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L’infermiere case manager in psichiatria

Riportiamo qui, per intero, un articolo scritto dalla collega dott.ssa Antonella Petrucci e pubblicato dall’OPI di Bari

L’introduzione di nuovi modelli organizzativi all’interno dei servizi psichiatrici territoriali rappresenta un’importante sfida per fornire risposte efficaci ai mutevoli bisogni degli utenti che accedono ai servizi. Particolarmente complessa risulta la presa in carico degli utenti complessi, che presentano bassa qualità di vita, scarsa compliance al trattamento terapeutico, grave sintomatologia e comportamenti biasimati o aggressivi. 

Il case management, sperimentato dagli anni ’60 nei Paesi anglosassoni, rappresenta una modalità di approccio a tali utenti, poiché attraverso l’assegnazione di un case manager o “referente del caso” viene facilitata la continuità delle cure ed il coordinamento degli interventi sanitari e sociali.

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Il case management, letteralmente “gestione del caso”, in ambito psichiatrico nasce negli Stati Uniti circa vent’anni fa sulla scia del movimento di deistituzionalizzazione dei malati di mente che spesso si limitava alla chiusura dei reparti ed istituti psichiatrici senza essere accompagnata da interventi idonei ad aiutare la persona a reintegrarsi nella società.

L’obiettivo primario del case management era dunque quello di fornire un supporto più personalizzato per rispondere ai bisogni delle persone che erano in difficoltà all’esterno dell’istituzione.

Il case management nei servizi psichiatrici è una modalità da impiegare nei trattamenti dei pazienti psichiatrici gravi che permette di “prendersi cura” dell’individuo nel suo complesso.

Nel trattamento di un soggetto affetto da psicosi si adottano tutte le strategie per costruire un rapporto di collaborazione con l’utente inserito nel suo contesto familiare e sociale, in quanto lo stabilirsi di una relazione di fiducia (alleanza di lavoro) tra la persona ammalata e gli operatori costituisce la condizione di base della cura e il fondamento di un programma di trattamento efficace protratto nel tempo.

Il case management nei servizi psichiatrici è un approccio ancora poco diffuso e richiede l’integrazione tra i componenti di un’équipe multidisciplinare e l’identificazione di un operatore che acquisisca il ruolo di case manager.

Il percorso di presa in carico di tali persone si configura come un progetto caratterizzato da: 

• elevata complessità organizzativa, 

• rilevante specificità professionale, 

• capacità di gestire l’integrazione sociosanitaria

Il case management si attua con forme di accompagnamento nell’ambiente di vita, ovvero con la “presa in carico”, attraverso:

• l’offerta di un supporto alla persona e alla famiglia;

• la costruzione di un progetto che preveda un’organicità di intervento, non frammentato, da parte dei servizi;

• l’instaurazione di un legame che valorizzi le risorse dell’ambiente.

L’infermiere svolge attualmente alcune importanti funzioni di case management, con modalità diversificate e pertanto con scarso riconoscimento. 

In tale evoluzione di ruolo, l’infermiere assume maggiore rilievo come mediatore delle esigenze dell’utente e migliora la capacità dei diversi servizi di prendersi cura di lui nella sua globalità.

 La competenza professionale dell’infermiere è formata dalla combinazione di conoscenze professionali, di capacità e abilità professionali e di orientamenti per sapere individuare la domanda di assistenza infermieristica (i bisogni) dando ad essa una risposta (la prestazione infermieristica) adeguata in tempi e modalità convenienti. 

Le decisioni e le conseguenti azioni poste in essere dall’infermiere consistono nell’adattare le conoscenze e i principi generali, acquisiti nel corso del piano di studi, al caso specifico. 

Le parole chiave nel ruolo e funzioni degli infermieri case manager sono: 

  1. integrazione assistenziale, intesa come carenza fra ciò che è stato progettato con ciò che viene realizzato;
  2. coordinamento dell’assistenza, inteso come modalità in cui il progetto assistenziale è seguito da tutti i soggetti coinvolti; 
  3. continuità assistenziale, intesa come l’estensione del progetto assistenziale in tutti gli ambiti di svolgimento.

