Ovada (Alessandria), anziano sparito dal 2015: a processo il medico che lo dimise

Del 74enne Roberto Aimetti, malato di demenza senile, si sono perse le tracce da quasi quattro anni. Il dottor Mauro Petronio deve ora rispondere di abbandono di incapace.

Un uomo, malato di demenza senile, non voleva più stare in ospedale e insisteva per tornare a casa. Il medico lo ha accontentato e ha firmato le dimissioni. È uscito con la tuta scura che aveva addosso, mollando nella stanza tutto il resto. Era il 17 settembre 2015: da quel momento, Roberto Aimetti è sparito. Aveva 74 anni. Il medico che lo ha fatto uscire ora è incriminato per abbandono di persona incapace.

Una drammatica vicenda famigliare che, nel giro di poche ore, aveva inanellato, in modo convulso, diversi eventi imprevisti e tragici: la moglie di Aimetti aveva avuto un improvviso tracollo psicofisico; vivevano ad Arquata e, quindi, il luogo di ricovero più vicino era stato l’ospedale di Novi Ligure.

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«Ma il marito – riferisce l’avvocato Giulia Boccassi, che rappresenta i famigliari – non poteva rimanere a casa da so lo, era malato e affetto da una forma particolarmente rapida di demenza». È scritto anche nel capo di imputazione, con l’aggiunta di altre patologie piuttosto gravi. Gli stessi carabinieri avevano accompagnato Aimetti al San Giacomo di Novi, da cui, poco dopo, era stato trasferito all’ospedale di Ovada (foto).

Ma, di starci, anche solo per il tempo che i figli arrivassero dalla Francia, il paziente non voleva saperne. Era cominciata un’insistente litania: «Voglio uscire, voglio andare a casa». Il medico di turno nel reparto di Medicina, Mauro Petronio, 54 anni, aveva firmato le dimissioni, «nonostante le sue precarie condizioni di salute – contesta il pm Lisa Iovane: non era autosufficiente». Un’infermiera, sorpresa dell’assenza in camera, aveva recuperato il recapito telefonico di una cognata, Anna Carriere, e l’aveva informata. «No – aveva replicato in ansia la donna –, non è in condizioni di uscire»

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Nella casa di Arquata, Roberto Aimetti, nato in Marocco, dove ha trascorso parte della sua vita, alternando poi lavoro ed esistenza in Francia e in Italia, non è mai tornato. E in nessun altro luogo è stata trovata traccia del suo passaggio o di una sosta. Lo avevano cercato i famigliari, i carabinieri, i vigili del fuoco, le squadre della Protezione civile. Inghiottito nel nulla, adesso come allora, lasciando, oltre al dolore per la sparizione e l’orrore di una fine solitaria chissà dove, anche diversi problemi amministrativi.

«Per la legge è ancora vivo: non c’è una dichiarazione di morte presunta», dice l’avvocato Boccassi. Dunque, anche la fruizione dei suoi beni è stata (ed è) complicata per moglie e figli. Il 28 giugno questa drammatica storia umana verrà affrontata in tribunale. Il pm lovane chiede al gup Tiziana Belgrano il rinvio a giudizio del medico. I famigliari di Aimetti (la moglie, che vive ad Arquata, e i due figli, che abitano in Francia) intendono costituirsi parte civile.

Il dottor Petronio, tutelato da Tino Goglino, è deciso a difendersi. «Aimetti non era un paziente con problemi di natura psichiatrica – spiega il legale –, tanto è vero che assumeva solo farmaci per il diabete e la pressione. In più era stato dapprima ricoverato a Novi, dove ci sono reparti di Neurologia e di Psichiatria: se avesse avuto assolutamente bisogno di quel tipo di cure, lo avrebbero ricoverato lì, invece di trasferirlo a Ovada, dove queste specialità sono assenti».

Il medico sostiene che il pensionato «con una certa logica ha insistito per andare via: non potevo trattenerlo contro la sua volontà». Una volontà che però nessuno sa verso dove l’abbia orientato, quando è andato via a piedi dall’ospedale di una città non sua, la sera di giovedì 17 settembre 2015.

Redazione Nurse Times

Fonte: La Stampa

 

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