L’intervista a Danilo Massai, presidente dell’ OPI di Firenze – Pistoia

Come è stata gestita l’emergenza Covid-19 regione per regione? Quali sono state le difficoltà incontrate? Quali le prossime mosse? Nurse Times intervisterà i presidenti OPI per chiederlo a loro. Segue l’intervista a Danilo Massai, presidente dell’ OPI di Firenze – Pistoia.

Quale è stato il problema più grande riscontrato nell’ambito della gestione dell’emergenza da parte di OPI Firenze – Pistoia?

Come un po’ in tutta Italia, nelle province di Firenze e Pistoia l’emergenza era stata inizialmente sottovalutata. I problemi più grandi che ne sono derivati sono tre. Il primo, la difficoltà a reperire i dispositivi di protezione individuale. Poi la logistica: l’organizzazione degli spazi dedicati agli infetti. Il terzo problema ha riguardato, invece, il personale che, nonostante le massive assunzioni fatte in velocità, non avevano competenze specifiche per assistere situazioni particolari.

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Come vi siete regolati con il problema dell’insufficienza di dispositivi di protezione individuali?

La Toscana si è attivata subito, ci si è organizzati per la costruzione di mascherine che ovviamente, però, non erano certificate. Gli ordini sembra abbiano tanta autorevolezza nell’interfaccia politica, ma nella pratica è diverso.

Come sta funzionando la formazione degli infermieri per prepararli in maniera rapida a gestire la situazione epidemica?

La formazione per l’emergenza è stata organizzata velocemente: incontri online, video, letture. Un sistema di formazione che è, per la verità, molto precario. Non avevamo portali preparati.

In generale, se si parla di formazione, quello che manca oggi è un vero formatore propriamente qualificato in ogni dipartimento che sia pronto a preparare gli infermieri.

L’esperienza di questi drammatici giorni vi ha suggerito di dover richiedere al governo qualcosa?

Sicuramente questa esperienza ci ha insegnato molto. La prima richiesta sul cambiamento da attuare riguarda le università: queste devono necessariamente rivedere i piani di studio e, soprattutto, devono creare delle zone tirocinio che siano delle vere palestre per il mestiere. Con l’Università di Firenze già ci stiamo volgendo in questa direzione.

Per quanto riguarda la Regione, sicuramente vorremmo riattivati quegli organismi regionali di confronto su strategia e programmazione dei servizi nella sfera sanitaria. Sia negli ospedali, sia sul territorio, sia nelle RSA (Residenze sanitarie assistenziali).

Per quel che riguarda le RSA in particolare, noi abbiamo fatto una richiesta ben precisa: vogliamo che siano prevalentemente a gestione pubblica. Questa emergenza ha visto gli anziani trascurati. Quello che penso è che si può far gestire a privati la logistica o i servizi, ma il personale professionista che opera in ambito sanitario non deve rientrare nell’appalto di gara. Purtroppo, contratti e appalti a ribasso in queste strutture portano a organici limitati e instabili. Sarebbe necessario avere coordinamenti infermieristici obbligatori. Non sappiamo se ce la faremo, però questa è la nostra richiesta.

La Toscana oggi è in sospensione di elezioni, quindi la discussione politica è più complicata, però non ci fermiamo.

Questa emergenza ci lascia come eredità la necessità di rivedere ruoli e servizi (penso, ad esempio all’importanza dell’infermiere di famiglia).

Gli infermieri sono essenziali, lo si deve capire: non sono meri esecutori della terapia medica.

Ci sono stati dei problemi, invece, nel reclutamento del personale per gestire l’emergenza?

Molti giovani hanno risposto alla chiamata, alcuni provenienti dalla graduatoria di febbraio, altri sono venuti da diverse regioni. Altri ancora dalle RSA (che di contro si sono svuotate… Un problema che cerchiamo di far comprendere ai politici).

La zona di Firenze, che è zona turistica, ha visto una partecipazione molto bella dei cittadini che hanno dato la concessione gratuita, agli infermieri che provenivano da altre zone d’Italia, di locali altrimenti usati come alloggi turistici. Poi siamo riusciti a convincere la Regione ad aiutare e, tramite aziende, si sono resi disponibili gli alberghi sanitari. Devo dire che la regione Toscana è stata la prima a fornire gli alloggi agli infermieri.

In termini sociali cosa lei spera che cambi dopo questa emergenza?

I cittadini devono delegare meno. I cittadini devono essere più partecipi, più responsabili. Le Regioni che hanno delegato tutto agli ospedali sono quelle che hanno avuto più morti.

Inoltre, le organizzazioni in sanità devono ritirarsi. Io sono contro le aziende con un direttore generale che si assume la responsabilità di ogni decisione. A questo preferisco i consigli di amministrazione in cui ci sia un dirigente in strategia che sia infermieristico. Più pubblico, più gestione, meno delega e meno cooperativismo nell’assistenza sanitaria e socio sanitaria.

Le professioni mediche e infermieristiche si devono chiedere quali competenze sono basilari e quali comuni e bisogna smetterla di combattere, ma lavorare insieme per velocizzare e assistere.

Infine io vorrei dire basta al precariato in sanità! Non funziona. Gli infermieri sono un capitale che va curato e non va messo in difficoltà.

Che previsioni ha per la “fase due”?

Io sono molto preoccupato. Temo che dopo mesi di attenzione, non si rispettino più le regole. Quindi educhiamo, vigiliamo! Il personale sanitario è allo stremo e non è pronto a reggere una seconda ondata epidemica.

Certo, la società deve andare avanti ma con educazione, con regole ben chiare. Bisogna riprendere a discutere, a scambiare idee, a smettere le polemiche e aggregarsi in una Italia che ha bisogno adesso di tutte le buone energie di pensiero e di manodopera per tirare su nuovi livelli di benessere.

Cristiana Toscano

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