Campania

Nursing Up, De Palma: «La Regione Campania attiva la mobilità e accetta personale da tutto il territorio nazionale, in particolare per le esigenze della Asl Napoli 1»

«Un esempio da seguire, da nord a sud»


«Come sindacato abbiamo già consegnato la nostra proposta nelle mani dell’Aran: urge una nuova norma finalizzata a porre le basi per una differente regolamentazione per il rilascio dei nulla osta in uscita, che allo stato attuale sono una esclusiva prerogativa delle aziende sanitarie».

ROMA 2 OTT 2021 – «Apprendiamo in queste ore la notizia che una delle tante Regioni italiane “ingabbiate” da tempo nella cronica carenza di personale sanitario, la Campania, seconda solo alla Lombardia per mancanza di infermieri, e in particolare si fa riferimento al caso della Asl Napoli 1, si trova “costretta” oggi a cercare infermieri fuori dal territorio regionale. 


Un provvedimento indispensabile, finalizzato a coprire le pesanti lacune di uomini e donne da inserire negli ospedali di un territorio che paga, da tempo immemore, una condizione di austerity che non solo ha ridotto il personale nelle corsie, ma di fatto ha inferto un duro colpo alla qualità delle prestazioni destinate ai cittadini. 

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Tutto questo accade, nonostante la presenza di migliaia di valenti professionisti che in Campania hanno le qualità per fare la differenza, che possiedono le competenze, l’esperienza e l’umanità per dare valore aggiunto e qualità al servizio sanitario.


La ricerca, oggi, all’interno dell’Asl Napoli 1, di personale sanitario, attraverso un avviso di mobilità per 40 nuovi infermieri, da reperire con urgenza, gioco forza, con una ricerca estesa a tutto il territorio nazionale, apre la strada ad una doverosa serie di riflessioni». Così Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up.


«Tante aziende sanitarie italiane, da Nord a Sud, continuano a cadere nell’errore di non permettere i trasferimenti del proprio personale, dal momento che quello che hanno, preferiscono tenerselo stretto, ponendo di fatto un veto alle numerose richieste di mobilità che tanti padri e madri, loro dipendenti, inviano ogni giorno. Con la conseguenza di mettere nelle condizioni, queste persone, di continuare a lavorare lontano dai loro affetti. Ma soprattutto si tratta di professionisti che il più delle volte sono costrette a pagare doppi affitti, doppie bollette, avendo la necessità di doversi mantenere lontano da casa e, contemporaneamente, di dare sostegno alle famiglie lontane.


Ciò che le aziende sanitarie non arrivano a comprendere è che, senza uno sblocco generalizzato della mobilità, legato ad una nuova e concreta regolamentazione, le realtà ospedaliere stesse si privano di enormi possibilità di crescita.
Si, perché alla fine sono proprio gli uomini e le donne che lavorano nelle corsie, che difendono ogni giorno la salute dei cittadini, a fare la differenza. Sblocco della mobilità significa favorire la permeabilità del personale sanitario. Significa permettere l’attivazione di un sano flusso di dipendenti, sia in entrata che in uscita, che potremmo definire non a torto “virtuoso”.


Mi chiedo quanti infermieri, continua De Palma, tra questi 40 che la Asl Napoli 1 ha richiesto, potranno finalmente portare in Campania il loro bagaglio di esperienza, il loro background. E così potrebbe di fatto accadere anche in altri territori.


Le aziende sanitarie che non attivano procedure generalizzate di mobilità si privano della possibilità di usufruire di quel “now how” che un infermiere, solo per citare una delle tante professionalità interessate, acquisisce attraverso le diverse realtà con cui entra a confronto nella propria carriera. Per poi mettere a disposizione delle nuove strutture dove approda, ciò che ha appreso da dove proviene, oltre a mettere in campo le conoscenze e le abilità che esprimono il suo solido percorso di studi.


Bene, quindi, ha fatto, a nostro avviso, la Regione Campania, ad attivare le mobilità: e non c’è dubbio che tutte le Regioni dovrebbero fare lo stesso.


Il nostro sindacato, da parte sua, a livello nazionale, sta conducendo una serrata campagna e sta esercitando una forte pressione, portando avanti una propria concreta proposta nell’ambito dell’attuale percorso di rinnovo contrattuale del comparto della sanità. A tal riguardo abbiamo proposto all’ARAN, come integrazione contrattuale, una nuova norma che consenta di sbloccare finalmente le mobilità degli operatori sanitari, oggi nelle mani, esclusivamente, delle aziende sanitarie. 


Occorre una nuova regolamentazione per il rilascio dei nulla osta in uscita: migliaia di infermieri, in tal modo, potrebbero essere trasferiti dove chiedono da tempo di andare, e questo si potrebbe fare salvaguardando, ovviamente, le esigenze delle aziende sanitarie.


Ne gioverebbero Regioni come Campania, Piemonte, Lombardia, alle prese sia con carenze croniche di personale, ma anche con le richieste di trasferimento avanzate da parte di centinaia di operatori sanitari che vorrebbero riavvicinarsi a casa. 


La nostra proposta prevede quindi una integrazione del vigente contratto nazionale, finalizzata a porre le basi di una nuova regolamentazione per il rilascio dei nulla osta in uscita, perché migliaia di infermieri sarebbero pronti al trasferimento, se solo le aziende lo consentissero, con tutti i vantaggi che ne conseguono.


Inoltre, una norma tanto innovativa permetterebbe di sanare l’enorme sperequazione al momento esistente tra i dipendenti sanitari, che senza nulla osta delle loro aziende non possono di fatto ottenere i trasferimenti desiderati, e i dipendenti delle amministrazioni centrali, cioè quelli che oggi possono spostarsi senza il previo nulla osta dell’azienda di riferimento.


Un trattamento differenziato tra le due categorie che si rivela estremamente iniquo.


Insomma, dando seguito alla nostra proposta contrattuale si creerebbe una regolamentazione che consenta, finalmente, lo sblocco della mobilità degli infermieri e degli altri operatori sanitari. E tutto questo gioverebbe sensibilmente alla qualità dei servizi ed a quella delle attività sanitarie in favore dei cittadini», conclude De Palma.

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