Infermiere dell’Emergenza

Intervista a Simona, l’infermiera del 118 che ha fatto nascere un bimbo in casa

ntervista a Simona Barzellotti, infermiera del 118 che lo scorso mercoledì, durante un soccorso, ha fatto nascere un bimbo in casa.

Intervista a Simona Barzellotti, infermiera del 118 che lo scorso mercoledì, durante un soccorso, ha fatto nascere un bimbo in casa.

E’ successo mercoledì pomeriggio a Celleno, in provincia di Viterbo. Sembrava un soccorso come un altro per Simona Barzelletti, infermiera del 118, e per la sua equipe d’ambulanza: una donna incinta, nella sua abitazione, che ha iniziato ad avvertire contrazioni molto forti e sempre più frequenti; tanto da dover chiamare aiuto.

Giunta presso l’indirizzo indicato e affiancata da Ignazio Pona, soccorritore e studente infermiere, Simona si è subito resa conto che il parto era prossimo: ha così allertato l’auto medica, ma… non c’era proprio più tempo, il bimbo aveva tanta fretta di uscire. Ed è nato tra le sue braccia…

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Fortemente emozionata per questa meravigliosa esperienza, Simona ci ha rilasciato un’intervista.

Chi è Simona Barzellotti? E l’infermiera Simona Barzellotti? Parlaci in breve del tuo percorso.

Sono una ragazza di 24 anni (quasi 25) e vivo a Terni. All’ultimo anno di liceo ho deciso che avrei scelto infermieristica, per il mio futuro, e sono subito rientrata nel test di selezione. Sono sincera, prima di cominciare il corso di laurea non avevo idea di come sarebbe stato fare l’infermiera; ma già dal primo anno, durante il tirocinio clinico, ho capito che avevo imboccato la strada giusta.

Gli studi ed i tirocini successivi, infatti, mi hanno indubbiamente confermato che non avrei potuto scegliere professione e lavoro migliore.

Il periodo di studi è andato benissimo e mi sono laureata alla fine del terzo anno senza perdite di tempo (e denaro).

Dopodiché ho subito cominciato a lavorare in varie case di riposo. Ma nonostante mi piacesse molto lavorare con gli anziani, non riuscivo a sentire così “mia” quell’attività; aiutare è sempre gratificante, questo sì, ma non mi sentivo soddisfatta. Fino a che, lo scorso Aprile, ho ricevuto la chiamata dall’azienda per cui ora lavoro e che si occupa anche di servizio 118.

Ecco, appunto: lavori al 118. Cos’è per te l’emergenza? Una passione, una missione, una ‘professione’ o… tutte e tre le cose?

Sono solo due mesi che mi occupo di emergenza territoriale, ma già da questo inizio di attività posso trarre delle prime impressioni e alcune considerazioni. Lavorare con il 118, secondo me, è innanzitutto passione. Perché, senza questa, sono convinta che non si riesca a lavorare nel modo giusto, specialmente in ambito infermieristico. Dopodiché è anche professione e soprattutto professionalità, poiché quando si lavora in area critica è necessario possedere un ampio bagaglio di conoscenze e la padronanza di molte tecniche; ed il nostro operato deve essere perfetto, al fine di garantire il miglior esito possibile.

Ultimamente sei stata protagonista di un soccorso particolare… parlaci di cosa ti è accaduto.

L’ultimo soccorso prestato è stato una sorpresa ed un’emozione indescrivibile. Era un pomeriggio piuttosto monotono, nella postazione di Civitella d’Agliano; qualche minuto dopo, fortunatamente, è squillato il cellulare per un soccorso. La centrale operativa del 118 ci ha spiegato che si trattava di una donna alla 38esima settimana di gravidanza, con le prime contrazioni e le era stato attribuito un codice colore verde, poiché la paziente non aveva riferito perdite ematiche o altri segni/sintomi di alcun tipo.

Al nostro arrivo ci è venuto incontro il marito piuttosto agitato e lì ho pensato subito che, forse, in realtà la situazione fosse un tantino più complicata rispetto ai dati che avevamo. Una volta saliti in casa abbiamo trovato la donna sdraiata a terra in preda a contrazioni forti e molto ravvicinate; così ho avvertito la centrale che ha inviato subito un’automedica. Ma il bambino aveva tanta fretta di nascere… una fretta incontenibile!

