La manovra finanziaria porta con sé il tradimento di un patto. Lo stato perde la sua credibilità la sua capacità di rassicurare i cittadini sul futuro. Intervenire sulle pensione non con un dispositivo ad hoc ma con una legge finanziaria mostra i limiti di un intera classe politica.
L’articolo 33 scombina i piani di chi in questi anni si è immaginato in pensione. Improvvisamente si troverà con un ammanco medio di 4000 euro annuo solo perché all’art. 33 si prevede una riduzione del coefficiente di rivalutazione con evidenti ripercussioni retroattive, ma c’è, sempre all’interno di questo comma, qualcosa di più perverso: il comma 5 afferma che, se per caso dovesse essere più vantaggioso per alcuni, allora il calcolo verrà effettuato con il metodo precedente.
Pertanto la necessità di fare cassa autorizza a dimenticare quanto fatto in questi anni dai medici e dai sanitari. Insomma grazie di tutto ma ora “attaccatevi”. Ecco quindi perché questa misura è da considerarsi iniqua.
Perché se questo fosse stato un progetto allora sarebbe stato necessario mettere nella condizione i sanitari di cautelarsi con un ulteriore pensione integrativa. Perché introduce un concetto che lo stato può cambiare i patti e quindi qualsiasi cosa si firmi con esso non può essere più considerato attendibile e affidabile. Uno stato di cui non ti puoi fidare che è pronto a scarificare una parte che fino a qualche mese veniva considerato un eroe.
Uno stato che vuole dividere colpendo una parte della società che poi avrà modo di screditare con termini come fannulloni o. privilegiati. Un azione miope che vede i medici uscire dal sistema sanitario, e che con tale azione incentiverà ancora di più, portando la generazione dei pensionabili al “si salvi chi può” ovvero cerco di uscire immediatamente dal sistema per salvarmi la pensione. Un sistema che sta impoverendo SSN e pian piano lo traghettando verso il sistema privatistico.
Evviva finalmente abbiamo tutti i tasselli che ci servono a capire l’arcano progetto, “evviva l’Italia, evviva il business”.
L’AUPI assieme alla FASSID sta adoperandosi perché l’Intersindacale della Dirigenza Medica, Veterinaria e Sanitaria organizzi al più presto azioni di protesta fino allo sciopero generale per questo provvedimento assurdo ed iniquo per chi lavora nella Sanità, settore qualificante di una società civile assieme alla scuola anch’essa penalizzata, già duramente provata per insufficienti mezzi e risorse professionali che questo Governo non garantisce fino ad ora.
Fabio Sordini, Segretario Nazionale AUPI
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