Sempre più NoVax curano il CoViD-19 con un antiparassitario per mucche e cavalli: la FDA lancia un appello ai negazionisti via web

Sempre più NoVax contagisti dal COVID-19 si curano con un antiparassitario per mucche e cavalli: la FDA lancia un appello ai negazionisti via web

“Non siete cavalli. Non siete mucche. Seriamente, a tutti. Smettetela”. Sottinteso: con l’ivermectina, un antiparassitario per animali che il web vuole curativo di Covid. E che negli Usa è così usato nelle cure anti-Covid fai da te da aver costretto la Fda (Food and Drug Administration), l’ente governativo, a un appello su twitter dopo la crescita esponenziale di intossicazioni e avvelenamenti.

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E sia chiaro, non accade solo negli Stati Uniti, e non soltanto per l’ivermectina che, anzi, è in buona compagnia. Circolano infatti sul web schemi terapeutici contro Covid dalla provenienza dubbia, che coinvolgono vari farmaci. Anche troppi. E nessuno con efficacia provata contro l’infezione da Coronavirus. Un paio di questi sono stati pubblicati su twitter dal giornalista Rai Gerardo D’Amico, che per questo è stato anche minacciato.

Protocolli elaborati, indicati anche per le fasi precoci di malattia (con sintomi simil-influenzali come febbre, dolori muscolari e articolari), che prevedono antinfiammatori (tra cui l’idrossiclorochina, anche lei protagonista di quasi una guerra di religione tra favorevoli e contrari e poi bocciata dagli studi), ma anche antibiotici, anticoagulanti, antidiarroici.

Trattamenti numerosi, con rischio di interazione tra farmaci di tipo diverso ed effetti collaterali (anche gravi), alcuni difficili da riscontrare e monitorare nella propria abitazione senza accertamenti di laboratorio e strumentali, nonostante una supervisione medica.
Inoltre, non tutte le persone potrebbero essere autonome nel seguire terapie così articolate, con possibilità di errore su dosaggi e orari di assunzione. Per alcuni di questi medicinali sono in corso studi che ne valutano l’efficacia e la sicurezza rispetto a Covid-19, ma non significa che tutti insieme, con i dosaggi e la tempistica consigliati sul web siano terapie approvate e autorizzate dalle autorità sanitarie. O che alla fine dimostreranno di essere efficaci.

Per questo motivo è importante verificare sempre l’attendibilità della fonte, cercando risposte attraverso il proprio medico o i canali di informazione ufficiali, e diffidando di prescrizioni che girano sul web.

Il caso dell’ivermectina è, appunto, solo l’ultimo, ma non il meno pericoloso. Per i Cdc, agenzia nazionale americana per la Salute pubblica, ad agosto il suo utilizzo è aumentato di 28 volte rispetto al periodo precedente la pandemia. Con dosaggi destinati agli animali, i casi di avvelenamento si sono quintuplicati.

Che cos’è l’ivermectina

Come riporta l’Agenzia Italiana del Farmaco, all’interno dell’Unione europea le compresse di ivermectina sono approvate per il trattamento di infezioni parassitarie (oncocercosi e strongiloidiasi), mentre le preparazioni cutanee si prescrivono per condizioni come la rosacea, un’alterazione patologica della cute che di solito coinvolge la parte centrale del volto. Inoltre, il medicinale è autorizzato ad uso veterinario, in quantità tossiche per gli esseri umani, oltre a contenere ingredienti inattivi mai valutati nelle persone. In caso di abuso, però, si verificano effetti avversi gravi anche nelle preparazioni per l’uomo: diarrea, ipotensione, vertigini, atassia (perdita della coordinazione), convulsioni, coma. Fino alla morte.

La posizione della Fda

La Fda sottolinea di non aver approvato questo farmaco per la prevenzione o il trattamento di Covid-19 nell’uomo e negli animali. Ci sono studi in corso, ma al momento i dati non ne dimostrano l’efficacia. Soprattutto, rimarca quanto sia pericoloso assumerne dosi elevate e dunque fondamentale distinguere tra la prescrizione veterinaria e quella destinata alle persone.

Redazione Nurse Times

Dott. Simone Gussoni

Il dott. Simone Gussoni è infermiere esperto in farmacovigilanza ed educazione sanitaria dal 2006. Autore del libro "Il Nursing Narrativo, nuovo approccio al paziente oncologico. Una testimonianza".

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