Tutto ciò avrebbe dovuto portare ad una considerazione più intellettuale della professione, (in quanto considerata, locatio operarum come previsto dall’articolo 2229 C.C., e non più locatio operis), da parte del cittadino, ed allo stesso tempo, un senso di crescita costante su delle basi solide scientifiche, grazie alla formazione universitaria, del professionista stesso.
Infatti, il decreto del Ministero della Sanità 14 settembre 1994, n. 739 dettò le prime disposizioni specifiche in tema relative alla figura ed al profilo professionale, definendo l’infermiere come: “l’operatore sanitario che, in possesso del diploma universitario abilitante e dell’iscrizione all’albo professionale, è responsabile dell’assistenza generale infermieristica”.
In fondo, il passaggio dai corsi di formazione delle scuole regionali, o ancor prima dalle scuole convitto (poiché la nostra professione in tempi passati, era svolta da ordini religiosi) alle aule universitario-accademiche, non è stato poi, cosi netto dal punto di vista didattico e formativo, tale da notare da un occhio esperto, la differenza tra il professionista formato in ambito regionale, ove linee guida e revisioni della letteratura erano ancora oggetto misterioso, ed il professionista formato in ambito universitario con strumenti e basi scientifico-teoriche notevoli.
Volevamo soffermarmi su uno dei tanti aspetti che hanno provocato, nel corso di questi anni, nonostante avessimo dalla nostra parte, leggi ben delineate e sentenze ben definite, un mancato riconoscimento socio-economico della professione: la confusione del sistema universitario.
In realtà, ciò appena detto, nella pratica clinica quotidiana, non riesce a farsi strada in maniera imponente, per cause multifattoriali: la più importante, come ad esempio, la crisi economica europea e mondiale recente, ha causato tagli importanti nella sanità con ripercussioni abbastanza marcate sia sul personale, rendendolo vero e proprio factotum con il fenomeno crescente del demansionamento, e sia in risposta ai bisogni del cittadino sempre più soggetto ad eventi avversi ed a potenziali rischi clinici.
Uno dei motivi di questa mancata crescita ed imposizione della professione a livello sociale in questi anni, può essere data dal mancato ricambio della docenza, dove la maggior parte di essi, insegnano agli studenti dalla triennale fino al dottorato, le evidenze scientifiche legate all’applicazione della padella o del pappagallo sul paziente, in quanto legati ancora al mansionario e alle visioni ancestrali-caritatevoli che hanno regnato nel lontanissimo 1800.
Sarebbe fondamentale, inoltre, revisionare tutti i programmi ministeriali del percorso di studi in infermieristica, cercando di eliminare tutte le attività igienico-domestico-alberghiero, in quanto ritenute dal legislatore meramente elementari e quindi non riconducibli all’infermiere professionista intellettuale (locatio operarum).
Citando alcune battute dall’opuscolo “L’evoluzione giuridica, normativa e giurisprudenziale delle reali “mansioni” dell’infermiere”, scritta dal Dott. Mauro Di Fresco, si evinceva infatti che, leggendo attentamente il D.P.R. 14 marzo 1974 n. 225 (abrogato) l’infermiere professionale non doveva espletare compiti meramente manuali. Difatti la Suprema Corte di Cassazione già nel 1985 (sent. n. 1078, RG n. 9518- /80, Cron. 2210 del 09 febbraio 1985)
statuì che: “Non compete all’infermiere, ma al personale subalterno, rispondere ai campanelli dell’unità del paziente, usare padelle e pappagalli per l’igiene del malato e riassettare il letto”.Molte coordinatrici didattiche e vari insegnanti delle scuole per infermieri e, purtroppo, anche delle università, hanno confuso la parola “responsabilità” con la parola “competenza”, ricordando a tutti che l’infermiere è il responsabile dell’assistenza generale infermieristica e quindi non diretto esecutore di attività assistenziali appartenenti ad altri profili professionali (DM 734/94).
Facciamo il punto della situazione: mettendo a confronto il piano didattico dello studente infermiere con il profilo professionale dell’operatore socio-sanitario (OSS), notiamo la sovrapposizione in alcune attività.
Nell’allegato A del profilo dell’OSS, definito nel 2001 a seguito dell’accordo stato-regioni possiamo leggere:
Entrambi i punti sono presenti anche negli obiettivi che lo studente del primo anno del corso di laurea in infermieristica deve raggiungere.
Nell’Allegato B, sempre del suddetto profilo dell’ OSS, inoltre possiamo notare:
Tutti i punti sono pienamente sovrapponibili con gli obiettivi che lo studente del primo anno del corso di laurea in infermieristica dovrà raggiungere.
La formamentis dello studente infermiere viene impostata già dai primi giorni del tirocinio, e fin quando quest’ultimo, verrà formato da docenti obsoleti legati fermamente al mansionario, e su attività pienamente attribuibili all’operatore socio-sanitario, l’intera categoria non riuscirà mai ad ottenere riconoscimenti e gratificazioni sia sociali che economici, tali da essere definiti, DOTTORI in INFERMIERISTICA.
Leonardo Gialloreto
FONTI CITATE:
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