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Malattie cardiovascolari prima causa di morte in Italia: causano il 34% dei decessi

L’impatto del Covid-19 ha ulteriormente peggiorato la situazione, già difficile per via dei problemi inerenti prevenzione, accesso alle cure e aderenza al trattamento.

Il cuore degli italiani è sempre più a rischio: le malattie cardiovascolari restano ancora la prima causa di morte in Italia, causando il 34,8% di tutti i decessi (31,7% negli uomini e 37,7% nelle donne). Nonostante ciò, prevenzione, accesso alle cure e aderenza al trattamento rimangono disattesi e l’impatto del Covid-19 ha ulteriormente peggiorato lo stato dell’arte.

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In occasione della Giornata mondiale del Cuore 2021, celebrata il 29 settembre, è stata realizzata una nuova ricerca basata sui dati di Real World (RWD) per analizzare le criticità emerse e una survey condotta su un panel di cardiologi, internisti, diabetologi e medici di medicina generale. Dopo aver registrato il senso di isolamento e le paure di pazienti e caregiver durante il primo lockdown (“Il cuore batte nel web”: studio sulle discussioni di pazienti e caregiver sul web durante i mesi del lockdown), Sanofi rinnova il proprio impegno nell’ascolto delle esigenze in ambito cardiovascolare proseguendo quest’anno con un’analisi puntuale dell’impatto del Covid-19 su nuove diagnosi, gestione e terapie con l’obiettivo di identificare le strategie ottimali per garantire prevenzione, accesso e continuità di cura.

“Il messaggio che lanciamo quest’anno in occasione della Giornata mondiale – ha evidenziato Emanuela Folco, presidente Fondazione Italiana per il Cuoreribadisce l’importanza di sensibilizzare il cittadino e il paziente a prendere a cuore la propria salute cardiovascolare e a contribuirvi in modo attivo. Da qui il senso della campagna ‘Usa il Cuore per restare connesso con il tuo Cuore’, un invito a fare scelte di vita salutari, a tenere monitorati i propri valori e a mantenere costante la relazione con il proprio medico. Questa ulteriore indagine ci permette di ribadire l’esigenza di trovare nuovi modelli di presa in carico affinchè, anche in situazioni di emergenza come quella che abbiamo vissuto, ciascun paziente possa conservare un rapporto continuativo di dialogo e di fiducia con il proprio medico, anche e soprattutto da remoto”.

Lo studio RWD si è focalizzato sui pazienti affetti da dislipidemia (in particolare, ipercolesterolemia) e malattie ischemiche del cuore (quali malattie coronariche aterosclerotiche) – due patologie ad alta prevalenza che colpiscono rispettivamente 8,8M e 2,3M di pazienti in Italia -, confrontando il periodo post-pandemia (febbraio 2020-giugno 2021) con il trend storico del 2019. Dopo la drammatica contrazione registrata durante il primo lockdown, l’analisi ha mostrato un parziale recupero dei ritardi diagnostici a partire dalla seconda metà del 2020, e in misura maggiore nel primo semestre del 2021, mentre rimane un gap significativo nell’accesso alle visite specialistiche, per le prime visite ma soprattutto per visite di controllo, e una riduzione dell’aderenza terapeutica causata anche dalla difficoltà nel mantenere un contatto costante tra medico e paziente.

A giugno 2021 le nuove diagnosi e i nuovi trattamenti dei pazienti con dislipidemia ad alto rischio cardiovascolare (prevenzione primaria: pazienti che non hanno avuto un evento cardiovascolare ma che hanno almeno un fattore di rischio tra ipercolesterolemia, ipertensione arteriosa, familiarità per eventi CV, diabete, fumo, insufficienza renale; e prevenzione secondaria: paziente con pregresso evento cardiovascolare) hanno registrato rispettivamente +3% e +10% rispetto al periodo pre-pandemia, segno di una ripresa dell’attività clinica degli ambulatori, ma anche di una crescita dei nuovi casi. Resta invece elevato il divario rispetto al trend storico delle richieste di visite cardiologiche (prime visite -19%, visite di controllo -29%). In conseguenza alla riduzione delle visite, anche l’aderenza alla terapia, già non ottimale prima della pandemia, è diminuita in modo significativo, calando di 5 punti percentuali rispetto al periodo precedente (da 53% a 48%).

Nell’area delle malattie ischemiche del cuore si osserva un recupero più lento sulle nuove diagnosi e sui nuovi trattamenti. Nonostante la ripresa delle attività, l’accesso alle cure si mantiene ancora su livelli inferiori al periodo pre-pandemico (nuove diagnosi -5%, nuovi trattamenti -16%). Come già osservato sulla dislipidemia, le richieste di visita cardiologica sono inferiori rispetto al 2019 (prime visite -23%, visite di controllo -30%). Anche l’aderenza al trattamento è calata di 8 punti percentuali, passando dal 78% pre-pandemia al 70% nel periodo successivo.

A fronte della difficoltà dei pazienti di accedere alle visite la maggior parte dei medici (90% degli specialisti e 95% dei medici di medicina generale) ha cercato di mantenere il contatto con i pazienti per telefono, via whatsapp e email, per condividere esami clinici, monitorare le terapie e le condizioni di salute dei propri pazienti. Si è trattato perlopiù di iniziative spontanee, messe in atto soprattutto con pazienti più giovani e con patologie croniche, ma – anche se meno frequentemente – con pazienti più anziani.

Sulla base delle interviste realizzate, il 63% dei medici si augura possano definirsi in futuro modalità di contatto da remoto più strutturate, prefigurando un nuovo modello integrato di presa in carico del paziente che preveda la possibilità di mantenere il contatto con il paziente anche a distanza (per esempio per le visite di controllo, la verifica degli esami o il rinnovo dei piani terapeutici), favorendo così una maggiore continuità di cura e alleanza terapeutica.

Ambulatori e ospedali nelle varie regioni d’Italia si stanno attrezzando per sviluppare ambulatori digitali e piattaforme di telemedicina per garantire visite e consulti multispecialistici e garantire una presa in carico del paziente integrata e personalizzata. Per sostenere il sistema e garantire l’accesso e la continuità di cura, i diversi specialisti, fra gli altri in particolare i cardiologi ospedalieri, ritengono necessario investire in personale (medici e infermieri), coinvolgere i medici di famiglia e gli specialisti territoriali nella gestione dei pazienti con patologie cardiovascolari, sviluppare strumenti per seguire i pazienti a distanza.

Forte, infine, l’attesa per una partnership e collaborazione con l’industria farmaceutica, che durante la pandemia ha avuto un ruolo chiave al fianco di ospedali, medici e pazienti, favorendo – attraverso servizi e iniziative – l’accesso e la continuità delle cure (per esempio sviluppando servizi dedicati al paziente, servizi di assistenza domiciliare, servizi a domicilio per la distribuzione dei farmaci). Le attese si indirizzano principalmente verso progetti per ottimizzare il percorso del paziente (81%) e la gestione integrata ospedale-territorio (79%), progetti di telemedicina per la gestione del paziente a distanza (70%).

Redazione Nurse Times

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