Di fatto, ebbene specificare, i suoi genitori sono un uomo e una donna, il terzo “familiare” (la benefattrice) risulta essere la donna che ha donato la parte del DNA mitocondriale sano alla madre portatrice di una grave patologia genetica e che ha permesso la finalizzazione del processo di fecondazione assistita.
Invero dalla necessità di evitare che il prodotto del concepimento avesse una malattia genetica già nota nell’anamnesi della madre che ne avrebbe compromesso la sopravvivenza.
Il bambino ha il Dna del padre, quello della madre, mentre appartiene ad una donatrice il Dna esterno al nucleo, contenuto nelle strutture delle cellule chiamate mitocondri (Dna mitocondriale).
La necessità era nata dopo il decesso di due figli dei genitori richiedenti affetti da sindrome di Leigh, una malattia caratterizzata da Encefalomiopatia necrosante infantile subacuta e della quale era portatrice la madre.
La prevalenza della malattia è 1-9 / 100 000 e la trasmissione è Autosomica recessiva legata al Cromosoma X o per Trasmissione mitocondriale. La prognosi della malattia non è buona e l’aspettativa di vita è ridotta a pochi anni nella maggior parte dei casi.
L’intervento è stato eseguito in Messico dopo diverse visite e accertamenti eseguiti in Gran Bretagna e Stati Uniti: oggi il bimbo ha 5 mesi.
CALABRESE Michele
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