Così, giusto il tempo di riagganciare il telefono, e la signora ha rotto le acque

, ma non solo: di lì a breve la testa del neonato era già in posizione, pronta per uscire! Ho subito realizzato che quel bambino stava per nascere lì, con me. Quindi, con il prezioso aiuto di Ignazio (il mio collega soccorritore, studente infermiere), mi sono preparata ad accogliere quella nuova vita. Il parto è andato benissimo poiché è stato davvero rapido, il bambino ha pianto subito ed ha assunto, fin dai primi momenti, un colorito roseo. Vedendolo piangere ho tirato un  grosso sospiro di sollievo, l’ho asciugato e messo tra le gambe della mamma, come indicazione dalla centrale operativa, fino all’arrivo del medico.
Simona ed Ignazio, fotografati durante l’emozionante soccorso.

Professionalmente ed emotivamente, com’è assistere alla nascita di una nuova vita? Parlaci di come ti sei sentita in seguito a quel soccorso.

Avevo già assistito a diversi parti, sia cesarei sia spontanei, visto che avevo effettuato il mio ultimo tirocinio del corso di laurea in sala parto. Infatti, oltre all’infermiera, mi sarebbe piaciuto anche diventare ostetrica. Ed aver già visto nascere altri bambini, anche se non li avevo fatti nascere io in prima persona, mi ha aiutato tantissimo. Comunque… quando ho visto la testa del bambino, anziché avere paura, ero contenta perché far nascere un bambino è sempre stato il mio sogno. Ho agito in modo del tutto istintivo e naturale, ricordando anche i movimenti che avevo visto fare alle ostetriche, ed è stato così facile che quasi mi è sembrato di far nascere bambini ogni giorno.

Simona in uno scatto durante il suo tirocinio clinico in sala parto.

Appena è nato, comunque, l’unico timore vero che ho avuto è stato quello che non respirasse subito e bene o che potesse avere una crisi ipotermica (abbastanza comune nei neonati). Ma appena l’ho sentito piangere mi sono sciolta, l’ho subito avvolto nel telino e massaggiato per trasmettergli calore e stimolarlo a piangere ulteriormente. Ero così emozionata che non mi ero nemmeno accorta che fosse un bel maschietto. È stata una grande emozione anche per il mio collega Ignazio, che lavora da 8 anni nel servizio 118, ma che non aveva mai assistito alla nascita di un bambino; mi ha confessato che quello è stato, senza dubbio, il soccorso più emozionante della sua carriera.

Quali sono le tue prospettive e le tue speranze per il futuro?

Nel mio prossimo futuro spero vivamente di continuare a lavorare nel 118, poiché per me rappresenta un mondo nuovo al quale mi sto appassionando tantissimo. Inoltre lavorare in emergenza, facendo esperienza sul campo, ti forma in a 360°, meglio di qualsiasi corso o libro. Spero di imparare il più possibile e di farne tesoro per la mia futura carriera, che spero sarà comunque nell’ambito dell’emergenza sanitaria.

Sembra assurdo ma ora come ora, dopo soli due mesi in ambulanza, il pensiero di un futuro in un reparto di degenza (come ad esempio medicina o chirurgia) mi appare come monotono e noioso. A parte ciò vorrei continuare a formarmi, poiché lo ritengo molto importante per la professione infermieristica e per ogni professionista che si rispetti: a mio avviso non bisognerebbe mai limitarsi alle conoscenze base del corso di laurea, ma andare sempre oltre, seguire le più recenti EBM ed EBN e specializzarsi in un ambito che sentiamo più vicino a noi; a questo proposito, mi piacerebbe frequentare presto un master (molto probabilmente in area critica) ed occuparmi anche della formazione dei futuri infermieri.

Il bimbo, nato di 3,9 Kg, sta benone. E racconterà per tutta la vita di essere nato in casa, tra le braccia preparate ed accudenti di un’infermiera soccorritrice.

Grazie, Simona.

Alessio Biondino

Redazione Nurse Times

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