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Mangiacavalli da Vespa: nuovo ‘flop’ a difesa della professione infermieristica

Di scena ieri sera la puntata di “Porta a Porta”, con la presidente della Federazione IPASVI Barbara Mangiacavalli in collegamento da Milano per approfondire il caso dell’infermiera di Piombino, accusata di aver ucciso con dosi massicce di eparina ben 13 pazienti.

La strategia difensiva (se c’è stata) della presidente a favore della nostra professione non ha avuto successo e a tratti è stata decisamente…imbarazzante. Anche se, è giusto ricordarlo, difendere la professione quando si verificano questi casi-limite è molto complicato.

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‘Mangia-cavalli’… nome rassicurante, che potrebbe anche incutere timore. E forse anche per questo, noi infermieri italiani siamo oggi mesti e delusi dalle performances in diretta TV della presidente della Federazione IPASVI. Ci aspettavamo sicuramente qualche cosa di diverso. Altro che ‘divoratrice di equini’… ciò che ci è apparso ieri sera a Porta a Porta, per la seconda volta in pochi giorni, è stato un linciaggio mediatico che ha deluso le aspettative di molti colleghi. Stavolta punta a morte da una fastidiosissima ‘Vespa’, dopo che Tiziana Panella di La7 l’aveva quasi ridicolizzata durante la trasmissione Tagadà. Altro che ‘Mangia-cavalli’…

La questione affrontata in studio ieri sera è a dir poco scabrosa, per noi infermieri. Un’altra assassina (sempre che la magistratura confermi le accuse), stavolta a Piombino. Stavolta in rianimazione. Un’assassina armata di eparina, somministrata in dosi da ‘cavallo’ a 13 persone e decedute per emorragie importanti. Una brutta storia.

Proponiamo alcuni passaggi di Vespa: “Signora Mangiacavalli, lei rappresenta le infermiere professionali, e si sa quanto siano così determinanti e quasi sempre quanto siano anche preparate. Come è potuto accadere?”

E già il quesito di Vespa denota la diffusa ignoranza che riguarda la nostra professione. Cosa a cui purtroppo siamo oramai assuefatti. Grazie per quel ‘determinanti’ e per quel ‘quasi sempre preparate’ Bruno, ma…ogni volta che sento quel ‘professionale’ e quel riferirsi agli infermieri col femminile, quasi fossimo tutti delle sexy crocerossine illuminate da Dio e con la ‘missione’ di aiutare il prossimo, affiora in me un sentimento di repulsione e di sconforto.

Mangiacavalli: “Mah…intanto come è potuto accadere questo lo appurerà la magistratura, lo appurerà immagino l’indagine interna che l’azienda avrà attivato o attiverà, insomma. Perché ci sono anche contesti organizzativi, in genere soprattutto quelli delle terapie intensive molto articolati e molto particolari. Nel ruolo che ricopro come presidente della federazione degli infermieri mi sento di fare alcune considerazioni: intanto pretendo di dover dire che questi sono casi isolati. Perché 430.000 infermieri abilitati all’esercizio della professione, questi casi sono da ascrivere assolutamente nei casi isolati….”

Vespa la interrompe: “Signora, se permette questo non ci aiuta però, eh. Perché dire ‘sono casi isolati’ è come dire va beh, non fa notizia visto che tutti gli altri si comportano bene, 13 morti sono 13 morti, eh”.

Per carità, il caso di cui si parla è molto delicato e difendere la categoria in un contesto del genere è un’impresa ardua, forse sarebbe stato opportuno prima di tutto condannare decisamente con forza questo tipo di fenomeni e proporre un sistema di ‘Alert’ per evitare che episodi simili si ripetano.

Ma la presidente ci ha messo decisamente del suo per servire su un piatto d’argento al giornalista…l’attacco. Si, va beh, la magistratura, le indagini interne, le migliaia di bravi infermieri che svolgono quotidianamente il proprio lavoro.

