Sistema emergenza urgenza 118, Ristori “Nella maggior parte dei casi l’intervento del medico non è necessario o al limite, differibile”

Riccardo Ristori, medico da anni impegnato nell'emergenza tra 118 e Pronto Soccorso livornese attraverso un post su Facebook propone un nuovo modello organizzativo sull'emergenza in Italia superando così il modello medico centrico

Riccardo Ristori, medico da anni impegnato nell’emergenza tra 118 e Pronto Soccorso livornese attraverso un post su Facebook propone un nuovo modello organizzativo sull’emergenza in Italia superando così il modello medico centrico.

Ristori da sempre propone un modello di perfetta collaborazione tra medico e infermieri nel sistema emergenza urgenza, oggetto da tempo di strumentalizzazioni da parte di alcuni.

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Ecco la proposta di Riccardo Ristori:

“Da oltre 15 anni divido i miei turni lavorativi tra 118 e Pronto Soccorso, strutture che hanno come obiettivo principale il trattamento delle emergenze e delle urgenze, ovvero tutte le patologie che necessitano di interventi immediati diagnostici e terapeutici.

Il Corriere della Sera, ha riportato i dati degli accessi impropri nei Pronto Soccorso milanesi: nel primo semestre del 2019 la percentuale è stata quasi del 93%, dati simili si riscontrano anche negli invii delle ambulanze del 118.

Nella maggior parte dei casi l’intervento del medico non è necessario o al limite, differibile.

Diventa sempre più difficile reclutare medici per i settori dell’emergenza urgenza, in primo luogo per la mancanza dell’emergenza urgenza, poi per lo stress da lavoro, il sovraffollamento, la disorganizzazione… ecc.

Alcune zone italiane si sono attrezzate formando infermieri competenti sia per gli interventi in extraospedaliero (ambulanze infermieristiche), sia per gli interventi ospedalieri (percorsi See and Treat), con ottimi risultati. Per quanto riguarda le ambulanze, non si sono evidenziati particolari divari nel trattamento effettuato dal medico rispetto all’infermiere.

Quale sarebbe allora il problema?

Il problema viene posto dal pensiero medicocentrico che sebbene sia anacronistico, trova sfogo nell’inadeguato piano legislativo che non ha saputo accompagnare la crescita della competenza degli infermieri, diventati da oltre 20 anni dottori, cioè laureati.

I pochi percorsi di trasformazione, da atto medico ad atto sanitario sono passati solo attraverso la definizione di attività protocollate e validate dal Direttore del Servizio, ma è rimasto quasi invariato il rischio che gli venga imputato l’esercizio abusivo della professione medica (che in realtà non è mai praticato).

La maggior parte delle leggi sono dello scorso secolo, mentre  la maggior parte degli infermieri esperti sono di questo secolo; nessuna parte politica ha avuto il coraggio di adeguare al percorso formativo, il percorso legislativo.

Non ci resta che costituire un corposo gruppo di medici e infermieri che unendo le competenze presentino un progetto di legge sempre più indispensabile a raggiungere una migliore distribuzione delle risorse.”

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