Infermieri

“Senegal al quadrato”, sognando cure mediche uguali per tutti!

Francesco Piazza è un giovane infermiere siciliano che lavora presso la Rianimazione di uno dei più grandi ospedali catanesi, l’ARNAS Garibaldi

Un infermiere con la passione per la fotografia e la solidarietà. Per il secondo anno consecutivo si trova alle prese con l’organizzazione di una mostra fotografica “Senegal al quadrato” i cui proventi andranno in beneficenza per la Onlus “I Bambini di Ornella”.

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Davanti alla macchinetta del caffè gli ho chiesto di parlarmi della mostra e di questa Onlus.

Francesco, che i più conoscono come Ciccio, ci dice che “I Bambini di Ornella,  è un’associazione Onlus fondata nel 2005 che opera sul territorio di Como in stretta relazione con la sua gemella “Les enfants d’Ornella” in Senegal.

E’ nata da un’idea di Severino Proserpio e della sua cara moglie Ornella, che dopo anni di viaggi alla ricerca di un luogo dove impiantare il loro sogno, scelgono Kelle, villaggio appartenente alla comunità rurale di Yene, di cui fanno parte 9 villaggi dediti ad agricoltura e pesca.

In Senegal, “Les Enfants d’Ornella” porta avanti un progetto di sviluppo integrato intervenendo soprattutto nel settore dell’educazione dei bambini.

Il progetto è ben radicato sul territorio, gode della stima e della considerazione sempre più forte delle famiglie e delle istituzioni locali, contando sul costante lavoro burocratico di un direttivo comasco sempre all’opera perché l’associazione continui a vivere. Sono moltissimi i volontari che si sono alternati nel tempo e continuano ad assicurare la loro presenza al centro.

Le nostre attività, continua Ciccio, coinvolgono i talibé, ovvero quei bambini affidati ai maestri religiosi, i Marabout, che si fanno carico della loro educazione religiosa; i bambini di spiaggia, che spesso non sono registrati all’anagrafe e quindi non possono andare a scuola; e i bambini che già frequentano la scuola pubblica.

Una delle caratteristiche di questo progetto è il rapporto individuale, fisico con i bambini:  conoscerne i nomi, le debolezze, i caratteri, le potenzialità, facendo sentire la nostra presenza costante e quotidiana, con l’obiettivo di garantire loro la possibilità di un’esistenza dignitosa, di un’educazione e di un’opportunità a lungo termine.

Una sinergia che oggi vede i suoi frutti; una ragnatela di rapporti, tra Senegal e Italia, religioni tra cui mediare, culture e punti di vista che si incontrano, popoli che dialogano, ognuno con le proprie peculiarità”.

Ciccio, vorrei che ci spiegassi la finalità di questa mostra e il perché tu l’abbia intitolata “Senegal al quadrato”:

“Senegal al quadrato, perché chi vorrà prendere parte alla mostra, che si terrà il 23 febbraio 2019, presso la sede UC English di viale XX Settembre n. 50 a Catania, a partire dalle ore 19,30, potrà contribuire a sostenere l’iniziativa benefica, che servirà a finanziare un fondo per le cure mediche dei Talibè, comprando delle fotografie realizzate su supporti quadrati che si potranno comporre per realizzare quadrati sempre più grandi. L’idea è quella che anche con piccoli contributi si possano realizzare grandi cose, inoltre al quadrato perché questa è la seconda mostra che si realizza, dopo il secondo viaggio in Senegal”.

Chiedergli, a questo punto, di parlarci della sua esperienza come infermiere in Senegal è naturale, quali sono i progetti che ti hanno visto protagonista?

“Ogni anno in Senegal e in molti paesi africani il tasso di mortalità per  ostruzione delle vie aeree é elevatissimo, soprattutto per i bambini. E conoscendo le semplici ma importantissime nozioni di disostruzione, chiunque può salvare delle vite. I talibè spesso giocano a calcio con una monetina tra i denti pur di non appoggiarla per terra o per la paura di perderla. I neonati gattonano su pavimenti dove è possibile trovare di tutto. Ed é facile che un episodio di soffocamento si possa verificare.
Premetto che non sono istruttore BLS. E lo scorso anno mi é pesata tanto la decisione di iniziare a fare incontri di formazione sulla disostruzione pediatrica senza avere il titolo di formatore. Prima di farlo ho sempre esortato qualche collega infermiere istruttore a partire con me in quest’opera di formazione alle popolazioni locali.

Farsi 8 ore di aereo, affittare una macchina scassata e attraversare la Savana per 1800 km, arrivare al confine con la Mauritania sotto il sole cocente, 50 gradi fissi con tre bambolotti e un’idea da realizzare. Nessuno degli istruttori BLS si è voluto unire e quindi l’ho fatto io.

E’ importante conoscere un posto, ritornarci più volte per capire quello di cui hanno bisogno queste popolazioni.
La prima volta, dico sempre, resti rapito da un mondo fantastico, la seconda cerchi di capire quello di cui hanno bisogno e la terza hai la necessità di fare!

Oltre ai corsi per la disostruzione delle vie aeree, ho speso il mio tempo a fare le medicazioni e ad insegnare a gestire piccole ustioni. Per i talibè è più importante che tu gli dedichi delle attenzioni o che li faccia sdraiare sul lettino soffice dell’ambulatorio, piuttosto che la medicazione in sé. Prendersi cura è forse ancora più forte che curare.

Forse alcune cose devono camminare con le proprie gambe, non si deve forzare troppo con il nostro concetto di cure.

Dopo queste esperienze di incontro mi verrebbe da dire: “MAMMA MIA CHE DISASTRO”, invece no, ho imparato tantissimo da quel disastro, forse sono diventato un disastro un pò anche io (aver cambiato i guanti solo due volte in una giornata, lavandoli e riutilizzandoli, passando da paziente a paziente, per me è una cosa gravissima, eppure l’ho fatta! Ho fatto i batuffoli di cotone più piccoli del mondo).
Ancora più grave sarebbe stato cambiarli per ogni paziente è trovarsi il giorno dopo senza. Rivedi il tuo concetto di asepsi, capisci che le diagnosi si fanno senza apparecchiature.
L’infermiere è prescrittore, perché dei medici non c’è neanche l’ombra.
Grande sollievo è sapere però che la vaccinazione e la profilassi è ben gestita e ben fatta.

Un’esperienza unica e da rifare! Grazie anche a voi”.

Grazie a Ciccio per averci raccontato della sua esperienza, l’augurio è che la mostra possa avere un grande successo, così come è stato per la precedente. Chi può ne approfitti per vedere una mostra fotografica unica. Ciccio difatti è un ottimo fotografo.

 

Rosaria Palermo

 

 

 

 

Rosaria Palermo

Infermiera dal 1994. Attualmente, infermiera specialista del rischio infettivo presso l'ARNAS Garibaldi di Catania. Ho una laurea magistrale e due Master, uno in Coordinamento e l'altro in Management del rischio infettivo. Faccio parte del Direttivo di ANIPIO (Società Scientifica degli Infermieri Specialisti del Rischio Infettivo) dal 2016. Penso che lo scatto nella nostra professione debba essere culturale, prima di ogni cosa. Nelson Mandela diceva che la conoscenza è l'arma più potente di cui gli esseri umani dispongano, ed è ciò che permetterà alla nostra professione di ritagliarsi gli spazi che le competono.

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Rosaria Palermo

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