Cittadino

Le patologie “senza volto”

Proponiamo un excursus tra le malattie neurodegenerative: Parkinson, sclerosi multipla, demenza.

Le patologie neurodegenerative sono quasi sempre marginali per la maggior parte della popolazione, in quanto si pensa che siano confinate alla parte finale della vita. Sempre di più, però, al contrario delle convinzioni, queste problematiche si fanno sentire non soltanto negli anziani, ma anche negli adulti a partire dai 50-60 anni. Cerchiamo di fare un excursus di queste morbosità, per toccare con mano quello che forse non vogliamo vedere.

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Partiamo con il morbo di Parkinson. E’ una malattia neurodegenerativa con evoluzione lentamente progressiva, che coinvolge alcune funzioni quali il controllo dei movimenti e dell’equilibrio, e proprio per questo viene classificata come “disordine del movimento”. Il nome della patologia è legato a James Parkinson, farmacista-chirurgo londinese del XIX secolo che per primo descrisse alcuni sintomi della malattia in un famoso libretto, il Trattato sulla paralisi agitante, denominata così proprio per il caratteristico tremore a riposo, ma successivamente abolita come definizione perché non si tratta di paralisi.

La malattia è presente in tutto il mondo e in tutti i gruppi etnici, si riscontra in entrambi i sessi e l’età media di esordio è intorno ai 58-60 anni, ma circa il 5 % dei pazienti può presentare un esordio giovanile tra i 21 e i 40 anni. Prima dei 20 anni è estremamente rara. Sopra i 60 anni colpisce l’1-2% della popolazione, mentre la percentuale sale al 3-5% quando l’età è superiore agli 85. Ovviamente non ne esiste solo una forma: ve ne sono altre simili come sintomi, ma differenti per non remissione dei segni e sintomi sotto terapia dopaminergica. Si tratta dei Parkinsonismi. Tra questi ricordiamo la MSA o atrofia multisistemica, la PSP o paralisi sopranucleare progressiva, la CBD o degenerazione cortico basale, e la FTD o demenza fronto temporale. Le cure a oggi disponibili per il Parkinson sono solo per il controllo della sintomatologia, ma non ne arrestano lo sviluppo, e quindi non portano a una guarigione.

Un’altra patologia molto comune è la MS o sclerosi multipla. Anch’essa è una malattia neurodegenerativa e autoimmune che colpisce il SNC. In una ricerca del 2015 si riporta che nel mondo ci sono all’incirca 2,3 milioni di persone affette. La malattia esordisce più frequentemente nella fascia di età tra i 20 e i 40 anni, ma sono possibili casi in età pediatrica o in età avanzata, oltre i 55 anni. I sintomi non sono lenti, ma progressivi, come nel Parkinson, perché in questo caso si verifica il danneggiamento della mielina, che protegge le fibre nervose nel SNC (non dimentichiamo che la stessa mielina è responsabile della trasmissione corretta dei segnali nervosi).

Tra i sintomi più comuni: stanchezza e debolezza, anche per le attività della vita quotidiana; intorpidimento delle estremità o del volto; difficoltà nella deambulazione; disturbi della minzione e dello svuotamento intestinale; disturbi della vista; vertigini; disturbi dell’ambito sessuale; spasticità. I sintomi dipendono anche dal tipo di MS che viene diagnosticata nel paziente e solitamente si parla anche di ricadute

, che a tempo zero vanno sempre più ad aggiungere invalidità, senza più tornare a uno stato di normalità.

Le forme di MS sono: la CIS o sindrome clinicamente isolata; la SMRR o MS recidivante con remissione; la SMPS o MS secondariamente progressiva; la SMPP o MS primariamente progressiva; la SMPR o MS progressiva con ricadute; la RIS, cioè quella radiologicamente isolata. Attualmente anche in questo caso non esiste una cura che porti alla guarigione, ma ci sono diversi farmaci utilizzati per il rallentamento e/o la riduzione dei sintomi. L’obiettivo principale della terapia, in questo caso, è quello di ridurre il numero di riacutizzazioni, perché così facendo la disabilità non incalza e si rimane in una situazione stabile.

Per ultima, ma non in ordine di importanza, analizziamo la demenza. Quest’ultima riguarda maggiormente persone di età avanzata, con riduzione graduale e quasi sempre irreversibile delle facoltà intellettive. Anche in questo caso ne riconosciamo differenti tipologie: morbo di Alzheimer, vascolare, dei corpi di Lewy, frontotemporale, di Huntington, degenerazione cortico-basale e tante altre. Come il Parkinson, hanno andamento progressivo della sintomatologia, che poi porta a un marcato deterioramento delle capacità cognitive e fisiche.

Negli stadi finali le complicanze dovute al deterioramento cognitivo si fanno sentire proprio a carico della parte più fisica e naturale dell’uomo: le attività della vita quotidiana. Si perde la capacità di deglutire, tanto che si rischia spesso l’ab ingestis o polmonite da inalazione di cibo. Si perde l’orientamento e la stabilità nel passo, tanto che si arriva allo stadio terminale quasi sempre con pazienti allettati e cachettici e/o defedati. Tutto questo porta inesorabilmente a rallentamento della peristalsi, aumento del carico vascolare, aumento di trobofilia, possibilità di sviluppare lesioni da pressione e chi più ne ha più ne metta.

Dopo questo piccolo excursus, è chiaro come non sempre vi sia una dicotomia tra malattia neurodegenerativa e paziente anziano o super-anziano. Inoltre è giusto anche offrire a coloro che superano i 70 anni una prospettiva di vita migliore rispetto a quella identificata precedentemente, a maggior ragione in previsione di un aumento dell’età media dell’uomo. Infatti non bisogna solo concedere un aumento di giorni, mesi o anni di vita, ma anche una qualità della vita accettabile. Affinchè questo avvenga bisogna sicuramente incentivare la ricerca, continuando a cercare risposte a tutte queste domande. Senza mai dimenticare un’arma invincibile: la prevenzione primaria. Perché, ricordate, curare è necessario, ma prevenire è d’obbligo.

Dott.ssa Federica Taccogna

Redazione Nurse Times

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