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Sara “Io infermiera lascio il posto fisso, la sanità pubblica mi ha delusa”

Sanità pubblica non è più l’isola felice, sono tantissimi gli infermieri e medici che lasciano verso per il privato o addirittura cambiando Professione

Lei è Sara, vive in Umbria, è infermiera.
Anzi, era un’infermiera, perché Sara, dopo cinque anni di lavoro nella sanità pubblica e un contratto a tempo indeterminato, ha deciso di dimettersi.

L’ha fatto perché delusa dall’attuale sistema sanitario, che ai suoi occhi non è più un luogo dove si curano le persone, ma un’azienda che eroga prestazioni e monetizza.
Quello che prima era un diritto di tutti, ora sta diventando un privilegio di pochi.
Sara si è dimessa perché crede nella sanità, quella fatta per le persone, meritocratica, di tutti.
Ci crede ancora. E spera che un giorno riprenda a funzionare. Intanto si tira fuori.

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“Avevo un contratto a tempo indeterminato e 5 anni di lavoro nella sanità pubblica. Oggi mi sono dimessa. C’è stato chi mi ha incitata e chi mi ha frenata, chi mi ha definito matta e chi coraggiosa. Ho ascoltato tutti, poi ho ascoltato Sara.
La Sara infermiera e cittadina che troppo spesso è stata delusa: la sanità pubblica era un diritto, ora è un privilegio.

È stata denudata lentamente ed oggi è sostituita da quella privata. E non ce lo ha detto nessuno. Eppure io ancora ci credo, e ci spero.
Spero che gli ospedali tornino ad essere luoghi di cura e smettano di essere aziende che erogano prestazioni.

Spero che si inizi a parlare di persone e non più di pazienti. Che torni di moda la meritocrazia di qualità, calpestata da quella parentale o politica.
Spero che si inizi a monetizzare di più il lavoro vero, quello duro e quotidiano, non solo quello straordinario, che svende la professionalità ma garantisce la quantità.

Spero che il sistema riprenda a funzionare e che un giorno avrò parole migliori, perché le cose saranno migliori. Oggi però, devo seguire i miei ideali.
Non posso più uniformarmi a un modo di fare che non mi appartiene. Come infermiera mi tiro fuori, ma come cittadina no, non posso più stare in silenzio”.

Redazione NurseTimes

Fonte: Storie degli Altri

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