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Operato al femore sbagliato: equipe operatoria sospesa. Considerazioni dell’Infermiere forense.

L’infermiere forense esamina per NurseTimes il clamoroso caso di errore accaduto in una sala operatoria nel napoletano, un impatto mediatico negativo per tutta la sanità…Come evitare certi errori?

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Il signor Tomaso Stara, 86 anni, è stato per due volte operato, nel giro di poche ore, in un ospedale napoletano.

La prima volta ha ricevuto una anestesia, ed un intervento chirurgico, in maniera del tutto superflua ed inutile, perché finalizzate all’intervento chirurgico sul femore….sano.

Il signor Tomaso infatti, caduto in casa, doveva essere operato al femore fratturato ma, in sala operatoria, sono arrivati alla conclusione che la gamba rotta era… quella sana.

Poche ore dopo le figlie hanno notato (così apprendiamo dalla stampa) la medicazione chirurgica sulla gamba…sbagliata e così il loro papà è stato riportato in sala operatoria, e ri-sottoposto ad identica procedura.

Inevitabile a questo punto le accuse, e saranno  perciò i periti a stabilire il nesso di causa fra la doppia anestesia, il doppio atto operatorio, ed il successivo decesso.

Sette professionisti sanitari (tre Medici, un Tecnico sanitario di radiologia, tre Infermieri) in servizio durante le fasi dell’intervento ”sbagliato” sono stati sospesi dal loro lavoro.

Senza assolutamente entrare nel merito, qui sono state – ed è evidente- violate le precise indicazioni delle Raccomandazioni ministeriali dedicate alla gestione dell’operando.

Problema universale, il famoso ”errore di lato” era già molto noto e affrontato negli anni sessanta del XX secolo, con la applicazione di un segno (una ”X”) che veniva apposta, con tintura di iodio, sul lato da operare.

Ce lo raccontò pochi anni fa un anziano Infermiere spezzino, Albertino T.,  quando il Collegio IPASVI, frugando nella banca dati, cercò i più antichi iscritti per premiarli, e per far emergere storie di antiche procedure che si rivelarono spesso (come in questo caso) attente, e certamente preziose.

Oggi in USA il chirurgo, quando il malato è ancora sveglio, FIRMA sulla pelle, proprio sulla cute del lato da operare…l’obiettivo è abbattere il pericoloso ”errore di lato” (per le linee guida internazionali: wrong site surgery).

Se il malato è incosciente, la procedura avviene con una sorta di ”tutore legale” dell’operando, anche un congiunto, presente in pre sala operatoria.

Ciò prevede, però  che il chirurgo sia in sala piuttosto prima dell’atto operatorio, visto che la ”signature” precede la anestesia (qualunque sia la forma prevista di anestesia..)…

Possiamo dire che nel caso campano le violazioni delle Raccomandazioni ministeriali (per l’esattezza la numero 3, apparsa nel 2007 e rivista nel marzo 2008) hanno riportato l’attenzione sulla reale considerazione delle stesse, da parte dei professionisti sanitari che compongono le equipe.

Purtroppo lavorare, fare, agire, comporta in ogni opera umana un margine di rischio, più o meno grande, di errore.

E’ logico che lo stupore e la indignazione (anche legittima) da parte dell’opinione pubblica in questi casi superino – se la lettura avviene solo ”di pancia” – il ragionamento analitico.

Dato per scontato che queste cose semplicemente NON si devono verificare, per quale motivo si instaurano processi che portano a un errore così clamoroso?

Da fuori è difficile, impossibile (e sarebbe anche presuntuoso e ingiusto) capire cosa è accaduto , ma di certo i controlli sul lato da operare (cosa prevista dalle Raccomandazioni citate) NON sono avvenuti.

A ciò si possono aggiungere molti altri fattori sovrapponibili, che vanno dalla organizzazione del luogo di lavoro, alla comunicazione interna ed esterna al teatro operatorio; sono certamente fattori decisivi i “numeri” dei professionisti in servizio e la loro competenza, la loro motivazione; la presenza di condizioni di demotivazione e/o di burn out; ma in chi scrive resta forte un ricordo, e l’impressione conseguente, avuta un paio di anni fa, quando, commissario in una sessione di tesi di un master in Infermieristica legale e forense, una collega produsse una statistica.

Dai dati raccolti nella tesi della candidata, dedicata all’attenzione che le equipe riservavano alle Raccomandazioni del ministero in materia di rischio clinico, risultava che, in diverse ASL italiane, quelle dedicate alla prevenzione di questo genere di errori non erano mai applicate nel 100% dei casi.

Quindi diciamo che purtroppo, finchè alla sicurezza saranno anteposti altri valori, certamente importanti ma che dovrebbero arrivare sempre DOPO, come lo smaltimento delle liste di attesa intraoperatoria; il bisogno di inserire l’urgenza nell’elenco degli interventi programmati; la (falsa) sicurezza assicurata dall’abitudine e dalla confidenza in attività ormai routinarie ebbene, di questi errori dovremo ancora sentir parlare.

Naturalmente, io mi auguro di sbagliare completamente la previsione, ma non credo di dire nulla di sconvolgente…e lo affermo pensando ai miei otto anni di attività quale Infermiere di anestesia, consapevole che nelle sale operatorie molti sono i fattori che possono produrre cali di sicurezza, anche in modo non voluto dai componenti l’equipe.

Per concludere, notizie come questa rendono ancora meno credibile la qualità del nostro SSN, e questo danneggia tutti coloro che vi operano, inclusi quelli che fanno del loro meglio per essere sempre professionali, professionisti, attenti gestori delle linee guida sulla sicurezza: che, grazie a Dio, rappresentano certamente la maggioranza.

Francesco Falli

Infermiere legale e forense

Presidente IPASVI, La Spezia

Giuseppe Papagni

Nato a Bisceglie, nella sesta provincia pugliese, infermiere dal 94, fondatore del gruppo Facebook "infermiere professionista della salute", impegnato nella rappresentanza professionale, la sua passione per l'infermieristica vede la sua massima espressione nella realizzazione del progetto NurseTimes...

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