Stenosi della valvola aortica: i vantaggi della procedura TAVI

La soluzione dell’impianto transcatetere è un’alternativa non invasiva alla valvola artificiale.  

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La stenosi della valvola aortica (il processo di ispessimento e irrigidimento dei lembi, che può determinare un restringimento anomalo della valvola e la riduzione della circolazione sanguigna), è una patologia grave e progressiva che colpisce circa il 3% della popolazione di età superiore ai 65 anni ed il 5% degli over 75. Se non trattata, può causare scompenso cardiaco, infezioni e, in molti casi, morte cardiaca improvvisa. Considerata la lesione valvolare più comune colpisce, solo in Europa, circa 1,2 milioni di persone.

Il trattamento più frequente prevede la sostituzione della valvola malata con una valvola artificiale. Non tutti i pazienti, però, sono idonei alla procedura: alcuni sono considerati ad alto rischio di intervento chirurgico e, dunque, non operabili. L’unica soluzione terapeutica valida per questi pazienti è rappresentata dalla sostituzione “non invasiva” della valvola malata tramite un impianto transcatetere (TAVI), con l’inserimento di un sottile catetere nella gamba o nel torace.

Progettata proprio per ridurre le possibili complicanze e i rischi associati a una tradizionale operazione a cuore aperto, la TAVI favorisce una notevole riduzione dei tempi di ospedalizzazione e di recupero, consentendo, in molti casi, dimissioni ospedaliere “anticipate”, senza rischi per la sicurezza del paziente. La pratica clinica quotidiana e una ampia casistica internazionale hanno inoltre evidenziato che la procedura non è idonea solo per i pazienti altrimenti ritenuti inoperabili, ma per vari gruppi di pazienti “a rischio ridotto”. I costanti miglioramenti tecnologici hanno infatti innalzato in modo significativo i livelli di sicurezza consentendo ai medici e alle strutture ospedaliere di “mettere in conto” le dimissioni dei pazienti in tempi molto più brevi rispetto a quanto previsto.

Dimissione anticipate dopo una procedura TAVI: riduzione di complicanze e contenimento dei costi – Numerosi studi clinici internazionali hanno dimostrato che le “dimissioni anticipate” dopo una procedura TAVI non pregiudicano in alcun modo la sicurezza o la qualità dell’assistenza al paziente, mentre il ritardo nelle dimissioni dopo un ricovero ospedaliero è stato addirittura associato a un aumento dei rischi di complicanze (Wayangankar SA et al. J Am Coll Cardiol Intv 2019). In questa prospettiva, la definizione di parametri di rischio destinati a fornire linee-guida per supportare le decisioni dei clinici sulle dimissioni potrebbe consentire agli ospedali di selezionare i pazienti atti a beneficiare di un ricovero ospedaliero più lungo e quelli, invece, a basso rischio di complicanze, per i quali è opportuna e consigliabile la dimissione anticipata.

In alcuni studi condotti negli Usa i criteri adottati per identificare un basso livello di rischio dopo la dimissione includevano, per esempio, Classe ≤II NYHA, assenza di dolore toracico imputabile a ischemia cardiaca, assenza di aritmie gravi non trattate, assenza di febbre, diuresi conservata e mobilizzazione indipendente. Come riportato da Barbanti M et al. a “EuroIntervention 2019”, il 72,6% dei 499 pazienti rispondenti a questi criteri potrebbe essere dimesso tre giorni dopo la procedura, con un tasso di mortalità a trenta giorni molto basso (1,1%), una bassa incidenza di eventi avversi e un ridotto tasso di ri-ospedalizzazione per motivi cardiaci, pari al 3,9%. I tassi di ri-ospedalizzazione, così come la durata del ricovero, sono parametri importanti per valutare le prestazioni e la qualità dei servizi degli ospedali. La riduzione di entrambi, grazie alla possibilità di dimettere tempestivamente i pazienti laddove sia sicuro e appropriato, offre nuove prospettive di valutazione e gestione clinica di grande interesse.

La scelta del sistema valvolare può influire sulla durata del ricovero – Uno degli argomenti ricorrenti contro le dimissioni anticipate dei pazienti sottoposti a TAVI è stato quello legato alla esigenza di un impianto di pacemaker permanente, con una percentuale pari al 35% (Cahill TJ et al European Heart Journal 2018). Su questo fronte, va segnalato che il sistema valvolare aortico “ACURATEneo”, autoespandibile, ha evidenziato percentuali di impianto di nuovi pacemaker inferiori rispetto ad altri sistemi. La tecnologia ha inoltre messo in luce la riduzione di complicanze postoperatorie quali emorragia letale (l’1% contro l’8%) e complicazioni vascolari gravi (l’1% contro il 9%), contribuendo alla dimissione ospedaliera anticipata (Kotronias RA, et al. presentato in occasione dell’EuroPCR 2019).

Il crescente numero di procedure TAVI e le analisi emerse dagli studi clinici internazionali evidenziano in questo settore la maggiore attenzione dei clinici verso il miglioramento degli esiti procedurali e post-procedurali, così come il diverso approccio dei produttori di dispositivi TAVI. La scelta del sistema valvolare può chiaramente influire anche sulla durata del ricovero ospedaliero. La sfida, per i sistemi di nuova generazione, sarà pertanto quella di garantire i potenziali vantaggi delle dimissioni anticipate, consentendo elevati parametri di efficienza e sicurezza a costi molto ridotti.

Redazione Nurse Times

Fonte: PharmaStar

 

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