Recovery Plan, cosa prevede la riforma dell’assistenza territoriale

In arrivo 7 miliardi di euro da destinare soprattutto a case di comunità, potenziamento dell’assistenza domiciliare e ospedali di comunità.

In base alla riforma contenuta nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), o Recovery Plan, in Italia l’assistenza territoriale potrà beneficiare di 7 miliardi di euro provenienti dal Recovery Fund tra il 2022 e il 2026. Denaro destinato soprattutto alle case di comunità, al potenziamento dell’assistenza domiciliare e agli ospedali di comunità, e che dal 2027 dovrà essere integrato con altri 1,3 miliardi, necessari per pagare il personale necessario.

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Il Governo pensa di reperire queste ulteriori risorse aumentando il Fondo sanitario nazionale di 180 milioni, riducendo le ospedalizzazioni dei pazienti cronici (134,3 milioni) e gli accessi inappropriati al pronto soccorso (719,2 milioni), abbassando la spesa dei farmaci, con riduzione anche in questo caso delle inappropriatezze (329 milioni). Il tutto senza considerare come che vi sarà un ridimensionamento della medicina generale – nel 2027 i medici di base saranno 35.317, rispetto ai 42.009 attuali (-16%) -, mentre aumenterà la dotazione di personale infermieristico, che dalle 332.292 unità odierne passerà a 402.352 nel 2027 (+21%).

Ma vediamo cosa prevede nello specifico il documento che analizza il Piano italiano.

Case della comunità – La casa della comunità sarà una struttura fisica in cui opererà un team multidisciplinare di medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, medici specialistici, infermieri di comunità, altri professionisti della salute, e potrà ospitare anche assistenti sociali. Vuole essere un punto di riferimento continuativo per la popolazione, anche attraverso un’infrastruttura informatica, un punto prelievi, la strumentazione polispecialistica, e ha il fine di garantire la promozione, la prevenzione della salute e la presa in carico della comunità di riferimento.

Tra i servizi inclusi è previsto, in particolare, il punto unico di accesso (Pua) per le valutazioni multidimensionali (servizi socio-sanitari) e i servizi che, secondo un approccio di medicina di genere, dedicati alla tutela della donna, del bambino e dei nuclei familiari, secondo un approccio di medicina di genere. Potranno inoltre essere ospitati servizi sociali e assistenziali rivolti prioritariamente alle persone anziani e fragili, variamente organizzati a seconda delle caratteristiche della comunità specifica. L’investimento prevede l’attivazione di 1.288 case della comunità entro la metà del 2026, che potranno utilizzare sia strutture già esistenti sia nuove. Il costo complessivo dell’investimento è stimato in 2 miliardi di euro.
 
Ogni casa della comunità costerà, a livello strutturale e tecnologico, circa 1,6 mln di euro. Al loro interno vi saranno cinque unità di personale amministrativo, dieci medici di medicina generale e otto infermieri. Il finanziamento del personale aggiuntivo è solo per il 25% degli infermieri e le risorse sono stanziate nel Dl 34/2020. Il resto rientrerà nel finanziamento ordinario del Fondo sanitario nazionale, ma è inevitabile una nuova convenzione con i medici di famiglia, che si dovrà trovare il modo di far aderire in massa al progetto, se si vuole evitare il fallimento del Piano.

Potenziamento dell’assistenza domiciliare – Il secondo progetto per le cure territoriale prevede tre interventi, per un totale di 4 miliardi finalizzati a potenziare le cure domiciliari e arrivare ad assistere il 10% degli over 65, circa 808mila persone.

Il primo intervento (2,72 miliardi) è proprio per l’assistenza a casa (circa 1.980 di euro a persona), anche se i costi variano a seconda della frequenza delle visite necessarie. Si va da un minimo di una visita al mese a un massimo di 15 giorni al mese nel caso di cure palliative. Da notare come il Governo sia riuscito ad utilizzare i 2,72 miliardi, spalmati in cinque anni, proprio per pagare il personale che dovrà curare a domicilio i pazienti.Pper questo ha previsto, dal 2027, coperture per rendere sostenibile il progetto cure a casa.