Ma la ferma presa di posizione contro una potenziale feroce assassina? Non era meglio metterlo in chiaro e con fermezza sin da subito?

Un attacco diretto a chi dovrebbe vigilare sulle proprie equipe per cogliere eventuali segnali inquietanti di instabilità? E a chi si è accorto solo dopo una decina di morti sospette che qualcosa non andava? Non sarebbero stati meglio? E non avrebbero difeso meglio la categoria, se questo era l’intento?

Certo, cara presidente, che sono casi isolati…

Mangiacavalli: “Premesso che dal momento in cui verranno accertati i fatti questi accadimenti sono assolutamente da sanzionare e l’ordine professionale ha proprio la funzione tra l’altro di attivare un procedimento disciplinare nel momento in cui ci saranno elementi oggettivi che è finalizzato anche alla verifica del mancato rispetto non solo di norme giuridiche ma anche di norme deontologiche”.

Vespa: ”Io spero che la signora se sarà trovata colpevole non avrà il tempo di subire un provvedimento disciplinare perché subirà ben di peggio, insomma. Comunque certo, voi fate la vostra parte”.

Cara presidente dott.ssa Mangiacavalli… certo che ci saranno provvedimenti disciplinari del Collegio.

Ma pensi che servirà a lenire il dolore dei familiari? Pensi che quell’assassina ne sia preoccupata visto quello che sta per passare? E pensi che gli spettatori di Porta a Porta muoiano dalla voglia di sapere quali sanzioni sta elaborando l’Ordine?

È chiaro e non c’è bisogno di specificare che quell’infermiera, se verranno dimostrate le accuse che le sono state mosse, non si avvicinerà mai più ad un paziente in vita sua. Se mai uscirà di galera. Ipasvi o non Ipasvi.

Mangiacavalli: “Quello che voglio dire è che dobbiamo tener conto di alcuni contesti e della caratterizzazione che connota l’attività infermieristica. Gli infermieri sono vicini ai pazienti 24 ore su 24, 365 giorni all’anno, esercitano un’attività che è delicata perché il contatto continuo col paziente e quindi con situazione di patologia e di instabilità clinica, all’interno di equipe composte da medici, infermieri ed altri professionisti però è la figura professionale più vicina a questo tipo di pazienti e a questo tipo di situazioni. Quindi deve avere oltre a una preparazione di tipo tecnico-professionale anche una preparazione relazionale e comunicativa. Ci possono essere situazioni particolari di stress o di burnout, ripeto non sto giustificando il comportamento però bisognerebbe forse provare a fare una lettura anche un pochino più ampia di quello che è oggi il sistema sanitario nazionale, di quella che è come dire, la complessità che viene gestita…”

Vespa la ferma: ”Signora posso chiedere quale lettura più ampia e quale complessità possono giustificare, se ha ragione l’accusa, 13 omicidi?”

Mangiacavalli: “Allora…ho detto in premessa che quanto accaduto se è confermato dalla magistratura non ha giustificazione. Tanto è vero…”

Vespa la stoppa di nuovo: “Però lei ci dice dobbiamo allargare, lo stress, la complessità, qua non si tratta di una persona sotto stress che ha sbagliato una dose… quante volte è successo che un’infermiera si sbagli e ammazzi un paziente. Capita a tutti di sbagliare, purtroppo gli errori fatti da medici e infermieri spesso sono fatali, qui signora parliamo di 13 omicidi… cioè 13 volte sotto stress è stata la signora, l’infermiera? Boh… Non lo so”.

Per una cosa così grave forse non è il caso di parlare di Burnout, di lavoro usurante, di situazioni complesse e quant’altro, cara presidente…tutto quello per cui ci siamo battuti fin’adesso, tutta la credibilità che stiamo cercando di ottenere da diversi anni a questa parte, sputando anche sangue, agli occhi dei cittadini ha vacillato parecchio ieri sera.

