Pulsossimetria arteriosa: utile, ma…

La pulsossimetria è molto utile nel monitoraggio dell’ossigenazione ematica arteriosa; lo è in diversi contesti come quello domiciliare, territoriale e ospedaliero grazie alle sue caratteristiche di immediatezza e non invasività.

La pulsossimetria è molto utile nel monitoraggio dell’ossigenazione ematica arteriosa; lo è in diversi contesti come quello domiciliare, territoriale e ospedaliero grazie alle sue caratteristiche di immediatezza e non invasività. Ma, per utilizzarla correttamente, bisogna comunque ricordare che tale misurazione presenta diversi limiti, i quali la rendono uno strumento solo complementare nella valutazione globale dello stato respiratorio del paziente.

La pulsossimetria arteriosa (SpO2) è la misurazione non invasiva della saturazione di ossigeno (SO2, intesa come rapporto tra emoglobina ossigenata ed emoglobina totale) del sangue arterioso e della frequenza cardiaca. Misurata tramite un pulsossimetro e un sensore applicato al paziente, permette di ottenere la quantità in % di emoglobina legata nel sangue e la frequenza del polso. Non permette di stabilire con quale gas sia legata, ma solo la percentuale della sua saturazione: in condizioni normali l’emoglobina lega l’ossigeno, per cui è possibile effettuare una stima della quantità di ossigeno presente nel torrente ematico.

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La pulsossimetria arteriosa fa parte della valutazione completa dello stato di ossigenazione del paziente, e da sola non basta per diagnosticare un quadro di ipossiemia (è necessaria l’emogasanalisi arteriosa); diventa però un utile strumento di monitoraggio se associato alla valutazione dei parametri e all’osservazione del paziente, tenendo ben presente che comunque la SpO2 misurata non riflette l’adeguatezza della ventilazione. Tenere presente che:

  • valori di SpO2 nel range 97%-99% sono considerati normali nel soggetto in salute (fino a 95% è clinicamente accettabile);
  • valori di SpO2
    compresi tra 91% e 94% indicano ipossia lieve;
  • una SpO2 tra 86% e 90% indica un’ipossia moderata;
  • si parla di ipossia grave per valori di SpO2 uguali o inferiori all’85%.

Il principio di funzionamento della pulsossimetria è molto semplice: una sonda genera fasci di luce nel campo del rosso e dell’infrarosso, questi fasci attraversano la cute, i tessuti, la circolazione sanguigna (arteriosa e venosa) del paziente per poi arrivare ad una fotocellula. Conoscendo infine le quantità della luce (iniziale e finale) e prendendo in considerazione solo la componente pulsatile (sangue arterioso), l’apparecchiatura è in grado di calcolare SpO2 e le pulsazioni.

Le sedi che vengono scelte abitualmente per l’applicazione dei sensori (a clip, a dito, a orecchio, sonde flessibili o sonde “soft”) sono le dita delle mani, il lobo dell’orecchio, il naso, le labbra e l’alluce; il sito di misurazione andrebbe valutato ogni 8 ore in caso di sensore monouso morbido e ogni 4 ore se viene usato un sensore rigido riutilizzabile, col fine di individuare eventuali arrossamenti, lesioni, segni di ipoperfusione e se necessario di cambiare/ruotare le sedi.

La pulsossimetria arteriosa presenta però dei limiti:

  • la lettura della SpO2 può essere alterata da artefatti da movimento (che rappresentano una delle più frequenti cause di ‘desaturazione’), da scarsa perfusione (freddo), dalla pigmentazione scura della cute, da un’emoglobina disfunzionale, dalla presenza di smalto (anche trasparente) sulle unghie, da ipotermia, da una SpO2<83% (al di sotto di tali valori la lettura del pulsiossimetro diventa infatti poco attendibile), da aritmie cardiache, nel caso in cui il sensore non sia protetto dalla luce o sia applicato erroneamente, in caso di ittero o di intossicazione da monossido di carbonio (CO).
  • Non è misurabile in caso di rianimazione cardiopolmonare. Le compressioni toraciche causano infatti la sovrapposizione del polso arterioso con quello venoso, ed il macchinario non è più in grado di distinguere i due compartimenti vasali.
  • non può rilevare CO2 e pH (la SpO2 può risultare normale anche se pH e CO2 risultano alterati) e può fornire dati poco attendibili in caso di anemia (la SpO2 può risultare normale anche in presenza di bassi valori ematici di O2).

Alessio Biondino

Fonti:

  • Biondino A., Scagnetti T. Assistenza Respiratoria Domiciliare – Il paziente adulto tracheostomizzato in ventilazione meccanica a lungo termine. Ed Universitalia, 2013.
  • Iacobelli L., Lucchini A., Asnaghi E. et al., “La saturimetria”, Minerva Anestesiologica, Minerva Medica, 2002, 68: 488-491.
  • Schutz S.L., “Oxygen saturation monitoring by pulse oximetry”, in Lynn-McHale Wiegand, D.J. (a cura di), AACN Procedure manual for Critical Care, 4 ed., © W.B. Saunders, 2001.

 

 

Redazione Nurse Times

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