Si tratta di un documento importante perché sistematizza la gestione di una patologia di larghissima prevalenza, che riguarda circa l’1% della popolazione generale con una prevalenza che aumenta esponenzialmente con l’età e ha un forte impatto prognostico dato che rappresenta la prima causa di ictus e ha un ruolo importante in molti casi di demenza senile.
In prima battuta le Linee Guida in oggetto suggeriscono la necessità di promuovere qualsiasi forma di screening che permetta di identificare i casi di fibrillazione atriale asintomatici, che sfuggono alla diagnosi e espongono i pazienti ad un alto rischio di eventi, perché non trattati. Tale ricerca è una raccomandazione di classe IA.
Tra i predittori di FA meritano attenzione i pazienti portatori di device con registrazione di fasi tachicardia atriale ad alta FC (AHRE – atrial high-rate episodes), in genere della durata di almeno 5-6 minuti e con FC elevate. Per verificare se la terapia anticoagulante con NAO sia in grado di ridurre il rischio embolico in queste situazioni ci sono studi in corso.
della “FA permanente”.
Per quanto riguarda la scelta della terapia antitrombotica la querelle riguarda i pazienti con CHADSVASc 1 (o 2 se di sesso femminile) che le Linee Guida ESC declassano a raccomandazione di classe IIa come avevano già fatto le Linee Guida AIAC. Si conferma la non indicazione alla terapia antitrombotica (classe III) per tutti i pazienti con CHADSVASc 0 (o 1 se di sesso femminile). La scelta di scoagulare un paziente va fatta in base al rischio embolico, espresso dal CHADSVASc >2, e non sulla base del rischio emorragico espresso dall’HASBLED. Gli score di rischio emorragico servono soprattutto per identificare i fattori di rischio emorragico che vanno corretti.
A questo proposito le Linee Guida classificano i fattori di rischio emorragico in:
Per i pazienti naive
le Linee Guida confermano che si deve preferibilmente iniziare il trattamento con un NAO (raccomandazione IA) anche in considerazione dell’elevato rischio di eventi che si verificano col warfarin nelle prime settimane, cioè nella fase di messa a punto della terapia.Per i pazienti in warfarin e che presentano un TTR (time in therapeutic range) adeguato le Linee Guida consigliano di proseguire la terapia col warfarin (raccomandazione IA).
Per il resto le Linee Guida confermano l’opportunità di non associare l’aspirina o altro antiaggregante se non si è verificata una sindrome coronarica acuta nell’ultimo anno e sottolineano che non c’è indicazione a tale associazione neanche se si verifica uno stroke ischemico mentre il paziente assumeva una terapia anticoagulante.
Nel caso venga effettuato un intervento di esclusione chirurgica o percutanea dell’auricola sinistra rimane l’indicazione ad effettuare la terapia anticoagulante, se indicata sulla base del CHADSVASc, salvo i casi in cui il rischio emorragico è molto elevato.
In presenza di uno stroke ischemico la terapia anticoagulante non va mai iniziata immediatamente, ma può essere iniziata dopo 3 giorni, se il rischio di trasformazione emorragica è basso (giovani, stroke di piccole dimensioni, controllo pressorio buono, condizioni emodinamiche stabili, basso NIHSS), mentre va procrastinata di 6-12 giorni in tutti gli altri casi.
Nei pazienti in trattamento anticoagulante orale che sono colpiti da uno stroke ischemico di grandi dimensioni, quindi ad elevato rischio di trasformazione emorragica, la terapia anticoagulante va sospesa per 3-12 giorni.
La trombolisi è controindicata in presenza di INR > 1.7 se il paziente assumeva warfarin.
Nel caso di emorragie acute life-threatening le Linee Guida confermano l’algoritmo già proposto in passato dalle Linee Guida EHRA, tenendo conto che per il dabigatran ora è disponibile l’antidoto, l’idracizumab, mentre per gli altri NAO l’antidoto anti-X, malgrado abbia già documentato la sua efficacia, non è ancora stato approvato.
CALABRESE Michele
Fonte:
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