Comunque… dopo quel ‘non lo so’ di Vespa, la Mangiacavalli ha avuto come un sussulto. Un impeto d’orgoglio, finalmente: “A parte che lo stress non ha un esordio acuto e non si manifesta per 13 volte…”

Ho pensato ‘ecco, ora si rinsavirà, si alzerà in piedi, sventolerà con forza il nostro vessillo professionale e troverà finalmente il modo di azzittire Vespone, focalizzando magari l’attenzione su concetti un po’ più credibili e lasciandosi alle spalle la sua evidente e impacciata timidezza… Vai, Barbara!’

Ha così continuato: “Allora, ci possono essere situazioni assistenziali molto particolari che se non intercettate prima con sistemi e meccanismi di alert presenti comunque nelle strutture sanitarie, con i meccanismi di gestione del rischio clinico, coi meccanismi di gestione di procedure di sicurezza, sui pazienti e sull’organizzazione. Quando vengono meno questi alert e questi meccanismi ci possono essere situazioni che possono generare in personalità particolarmente fragili reazioni e comportamenti di questo tipo. Occorre tener conto che non è la modalità comune degli infermieri…”

Si sente in sottofondo un ironico commento della criminologa Dott.ssa Bruzzone, ospite in studio: “e ci mancherebbe altro… ci saremmo già estinti”.

E Vespa sbotta con un definitivo, solenne e per noi catastrofico: “Questo lo diamo per scontato. Non mi pare signora, se posso permettermi, che lei stia aiutando la categoria in questo modo…”.

E a questo punto, la disfatta è stata completata.

Niente da fare, quindi. Ero fiducioso per quello che poteva sembrare un colpo di coda della Mangiacavalli. Ma che in realtà è risultato essere un altro triste e tenero spettacolo, come quello di una vecchietta senza neanche un dente che cerca di sgranocchiare una pannocchia. Ma al peggio non c’è mai fine… Mi sentivo oramai professionalmente a terra, come un pugile suonato, pieno di botte, che forse ha anche la forza di rialzarsi ma che ha paura di farlo in quanto l’avversario è palesemente più forte. Speravo semplicemente che fosse finita. Ma il giornalista ha iniziato a parlare del caso dell’infermiera killer di Lugo, quella pazza che si faceva i selfie coi cadaveri dei pazienti. E ho capito che il supplizio, per noi infermieri, non era ancora terminato.

Vespa: “Signora Mangiacavalli, immagino che nel vostro ambiente vi siate posti il problema di come mai delle vostre colleghe siano arrivate fino a questo punto. Posso chiederle che risposta si è data?”

Mangiacavalli: “Mah, guardi, intanto però bisogna distinguere. Questi sono casi patologici, cioè non è la normalità. Sono persone che di suo hanno comunque una personalità…”.

E Vespa, sorridendo, dà finalmente il suo tanto sospirato colpo di grazia. Come il matador, che al termine di un lungo e cruento spettacolo si impietosisce e pone fine alle sofferenze del povero animale che non ha più alcuna possibilità di reagire: “Signora, se fosse la normalità saremmo oltre il regime nazista…”

Ho preso il telecomando con l’intento di spegnere la TV e di alzarmi per preparare una bella camomilla (doppia),ma non ho fatto in tempo. La presidente, non ancora sazia, ha perseverato: “sono professionisti che tra l’altro non rivestono neanche più tale ruolo e sono anche stati radiati dall’albo professionale…”

Il sarcastico commento in sottofondo della Bruzzone, un emblematico “E vedi un po’!”, è l’ultima cosa che ricordo. Dopodiché ho spento e devo dire che il nero dello schermo, accompagnato da un sublime silenzio, sono stati un vero sollievo. Quella camomilla, però, decisamente amara…

Stamattina, Barbara Mangiacavalli è stata ospite anche ad Uno Mattina. Ma perdonatemi…a causa dell’orgoglio di infermiere professionista che nonostante tutto ancora mi si insinua, mi borbotta e mi si ripropone tra le viscere ad ogni insulto professionale… stavolta non ce l’ho fatta proprio a guardare.

Alessio Biondino

Redazione Nurse Times

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