SLA: anche i muscoli sono coinvolti?

La SLA è la malattia più importante del motoneurone. Ma i risultati di uno studio pubblicato su Pnas svelano una serie di alterazioni molecolari anche nei muscoli dei pazienti affetti dalla malattia.

La SLA, Sclerosi Laterale Amiotrofica (conosciuta anche come malattia di Lou Gherig o malattia di Charcot), è una rara malattia degenerativa progressiva che interessa i motoneuroni, le cellule nervose localizzate nella corteccia cerebrale, nel midollo spinale e nel tronco dell’encefalo responsabili del movimento di tutta la muscolatura volontaria. I primi segni della malattia compaiono quando la perdita progressiva dei motoneuroni supera la capacità di compenso di quelli superstiti, fino ad arrivare ad una progressiva perdita di forza muscolare. E tutto ciò fino alla paralisi completa, alla compromissione dei muscoli respiratori e quindi al blocco respiratorio. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, la mente e le capacità intellettive rimangono inalterate così come la sfera sensoriale, sessuale e sfinteriale (vescicale ed intestinale).

Nonostante siano stati effettuati importanti progressi nel campo della ricerca e della scienza, ad oggi la SLA rimane ancora una malattia per molti aspetti sconosciuta, per cui non esiste una terapia veramente efficace.

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Finora, i vari studi scientifici riguardanti la malattia, si sono concentrati soprattutto sui motoneuroni e sulle cause della loro morte. Ma per la prima volta, una nuova ricerca dal titolo “Acetylcholine receptors from human muscle as pharmacological targets for ALS therapy” pubblicata sulla rivista PNAS il 29/0272016, ha identificato il muscolo come possibile target terapeutico per la SLA.

”L’approccio proposto è potenzialmente rivoluzionario, perché apre la strada alla ricerca di cure a livello muscolare e non necessariamente neuronale”

spiega Pierangelo Cifelli, uno degli autori.

Lo studio nasce dalla collaborazione fra Università Sapienza, Fondazione Ri.MED, IRCCS San Raffaele Pisana e Università della California ed è stato effettuato presso presso il Centro Malattie Neuromuscolari Rare del Policlinico Umberto I di Roma

. Messo a punto con una tecnica particolarmente innovativa, ha coinvolto 93 pazienti, di cui 76 affetti da Sclerosi Laterale e 17 con altre patologie collegate.

Un primo importantissimo risultato è stato quello di dimostrare che nei muscoli delle persone affette da SLA il recettore dell’acetilcolina, responsabile della contrazione muscolare, è risultato alterato per un’aumentata espressione della subunità alpha. Tale anomalia riduce di conseguenza la sensibilità alla stimolazione da parte dell’acetilcolina, comportando così un indebolimento della contrazione muscolare.

È stato poi possibile studiare, utilizzando particolari tecniche elettrofisiologiche, le correnti dovute all’attivazione dei recettori muscolari e gli effetti di un endocannabinoide (PEA). Rispetto a pazienti non trattati, quelli a cui è stato somministrato il PEA hanno mostrato una riduzione del declino della Capacità Vitale Forzata (CVF) e dei conseguenti miglioramenti dal punto di vista respiratorio. I ricercatori affermano che:

”i risultati rafforzano quindi l’ipotesi che il muscolo partecipi all’evoluzione della SLA, indicandolo come possibile nuovo target terapeutico e suggerendo la necessità di ricercare anche nel muscolo, e non solo nei motoneuroni, i biomarkers patologici nella fase pre-sintomatica di malattia”.

E che questa sia la strada giusta per aiutare gli oltre 400.000 malati di SLA nel mondo, circa 6000 in Italia, che confidano nella ricerca ed aspettano con ansia una terapia efficace.

Alessio Biondino

Fonti:

Redazione Nurse Times

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