Il programma di case management è quindi realizzato per ottimizzare l’integrazione, il coordinamento e la continuità dell’assistenza al paziente.

 Inoltre, in molti ambiti, fornisce la possibilità di focalizzare l’attenzione anche sulla prevenzione della malattia e sulla promozione della salute. 

Le principali funzioni dell’infermiere case manager possono essere riassunte in:

• “accompagnamento” dell’utente nel percorso di cura attraverso una buona relazione e un’alleanza con il paziente; valutazione della richiesta di bisogno senza dispersione di risorse in quanto si ha un solo interlocutore, un referente specifico;

 • intermediazione tra l’utente e l’esterno, con una mappatura del territorio e un suo utilizzo attraverso la messa in comune delle informazioni con una maggiore conoscenza delle strutture per una migliore presa in carico del paziente e utilizzo della rete anche per gli altri utenti; 

• integrazione servizi coinvolti nel percorso di cura attraverso una migliore conoscenza dei servizi per favorirne l’accesso, per superare la frammentarietà e una maggiore coerenza degli interventi ed una migliore organizzazione del lavoro; 

coordinamento della micro-équipe, dalla condivisione del progetto senza sovrapposizione di ruoli, con attivazione delle risorse al momento e nei tempi adeguati;

 referente del percorso di cura quale garante del progetto e della qualità delle prestazioni erogate;

 monitoraggio del Progetto Terapeutico Individuale ovvero raccolta di informazioni, conoscenza accurata del paziente, migliore qualità dell’assistenza con confronto sugli interventi e obiettivi intermedi per la garanzia dell’efficacia e della continuità del progetto; 

valutazione del progetto attraverso la riformulazione degli obiettivi, l’adeguamento al programma con una costante verifica della congruità della presa in carico, oltre alla revisione delle risorse investite (personale ed economiche) e l’utilizzo appropriato dei servizi.

Vi sono tuttavia alcuni punti critici da tenere presente rispetto all’assunzione del ruolo di case manager da parte degli infermieri.

 Tali criticità sono riferite sia all’infermiere che assume il ruolo, sia all’équipe che prende in carico il paziente psichiatrico: 

 consapevolezza di ruolo: scarsa auto consapevolezza di ruolo da parte del singolo professionista; formazione specifica: necessità di formazione specifica rispetto al ruolo e alle funzioni del case manager, (nel Piano Regionale Salute Mentale sono identificati i bisogni formativi specifici per le diverse figure professionali ed è indicata la necessità di una formazione al ruolo di case-manager sia come funzione professionale sia come ulteriore qualifica professionale); 

conflittualità tra i membri: conflittualità all’interno dell’équipe per mancanza di comunicazione tra le diverse professionalità, difficoltà nella costruzione della rete interna ed esterna al servizio psichiatrico;

 delega delle problematiche al case manager: deresponsabilizzazione da parte degli altri membri dell’équipe e secondaria inefficacia delle azioni del case manager;

mancato riconoscimento istituzionale del ruolo: non chiarezza rispetto ai ruoli, mancato riconoscimento dell’autonomia professionale e scarso riconoscimento del ruolo del case manager all’interno dell’équipe. 

Vi è dunque, in ultima analisi, l‘opportunità di modificare il ruolo dell’infermiere che opera all’interno dei servizi psichiatrici, in favore dei nuovi bisogni dell’utenza, nella consapevolezza che i cambiamenti organizzativi richiedono tempi lunghi di assimilazione soprattutto quando si basano su una nuova concettualizzazione del modo di operare.

BIBLIOGRAFIA

• Guay J., Il case management comunitario, Liguori Editore, Napoli, 2000

 • Payne M., Case management e servizio sociale, Erickson, Trento, 1998 

• Pontello G., Il management infermieristico. Organizzare e gestire i servizi infermieristici negli anni 2000, Masson, Milano, 1998

PERRUCCI ANTONELLA

Fonte: OPI di Bari

Redazione Nurse Times

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