implica necessariamente anche qualsiasi altro comportamento atto a pregiudicare l’esecuzione e il corretto svolgimento di dette disposizioni nel quadro della organizzazione aziendale”, inoltre l’insubordinazione può “risultare dalla somma di diversi comportamenti, e non necessariamente da un singolo episodio”.

Riguardo al “tempo tuta”, la Corte ha anche stabilito che il lavoratore è obbligato a completare il turno, avendo semmai diritto allo retribuzione per il tempo impiegato nella vestizione, ma solo se l’operazione è stata diretta dal datore di lavoro.

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