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Osp. Maggiore, faranno ricorso gli operatori accusati di dormire:”Guardavamo le notizie sullo smartphone”

Gli infermieri e l’operatore sociosanitario accusati di aver dormito in corsia presso il reparto di Medicina dell’ospedale Maggiore di Bologna hanno deciso di fare ricorso contro il provvedimento.

Un licenziamento «illegittimo», «ingiusto», «sproporzionato». Hanno usato queste parole gli avvocati dei due infermieri e dell’operatore socio sanitario licenziati dall’Ausi di Bologna perché sospettati di dormire di notte durante il turno di guardia all’undicesimo piano dell’ospedale Maggiore.

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I dipendenti, attraverso i loro legali, in questi giorni hanno impugnato i provvedimenti disciplinari dell’azienda sanitaria. La quale ha adesso quindici giorni di tempo per rispondere alle richieste degli avvocati, che chiedono il reintegro o almeno una punizione più lieve come la sospensione. Se, come prevedibile, l’ospedale non tornerà sui propri passi – la direttrice generale dell’Ausi Chiara Gibertoni, intervistata nei giorni scorsi da Repubblica è stata inamovibile sull’esito dell’inchiesta interna – scatterà la fase due di questo braccio di ferro: a fine giugno partiranno i ricorsi, destinazione tribunale.

Sarà con tutta probabilità un giudice del lavoro a decidere del futuro dei sanitari. Nella notte fra il 14 e il 15 gennaio i tré lavoratori licenziati sono stati sorpresi a dormire in una stanza del reparto di Medicina. Un paziente che faceva fatica a respirare ha suonato più volte il citofono intemo e alla fine ha chiamato il centralino dell’ospedale, che a sua volte ha avvertito gli infermieri del pronto soccorso. Questi ultimi, saliti in reparto, hanno scoperto non solo che più di un paziente aveva bisogno di assistenza, ma che il personale di guardia era da tutt’altra parte: riposava su tré materassi in una stanzetta del reparto.

«Dormivano», spiega l’Ausi. «No, stavamo solo guardando le notizie al cellulare», si sono difesi i diretti interessati, due uomini e una donna fra i trenta e i quarant’anni. L’indagine disciplinare è durata cinque mesi e ha portato all’esito più duro: licenziamento in tronco per tutti e tre.

L’operatore socio sanitario è un iscritto della Cgil ed è difeso da Guido Reni. Ieri ha impugnato l’atto, entro fine giugno conta di presentare il ricorso al tribunale. Chiede una pena più mite. Oppure un indennizzo economico.

Sottolinea: «La cosa più brutta per il lavoratore è che non potrà accedere a concorsi per il pubblico impiego perché è stato cacciato per motivi disciplinari».

Il legale Matteo Nanni difende invece l’infermiera. Il motivo è simile: «Riteniamo ingiusto e sproporzionato il provvedimento. È palese come la decisione sia abnorme. Togliere del tutto il lavoro a una persona è una scelta molto dura, non capiamo come si sia potuti arrivare a questa scelta». Anche il sindacato Fiais annuncia battaglia attraverso il segretario provinciale Alfredo Sepe. Non solo per i licenziamenti ma perché, a detta dell’organizzazione, l’Ausi ha negato «gli spazi aziendali per allestire un gazebo» fuori dall’ospedale. Volevano farci protestare all’intemo, dove nessuno ci vede e dove non si può fare nemmeno rumore con megafoni e casse perché ci sono i degenti. L’azienda rischia una denuncia per condotta antisindacale».

Gli avvocati: “Un provvedimento esagerato per quei lavoratori. Chiediamo una sanzione più lieve” In corsia II reparto di un ospedale. Al Maggiore due infermieri e un operatore sanitario sono finiti nei guai: dormivano al lavoro.

Redazione Nurse Times

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