Il secondo punto del progetto di potenziamento delle cure domiciliare è quello che prevede l’attivazione di 602 centrali operative territoriali (Cot), una in ogni distretto, aventi la funzione di coordinare i servizi domiciliari con gli altri servizi sanitari, assicurando l’interfaccia con gli ospedali e la rete di emergenza-urgenza, per cui è prevista una spesa di 280 milioni di euro per l’interconnessione tecnologica. Vi saranno un coordinatore e cinque infermieri di comunità preposti al servizio, i cui costi (150 milioni) saranno coperti dalle risorse stanziate nel Dl 34/2020.

Il terzo intervento per il potenziamento delle cure domiciliari riguarda il finanziamento da 1 miliardo di progetti di telemedicina proposti dalle Regioni sulla base delle priorità e delle linee guida definite dal ministero della Salute. I progetti potranno riguardare ogni ambito clinico e promuovere un’ampia gamma di funzionalità lungo l’intero percorso di prevenzione e cura: tele-assistenza, tele-consulto, tele-monitoraggio e tele-refertazione. Per ottenere i finanziamenti, tuttavia, i progetti dovranno innanzitutto potersi integrare con il fascicolo sanitario elettronico, raggiungere target quantitativi di performance legati ai principali obiettivi della telemedicina e del Sistema sanitario nazionale, garantire che il loro sviluppo si traduca in un’effettiva armonizzazione dei servizi sanitari.

Ospedali di comunità – L’intervento, per cui è stanziato 1 miliardo di euro, prevede la costruzione di 381 ospedali di comunità, una struttura sanitaria della rete territoriale a ricovero breve, destinata a pazienti che necessitano di interventi sanitari a media/bassa intensità clinica e per degenze di breve durata. Tale struttura, di norma dotata di 20 posti letto (fino a un massimo di 40) e a gestione prevalentemente infermieristica, vuole contribuire a una maggiore appropriatezza delle cure, determinando una riduzione di accessi impropri ai servizi sanitari, come ad esempio quelli al pronto soccorso o ad altre strutture di ricovero ospedaliero, oppure il ricorso ad altre prestazioni specialistiche.

L’ospedale di comunità potrà anche facilitare la transizione dei pazienti dalle strutture ospedaliere per acuti al proprio domicilio, consentendo alle famiglie di avere il tempo necessario per adeguare l’ambiente domestico e renderlo più adatto alle esigenze di cura dei pazienti. Negli ospedali di comunità vi saranno un medico per quattro-cinque ore al giorno, sei giorni su sette, oltyre a nove infermieri e sei oss a tempo pieno. Tali strutture diventeranno pienamente operativi a partire dal 2027. Il costo del personale è stato calcolato considerando le assunzioni di un certo numero di figure professionali. Dal 2027 le spese per il personale saranno a carico del Fondo sanitario nazionale.

Il Piano per la sostenibilità della riforma del territorio – Nel 2027, quando termineranno le risorse del Recovery Plan, il piano di potenziamento dell’assistenza territoriale andrà a regime e dovrà marciare solo sulle gambe dei finanziamenti nazionali. A regime, case della comunità, assistenza domiciliare integrata e ospedali di comunità costeranno circa 2 miliardi l’anno, soprattutto per il personale. Ad oggi sarebbero coperti solo con circa 700 milioni, per cui il Governo ha messo nero su bianco come coprire gli 1,3 miliardi necessari.

Questa fetta è una grande sfida perché, oltre a 180 milioni che arriveranno dall’aumento del Fondo sanitario nazionale, l’Esecutivo punta tutto sull’appropriatezza. In prima battuta si punta a risparmiare 134 milioni dalla riduzione dei ricoveri ospedalieri per i pazienti cronici. In seconda battuta l’obiettivo è ridurre l’accesso inappropriato al pronto soccorso, riducendo del 90% i codici bianchi e del 60% i codici verdi, per un risparmio potenziale di 719 milioni di euro. In terza battuta si spera di ricavare 329 milioni da un uso più appropriato di farmaci cardiovascolari, antibiotici e gastrointestinali.

Redazione Nurse Times

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