Sassari, morte della bimba affetta da grave disfunzione cardiaca: scagionate tre infermiere

Le indagate avevano tentato il reperimento di un accesso venoso senza sedazione. Per il pm non fu questa la causa del decesso.

“La perdita della piccola Alessia è stata purtroppo l’epilogo della storia naturale di una grave malattia congenita. Una morte ingiusta, perché non è giusto che muoia una bambina di tre mesi. È che le regole della natura non sono regole di giustizia. E solo sull’applicazione di quelle di giustizia è qui possibile agire”. Così il pubblico ministero Paolo Piras nella richiesta di archiviazione relativa all’indagine su tre infermiere delle Cliniche San Pietro di Sassari. Richiesta accolta dal gip.

La Procura ha accertato che le professioniste sanitarie non sono responsabili della morte di Alessia Murgia, bimba di tre mesi affetta da una grave disfunzione cardiaca e deceduta nel giugno 2017 in Neonatologia. Cade dunque l’ipotesi di omicidio colposo per la quale erano state iscritte nel registro degli indagati. Erano state loro, pochi istanti prima del decesso, a tentare il reperimento di un accesso venoso. “Senza sedazione”, secondo l’accusa.

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“Non voglio crocifiggere medici e infermieri – aveva puntualizzato Gianluca Murgia, padre della piccola, dopo aver presentato un esposto in Procura –. La mia non è né rabbia e né voglia di vendetta. Siamo distrutti dal dolore e pretendiamo solo che sia fatta chiarezza. È un nostro diritto sapere se tutto è stato svolto in maniera corretta: se davvero la vita di Alessia era segnata, se era destino che morisse, oppure se qualcuno ha sbagliato e quella vita poteva ancora proseguire”.

Nessun errore all’origine della morte, invece. Come si evince dalla richiesta di archiviazione del pm: “La causa del decesso è uno scompenso cardiaco. Una diagnosi che trova giustificazione nella grave cardiopatia congenita dalla quale la piccola era affetta. Si trattava della sindrome del cuore ipoplasico sinistro

, caratterizzata da un ventricolo sinistro talmente piccolo che non è in grado di pompare il sangue nell’aorta”.

Per questo motivo Alessia era stata sottoposta a un intervento chirurgico al “Gaslini” di Genova dopo la nascita. “Un intervento di carattere palliativo – scrive Piras –, in Italia ancora praticato ma in altri Stati non più per via di una valutazione sulla beneficialità del paziente ritenuta complessivamente svantaggiosa. La percentuale di complicanze che conducono a morte improvvisa è molto elevata, indipendentemente dalla correttezza dell’intervento”.

L’intervento al “Gaslini” era stato ineccepibile, ma gli accertamenti medico sanitari hanno rilevato “l’ininfluenza causale sulla morte della piccola del tentativo di reperimento dell’accesso venoso per l’assenza in quest’ultimo di sufficiente lesività”. Le infermiere avrebbero dovuto sedarla per evitare rischi? Non secondo Piras: “Un’ipotesi che non ha trovato conferma nelle minuziose indagini compiute. E dalle lettere di dimissioni del ‘Gaslini’ non si trova una tale cautela rivolta ai sanitari che successivamente dovevano prendere in carico la piccola”.

In definitiva: “Quello di Alessia è un dramma umano, sul quale è stata spesa ogni risorsa di indagine per trovare una spiegazione, che si è qui certi di avere dato. E questo anche a sollievo, almeno parziale, di un dolore genitoriale tanto grande quanto compreso a fondo”.

Redazione Nurse Times

Fonte: www.lanuovasardegna.it

 

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