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Sanità Italiana a doppia velocità: analizzati i 20 SSR

Tempo di bilanci in Sanità e per ultima, ma solo per tempistiche di pubblicazione, giunge agli occhi del lettore l’indagine dell’istituto di Ricerca Demoskopica che ha dato la sua valutazione dello stato di salute dei nostri Sistemi Regionali.

Alcune conferme, qualche sorpresa ma il dato generale non è molto incoraggiante: sui venti SSR analizzati ben 13 ovvero il 65% del totale, risulta malato più o meno gravemente.

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L’indagine analizza sette punti indicatori:

  1. soddisfazione sui servizi sanitari,
  2. mobilità attiva,
  3. mobilità passiva,
  4. quota di rinuncia a curarsi per le liste d’attesa,
  5. spesa sanitaria,
  6. quota famiglie soggette a spese socio-sanitarie Out Of Pocket catastrofiche,
  7. quota famiglie impoverite a causa di spese socio-sanitarie Out Of Pocket.

Scorrendo velocemente la classifica possiamo dire che sul Podio si classificano Lombardia, Trentino Alto Adige e Lazio, mentre agli ultimi posti troviamo Calabria, Puglia e Sicilia.

La più “sana” in assoluto è la Regione del Trentino Alto Adige con un indice di Perfomance di 462,2 punti mentre in ultima posizione si classifica la Sicilia con appena 248,3 punti.

Anche in questa classifica la Regioni con le migliori perfomance sono nel Centro Nord mentre quelle che peggiori si trovano tutte al Sud.

Entriamo nel dettaglio cercando di analizzare punto punto i sette indicatori che Demoskopica ha analizzato prima di presentare i dati.

SODDISFAZIONE DEI SERVIZI SANITARI

Il 34,9% degli Italiani è soddisfatto dei servizi ricevuto in ambito di Ricovero Ospedaliero e più precisamente rispetto ai vari aspetti del ricovero stesso cioè assistenza medica, infermieristica, vitto e servizi igienici. Una percentuale che necessità di una riflessione approfondita da parte degli attori del Sistema Sanitario, quasi 2 italiani su 3 non sono assolutamente soddisfatti dei servizi offerti, questo dato è una bocciatura per il Sistema in generale, soprattutto nei confronti degli Operatori. Sarebbe interessante approfondire rispetto alle Regioni che arrancano quali sono i motivi: di sicuro i tagli al personale e il continuo blocco del turnover associato ai vari blocchi contrattuali non sono di stimolo per chi deve svolgere un cosi delicato compito come quello dell’assistenza sanitaria.

MOBILITA’ SANITARIA ATTIVA

Questa particolare classifica prende spunto da quella che volgarmente si chiama “turismo della salute” ovvero la necessità dei cittadini italiani di “migrare” per andare a ricercare una migliore soluzione per i propri problemi di salute.

Qui alcune sorprese come per esempio il primo posto del Molise che ha un alto indice attrattivo mentre per numero assoluti in testa ci sono Lombardia, Emilia Romagna e Lazio.

MOBILITA’ SANITARIA PASSIVA

Anche in questa particolare classifica il Molise svetta in testa, purtroppo, mentre i Lombardi sembrano soddisfatti del loro Sistema Sanitario e con bassissime percentuali lasciano la Regione per curarsi altrove, 4,6 % è la percentuale di migrazione.

LISTE D’ATTESA

Sono circa 500mila italiani ad aver rinunciato alle cure a causa di liste d’attesa troppo lunghe. Numeri che fanno impressione se consideriamo la convinzione, spesso più politica che dei cittadini, di avere servizi sanitari all’altezza dei bisogni espressi. Dobbiamo aggiungere che la rinuncia alle cure spesso si traduce in peggioramento delle condizioni generali con un aggravio dei costi per il Sistema che nessuno ancora ha provato a calcolare.

In questa speciale classifica, le Regioni del Sud vincono per distacco per l’allungamento dei tempi mentre Lombardia, Umbria, Liguria e Trentino Alto Adige non in quest’ordine, si dividono i quattro posti del primato.

SPESA SANITARIA

La Campania ha il primato assoluto per risparmio della spesa sanitaria seguita da altre Regioni del Sud come Sicilia e Calabria, con spese procapite poco superiori ai 1500 euro/cittadino. Al fondo della Classifica Lombardia,  Trentino Alto Adige e Liguria con spese procapite di poco superiori a 2000 euro/cittadino.

Il risparmio non è indice di miglior servizio per il cittadino che spesso vede in questi, che più che risparmio potremmo definire tagli, sono lo specchio anche di un peggioramento della risposta in termini di tutela della salute per le Regioni più virtuose.

