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Rapporto Aran sui rinnovi contrattuali nel pubblico impiego: inflazione erode stipendi anche in sanità

Dopo la firma del Contratto 2019-2021, il comparto registra incrementi che non tengono il passo del carovita. I medici chiedono all’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni di sbloccare subito l’Atto di indirizzo e convocare quanto prima i sindacati.

Il 2022 è stato un anno ricco di novità per le buste paga dei dipendenti pubblici: quattro rinnovi contrattuali che hanno interessato il personale non dirigente di amministrazioni centrali, enti territoriali, sanità e scuola; gli adeguamenti delle indennità per i ministeriali; pagamento di arretrati che ha gonfiato i cedolini.

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Tanta grazia non è però bastata a modificare gli andamenti di lungo periodo delle retribuzioni (tra 2013 e 2022), che nel pubblico impiego, sono cresciute del 6,1%, cioè meno della metà di un’inflazione del periodo pari al 13,8%. L’aggancio al carovita ha funzionato molto meglio nel settore privato. Soprattutto nell’industria, dove i contratti hanno tenuto il passo (+13,1%). Un po’ meno nei servizi, dove comunque gli aumenti (+9,8%) sono stati più vivaci di quelli pubblici.

E naturalmente non fa eccezione il mondo della sanità, che tra l’altro vede fermo il Contratto della dirigenza medica, essendo ancora da rinnovare quello 2019-2021. Come sottolineato da Antonio Naddeo, presidente Aran, dopo l’Atto di indirizzo saranno convocati i sindacati medici, sperando di arrivare alla firma del Contratto entro due-tre mesi. Il nuovo contratto, nelle intenzioni dell’Agenzia, dovrebbe portare un incremento medio del trattamento economico pari al 4,5%.

Va meglio per il personale non dirigente della sanità, per il quale si registrano incrementi superiori al 4% per tutti i comparti (con minime variazioni tra gli stessi), a fronte di una crescita dei prezzi al consumo pari al 2% nel triennio 2019-2021. Un ulteriore incremento del 2,9% nel comparto sanità si è inoltre verificato grazie all’indennità di specifica infermieristica.

Se si guarda solo al 2022, anno per il quale i dati sono limitati a settembre, si registra una consistente perdita del potere d’acquisto per tutti i comparti. Ciò a causa dell’inflazione annua, che a settembre era pari al 7,1% (ma la media annua a fine anno è salita all’8,1%). Per il settore pubblico l’aumento nominale dei salari si è limitato allo 0,9% (+1% per i non dirigenti, +0,7% per i dirigenti), mentre nel settore privato, esclusi i dirigenti, si è attestato intorno all’1% (+1,5% per l’industria, +0,5% per i servizi).

I numeri sono dettagliati nel Rapporto sui rinnovi contrattuali nel pubblico impiego, appena pubblicato dall’Aran. Le cifre, che per ragioni tecniche fotografano la situazione a fine settembre, necessitano di qualche piccolo ritocco, che però non cambierà il quadro. L’inflazione del decennio andrà infatti aggiornata al rialzo, verso quota 18,5%, perché la stima preliminare Istat parla di un incremento 2022 dell’11,6%, e non più del 7,3%, come indicato nei documenti di finanza pubblica (bisognerà attendere martedì prossimo per la stima definitiva).

Anche la crescita effettiva delle buste paga pubbliche a consuntivo sarà un po’ più alta per i contratti arrivati al traguardo solo a fine anno (ultimo quello della scuola). E proprio questo secondo aspetto evidenzia il problema di fondo: l’impatto dell’entrata in vigore dei rinnovi contrattuali porterà un apice degli incrementi incrementi di cassa stimato dall’Aran iintorno al 9%, ma si tratta in larga parte di un effetto ottico alimentato dagli arretrati, che sono ovviamente un una tantum e dipendono dal fatto che le intese riguardano un triennio già scaduto.

Per il rinnovo del Contratto del comparto sanità 2019-2021

, arrivato nel 2022, ci sono voluti dieci mesi dall’invio dell’Atto di indirizzo. E per la successiva approvazione da parte dei comitati di settore, di verifica del Governo e di certificazione a cura della Corte dei Conti, ci sono voluti altri cinque mesi. L’Aran ricorda come in tutto siano 544.482 i dipendenti coinvolti dal rinnovo nel comparto sanità, mentre sono 134.636 quelli della dirigenza.

Altra questione di rilievo è il negoziato sui sistemi di classificazione professionale, che rappresentano “il crocevia di richieste non facilmente conciliabili”, come si legge nel Rapporto. Per l’Aran è importante che le soluzioni adottate favoriscano innovazioni organizzative, facilitino i processi di gestione delle risorse umane e siano economicamente sostenibili. L’equilibrio negoziale raggiunto negli accordi dei tre comparti che hanno introdotto una nuova disciplina in materia di ordinamenti professionali (funzioni centrali, sanità e funzioni locali) riflette queste differenti esigenze.

Il nuovo modello della sanità si articola su cinque aree. Dal nuovo ordinamento emergono una riduzione dei livelli di inquadramento giuridico e una tendenza all’unificazione di precedenti qualifiche. Inoltre si è giunti al superamento delle posizioni economiche e all’individuazione delle aree come unico elemento dell’inquadramento giuridico. L’individuazione delle professioni continuerà invece ad avvenire su base nazionale e al di fuori della contrattazione, attraverso una procedura che si conclude con l’adozione di specifici decreti.

“La specificità delle professioni di questo settore, particolarmente in ambito sanitario, molte delle quali collegate a strutturati percorsi di studio e di apprendimento formale o richiedenti l’iscrizione ad albi, rende oggettivamente difficile immaginare soluzioni o percorsi diversi e, in particolare, una trattazione del tema in ambito contrattuale”, si legge nel Rapporto dell’Aran.

“Fa molto piacere che l’Aran pubblichi questi dati – ha commenta Guido Quici, presidente del sindacato medico Cimo-Fesmed -. Potrà affrontare il rinnovo del contratto dei medici nella consapevolezza che i camici bianchi sono in credito dal punto di vista economico. Il potere di acquisto è diminuito e bisogna fare presto”.

In base ai numeri contenuti nell’Atto di indirizzo, Cimo-Fesmed ha calcolato un aumento a regime del 3,78%, corrispondente a 333 euro. “Si tratta di una media – spiega ancora Quici -, perché il primario guadagna di più, il neo-assunto di meno. Ma il vero guadagno per ognuno è in realtà inferiore, perché una quota parte di questa cifra va nei fondi contrattuali. Per questo chiediamo di sbloccare prima possibile l’Atto di indirizzo e convocare nel più breve tempo possibile i sindacati. Il ristoro economico derivante dall’incremento contrattuale sarà comunque marginale, e questo sarà un problema importante. Mi auguro che l’Aran non voglia limitarsi a sostenere l’Atto di indirizzo così com’è, perché nel caso prevedo tempi per il rinnovo ben maggiori a tre mesi”.

Redazione Nurse Times

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