L’esperto: “Turnisti a rischio tumori e non solo…”

Che nella nostra categoria di professionisti le gioie siano rare e spesso un autentico miraggio, è cosa nota da tempo immemore. Tra stipendi da fame, precariato, demansionamento, sfruttamento e con una crescita professionale che da 24 anni, in moltissimi ambiti, sembra essere avvenuta solo sulla carta, si soffre un bel po’ e a volte ci si domanda a più riprese dei frustranti e inconsolabili: “Chi diavolo me l’ha fatto fare?”

Eppure al peggio non c’è mai fine. Perché purtroppo, per definizione, gli infermieri sono anche dei turnisti. E la scienza, di nuovo, senza alcuna pietà, ha voluto spiegarci quanto di negativo c’è nel fare una vita tanto anomala rispetto ai ritmi naturali del nostro organismo.

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Perché lavorare su turni, oltre a stravolgere la propria vita privata e a renderla ben lontana dall’essere “regolare” come quella di molti altri lavoratori che dormono bene ogni notte nel proprio letto e che nel weekend possono dedicarsi ai propri interessi e ai propri affetti, è anche pericoloso.

Come ha spiegato a La Stampa Giovanni Costa, Ordinario di Medicina del lavoro in quiescenza dell’Università di Milano: “Il lavoro a orari irregolari, in particolare a turni e notturno, causa una desincronizzazione dei ritmi biologici circadiani e delle attività sociali con riflessi negativi sulla performance lavorativa, sulla salute

e sulle relazioni familiari e sociali.

Sulla salute sono rilevabili degli effetti a breve e lungo termine. Sul breve termine sono riscontrabili disturbi del sonno, sindrome del jet lag, errori e infortuni. Sul lungo termine, invece, tendono ad aumentare l’incidenza delle patologie digestive, metaboliche, neuropsichiche, cardiovascolari, della funzione riproduttiva femminile e, probabilmente, tumori.

L’entità di tali effetti dipende dalla contemporanea influenza di numerosi fattori che interessano sia la sfera individuale sia il contesto lavorativo e sociale”.

Esiste, secondo gli esperti un orario di lavoro ideale? Ovvero che permetterebbe ai lavoratori di innalzare sensibilmente la qualità della propria vita e, magari, di non rimetterci la salute? Costa sottolinea: “Definire in linea teorica quale potrebbe essere l’orario di lavoro migliore in assoluto è molto difficile, poiché definirlo dipende da molteplici fattori di carattere fisiologico-patologico come per esempio il ciclo sonno-veglia, il livello di vigilanza e di performance, ma anche di tipo psicologico, sociale e ambientale.

Tutti questi fattori si intersecano e influenzano vicendevolmente e in maniera diversa nei diversi lavoratori in relazione all’età, al genere, alla situazione familiare, alle condizioni socio-economiche, abitative, ai tempi di pendolarismo, organizzazione degli orari sia di lavoro sia dei servizi sociali (ad es. trasporti, scuole, uffici)”.

Fatto sta che da infermieri turnisti, leggendo continue ricerche che ci inseriscono nelle categorie a rischio di sviluppare cardiopatie (VEDI), demenza (VEDI) e tumori (VEDI), non ci sentiamo particolarmente ottimisti…

Redazione Nurse Times

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