Puglia, ospedali privati: libertà di rideterminare i tetti di spesa per la Regione

Lo ha deciso il Consiglio di Stato, ribaltando la precedente sentenza del Tar di Bari.

La Regione Puglia è libera di rideterminare i tetti di spesa degli ospedali privati, obbligati ad accettarli nel momento in cui firmano i contratti con le Asl. Così ha stabilito il Consiglio di Stato, ribaltando la pronuncia del Tar di Bari e ponendo fine a quella che era stata definita come la “guerra delle case di cura”. Una frattura creata dai criteri per la ripartizione di una torta da 450 milioni di euro l’anno. Criteri elaborati, poi cambiati in corsa e, infine, sospesi a tempo indeterminato.

Per effetto della sentenza (n. 2075/2019) si resta al tetto storico anche per il 2019. Con buona pace dei baresi di Cbh, che gestiscono la clinica Mater Dei (il più grande ospedale privato pugliese) e che avevano impugnato gli atti con cui la Giunta regionale aveva sospeso per il 2017 e il 2018 l’algoritmo introdotto dalla Regione per rimodulare la suddivisione dei fondi. Inizialmente il Tar aveva accolto il ricorso, ma il Consiglio di Stato ha prima sospeso e poi ribaltato la decisione.

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Più che i motivi giuridici, è importante il contesto. Sì, perché l’algoritmo è destinato ad andare in pensione senza aver mai lavorato un giorno. Questo perché il terzo criterio, inserito in corsa proprio su richiesta di Cbh, non funziona: l’indice di molteplicità assistenziale (la “varietà” di interventi effettuati in un anno), pensato per premiare chi diversifica l’offerta sanitaria, rischia di favorire i furbi. Per ottenere il massimo punteggio, infatti, sarebbe bastato garantire ogni anno un singolo intervento per ciascuno dei Drg (il “listino prezzi” con cui si rimborsa la sanità privata).

Prima della sentenza, e nel timore che il Consiglio di Stato potesse respingere il ricorso, la Giunta regionale aveva preparato una delibera per revocare tutte quelle precedenti e introdurre un nuovo meccanismo. Il provvedimento non è stato approvato (è arrivato fuori tempo massimo rispetto alla decisione della causa), ma i contenuti restano validi. Dopo numerosi incontri tra le organizzazioni datoriali (Aris per la sanità ecclesiastica, Confindustria Sanità, Aiop e gli “scissionisti” di Arsota, in cui è confluita anche Cbh), si è deciso di mantenere i tetti storici, con una sforbiciata al tetto (circa 36 milioni) per i pazienti di fuori regione e con la previsione di istituire un nuovo “fondino” per la riduzione della mobilità passiva.

Si tratta di 15 milioni, che andranno trovati nel Fondo sanitario regionale, da dividere tra chi offrirà quelle prestazioni (alluce valgo, chirurgia bariatrica, alcuni interventi di ortopedia e oncologia) per le quali i pugliesi si rivolgono altrove con maggiore frequenza. Il nuovo provvedimento, che terrà conto anche della sentenza, dovrebbe essere approvato nella prossima riunione di Giunta.

La sanità privata pugliese (28 case di cura, più ambulatori e centri di riabilitazione) è monopolizzata da due grandi operatori. Da un lato Cbh, dall’altro  il gruppo emiliano Gvm, presente nel Barese, ma anche a Lecce e a Taranto. Proprio l’entrata in rotta di collisione di questi gruppi ha portato allo stallo sull’algoritmo, e poi anche alla scissione dell’Aiop (in cui è rimasta Gvm).

I rapporti con la sanità privata, del resto, sono uno degli argomenti oggetto di monitoraggio in sede ministeriale per il Piano operativo, il commissariamento soft che doveva concludersi entro il 31 dicembre. Sul punto le prime verifiche avevano fatto emergere qualche criticità in merito sia al rispetto dei budget nel corso del 2017, sia ai tempi di sottoscrizione dei contratti, che di solito arrivano ad anno quasi finito.

Redazione Nurse Times

Fonte: www.lagazzettadelmezzogiorno.it

 

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