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Medici ucraini in italia, Fnomceo: “Segno importante di civiltà”

Il presidente Anelli benedice il provvedimento del Governo: “Aiuteranno a curare meglio i profughi che non parlano la nostra lingua”.

“Medici ucraini in corsia e negli studi: un provvedimento di forte significato simbolico, segno importante di civiltà. Aiuteranno a curare meglio i profughi che non parlano la nostra lingua”. Così Filippo Anelli (foto), presidente della Fnomceo, commenta l’entrata in vigore del decreto “Misure urgenti per contrastare gli effetti economici e umanitari della crisi ucraina”, che permette tra l’altro ai professionisti sanitari residenti in Ucraina prima dell’inizio del conflitto di esercitare in Italia in via temporanea, sino al 4 marzo 2023. Una posizione, quella della Federazione nazionale degli Ordini dei medici, analoga a quella espressa dalla Fnopi (Federazione nazionale degli Ordini delle professioni infermieristiche).

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“Siamo grati al Governo per aver previsto, proprio per il rispetto che si deve alla dignità umana, la possibilità anche per i professionisti sanitari che arrivano in Italia di poter svolgere qui la loro attività – sottolinea Anelli -. Questo ci può essere utile nei confronti dei profughi ucraini che non parlano la nostra lingua e che potranno essere anche visitati o curati dai loro medici, qualora ne arrivassero. Ringrazio tutti i colleghi italiani che si sono messi a disposizione. Sono veramente tanti, in tutto il Paese, i professionisti che hanno dato la loro disponibilità a seguire e a curare i profughi provenienti dall’Ucraina, anche sotto l’aspetto dell’accoglienza”.

Da Anelli un ringraziamento anche a tutti i presidenti degli Ordini: “Hanno consentito operazioni di grande umanità nei confronti dei profughi, che portano su di loro i segni atroci della guerra. Anche a Roma, al Bambino Gesù, sono arrivati bambini con addosso gli effetti devastanti delle bombe, i segni delle piaghe di una guerra che non guarda in faccia a nessuno. E sotto questo aspetto c’è anche la piena solidarietà nei confronti dei colleghi ucraini che sono rimasti a lavorare in quel Paese tormentato dalla guerra. Lì prestano la loro opera professionale nei confronti di tutti di tutti coloro che sono feriti, ucraini e anche russi, perché la professione non guarda in faccia a nessuno e cura tutti, senza discriminazione alcuna”.

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