SPESE CATASTROFICHE

Indicatore con titolo curioso, riportiamo per una migliore comprensione come viene descritto dall’Istituto che ha condotto la ricerca “Le famiglie con spese catastrofiche fanno parte del set di indicatori individuati dai ricercatori di Demoskopika per la costruzione dell’indice di perfomance sanitaria. L’indicatore, secondo la definizione del consorzio Crea Sanità, esprime, in termini percentuali, la quota di famiglie residenti soggette a spese sanitarie out of pocket (farmaci, case di cura, visite specialistiche, cure odontoiatriche, etc.) catastrofiche, ovvero a spese che superano il 40% della loro capacity to pay, ossia la disponibilità al netto delle spese di sussistenza

”. In questa particolare classifiche bene Lazio e Liguria, molto male Calabria ed Abruzzo.

IMPOVERIMENTO SANITARIO

Anche in questo caso ci affidiamo alla definizione dell’Istituto che spiega che “L’indicatore “famiglie impoverite” esprime, in termini percentuali, le famiglie residenti che a causa delle spese sanitarie out of pocket (farmaci, case di cura, visite specialistiche, cure odontoiatriche, etc.) si sono impoverite scendendo al di sotto della soglia di povertà”. Nel caso specifico troviamo in testa alla classifica Lazio, Piemonte e Umbria mentre agli ultimi posti troviamo Campania, Sardegna e Puglia. Solo il caso che le regioni che investono meno sono anche quelle che costringono i loro cittadini ad impoverirsi per potersi curare?

I dati statistici spesso sono poi interpretati da chi ha responsabilità di governo con molta elasticità, vengono presi in esame sempre quelli che non portano cattive notizie, a volte questi ultimi sono del tutto ignorati e passati come notizie prive di fondamento o di valenza scientifica.

I dati di questa ricerca sono passati quasi sotto silenzio, forse per il periodo in cui sono giunti alla pubblicazioni sui quotidiani e forse perché mettono sotto processo alcune delle regioni, che sino al giorno priva si dichiaravano virtuose e rispondenti ai bisogni dei cittadini.

E’ il caso della Toscana, mai citata nei primi posti ma sempre navigante a vista a metà classifica tra l’anonimato e la sconfitta.

Eppure è una delle Regioni da sempre presa a modello per il suo SST, che ultimamente ha subito importanti modificazioni e non sempre ben accette dalla popolazione.

Sono note tutte le polemiche sollevate dai Comitati e dalle forze di opposizione in Consiglio Regionale circa la nuova legge di riforma sanitaria, una legge che ha visto la luce poco prima di Natale con un taglio di ben 1/3 degli articoli previsti per impedire il confronto in Aula.

La nuova legge vede la luce con un solo obiettivo: affondare una Referendum richiesto da ben 55mila cittadini toscani che non accettano l’accorpamento delle ASL e l’accentramento dei Servizi.

Eppure non è sfuggita ai commentatori la continua difesa del SST da parte dell’Assessore Saccardi e del Presidente Rossi. Molte le parole spese per descrivere un mondo “che non c’è” se si analizzano compiutamente i dati dell’istituto di Ricerca Demoskopica. Non possiamo dare torto ai due maggiori esponenti del Governo Toscano, in fondo altre classifiche hanno dato alla Toscana ben altro piazzamento.

Indubbiamente deve essere sfuggita a cultori della superiorità toscana in termini di Servizio Sanitario questa ultima indagine, per questo ci siamo noi a provare a portare questa voce dissonante che se non boccia almeno rimanda la gestione della Sanità in Toscana.

Una gestione bizzarra che ha visto mettere mano alla legge 40/2006 ben 35 volte e conclusa l’opera di ristrutturazione di una legge completamente cambiata dai continui aggiornamento è stata superata prima dalla 28/15 e poi dalla ultima legge 33. Insomma una bulimia legislativa che non ha avrebbe alcuna ragione di esistere se il SST fosse davvero ai primi posti come dichiarato.

Polemiche a parte la domanda da farsi è: hanno senso queste classifiche? Riescono ad essere obiettive e a raccontare la verità?

Intanto smettiamo di chiamarle “classifiche” che mi ricordano sempre la passione pallonara che in questo Paese pare essere il metro di paragone per ogni situazione. Smettiamo, inoltre, di utilizzare le ricerche statistiche come se fossero sondaggi elettorali con il solo scopo di farne propaganda.

Invece sarebbe opportuno con il Ministero utilizzi queste indicazioni per provare a studiare un “piano salute” che nei prossimi 10 anni possa portare ad un livellamento, verso l’alto, di tutte le Regioni in modo che la residenza anagrafica non incida sul proprio stato di salute.

Questi dati andrebbero analizzati anche dagli Ordini Professionali affinché escano da proclami autoreferenziali e comincino a lavorare proficuamente ad elaborare  strategie sinergiche perché se davvero il cittadino è al centro di ogni Professione Sanitaria è tempo di dimostrare quella che appare sempre più un’enunciazione di principio priva di ogni sostanza.

Infine come si coniugano questi dati con la Legge di Stabilità appena licenziata dal Parlamento? Un altro bel capitolo di approfondimento, che però non sarà affrontato in questo articolo, cogliendo l’occasione di rinnovare i migliori auguri per il 2016 consiglio di rimanere collegati presto ne parleremo.

Piero Caramello

Redazione Nurse Times

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