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Sindrome dell’X fragile e autismo, nuova scoperta aiuta a comprenderne i meccanismi

X-fragile e Autismo. Evidenziati possibili bersagli terapeutici per aiutare a migliorare i difetti comportamentali dovuti alla ridotta flessibilità.

I risultati di uno studio portato avanti da Claudia Bagni e dal suo gruppo di ricerca, e pubblicato sulla rivista scientifica Neuron, contribuiscono a una maggiore comprensione dei meccanismi alla base della sindrome dell’X fragile e dell’autismo. Sono stati evidenziati possibili bersagli terapeutici per aiutare a migliorare i difetti comportamentali dovuti alla ridotta flessibilità, caratteristica presente in queste due condizioni e in altre patologie neurologiche.

Il gruppo di ricerca, in una collaborazione tra il Dipartimento di Biomedicina e prevenzione dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata e il Dipartimento di Neuroscienze fondamentali dell’Università di Losanna, nonche con altri gruppi di ricerca internazionali (Stati Uniti, Inghilterra, Belgio, Olanda) ha identificato un ruolo chiave che gioca una parte dell’encefalo, detta striato, regolando la flessibilità nel comportamento e nell’apprendimento nel contesto della sindrome dell’X fragile. La carente o ridotta flessibilità è una delle caratteristiche comportamentali della sindrome dell’X fragile, che rappresenta la forma più comune di disabilità intellettiva di tipo ereditario e la principale causa monogenetica dell’autismo.

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La flessibilità cognitiva ci consente infatti di adattare il nostro comportamento per raggiungere gli obiettivi quotidiani, di passare in breve tempo da un concetto all’altro o di adattarci facilmente in un ambiente nuovo. Inoltre ha di riflesso un effetto sulla cognizione emotiva e sociale, aiutandoci a comprendere meglio le emozioni delle persone che ci circondano. Nella scoperta pubblicata su Neuron viene identificato, utilizzando un modello murino per lo studio della sindrome, il meccanismo molecolare alla base di questi disturbi: sono stati individuati i possibili bersagli terapeutici per aiutare a migliorare i difetti comportamentali dovuti a una ridotta flessibilità.

“Il meccanismo molecolare alla base di questa alterazione è riconducibile a cambiamenti di una proteina chiamata actina che è in grado di formare dei filamenti che si allungano e accorciano aiutando la struttura, il movimento e la funzionalità dei punti di contatto delle cellule neuronali chiamate sinapsi – spiega Claudia Bagni -. La comprensione della (dis)regolazione spazio-temporale della composizione proteica delle sinapsi risulta essere di estrema importanza per svelare come le sinapsi evolvano durante lo sviluppo e si integrino nella rete cerebrale matura”.

La FXS è la forma più comune di disabilità intellettiva di tipo ereditario e la principale causa di autismo, dovuta all’assenza della proteina Fragile X Messenger Ribonucleoprotein (FMRP). FMRP è una proteina che lega e regola il metabolismo di molti RNA messaggeri (mRNA)

che codificano per proteine, alcune delle quali presenti nelle sinapsi, fondamentali per il corretto sviluppo e funzionamento neuronale. Negli ultimi anni, studi genetici sui disturbi del neurosviluppo hanno evidenziato come un disfunzionamento delle proteine sinaptiche contribuisca in modo determinante alla patogenesi di una classe di malattie neurologiche chiamate appunto sinaptopatie, a cui appartengono la sindrome dell’X fragile e l’autismo.

“Abbiamo scoperto – prosegue Bagni – che nello striato di topi modello per lo studio dell’FXS, le proteine del citoscheletro localizzate nella zona densa della membrana post-sinaptica sono espresse in maniera ridotta con conseguenze nella comunicazione tra cellule nervose, a seguito dei cambiamenti comportamentali che richiedono una buona adattabilità e flessibilità. Queste disfunzioni molecolari e cellulari sono alla base di una maggiore rigidità cognitiva e comportamentale, tipiche della FXS”.

Il gruppo di ricerca ha dimostrato che, in seguito a potenziamento dell’allungamento e movimento dei filamenti di actina si osserva un ripristino della struttura sinaptica, con effetto sul comportamento dell’animale. “I risultati di questo studio – spiega ancora l’esperta – mettono in luce l’importanza dell’actina, una proteina così fondamentale in tutte le nostre cellule in grado di avere una specificità di azione a livello delle connessioni neuronali in una regione ben precisa del nostro cervello, lo striato, appunto. Questo meccanismo è alla base della regolazione della flessibilità e adattabilità comportamentale evidenziando come lo striato sia una regione cruciale per uno dei principali deficit comportamentali osservati negli individui con FXS e con autismo”

Conclude Bagni: “Con questo studio forniamo una spiegazione molecolare alla base di questa carenza comportamentale e suggeriamo che un possibile trattamento specifico, mirato alla regione cerebrale dello striato, farmacologico o tramite programmi atti a sviluppare e potenziare la flessibilità cognitiva, potrebbero migliorare questo comportamento disadattivo nella sindrome FXS e possibilmente in altre condizioni neurologiche che condividono con FXS una ridotta flessibilità cognitiva”.

Redazione Nurse Times

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