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E intanto i media continuano a confondere i cittadini sulla figura infermieristica

È passato oramai più di un anno da quando la presidente della FNC IPASVI, dott.ssa Barbara Mangiacavalli, scrisse una lettera piuttosto polemica (VEDI) al Ministro della Salute Lorenzin e al Presidente della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini…

È passato oramai più di un anno da quando la presidente della FNC IPASVI, dott.ssa Barbara Mangiacavalli, scrisse una lettera piuttosto polemica (VEDI) al Ministro della Salute Lorenzin e al Presidente della Conferenza delle Regioni Stefano Bonaccini…

L’obiettivo era quello di richiedere un intervento deciso per impedire che notizie non corrette sulla professione infermieristica e attribuzioni inesatte agli infermieri potessero minare alla base la professione e soprattutto la credibilità e l’identità che questa ha nei confronti dei cittadini.

Eppure, da allora, ahimè, poco è cambiato… perché, puntualmente, nella cronaca giornalistica e nei programmi televisivi continua ad essere utilizzato, a prescindere, il nome degli infermieri per qualsiasi figura che non indossa un camice e che si aggira all’interno delle strutture sanitarie (e non solo); ma che spesso, con la categoria infermieristica, non ha proprio nulla a che fare.

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Sarà colpa dell’ignoranza associata alla poca voglia di informarsi da parte di alcuni giornalisti?

Sarà che con lo scrivere “Infermiere” si va quasi sul sicuro, in sanità, visto che agli occhi di tutti (cittadini, altre categorie, media e anche moltissimi colleghi) la nostra figura rimane orgogliosamente l’unica ad essere considerata come “factotum” degli ospedali?

Sarà che la denominazione “Infermiere”, per l’appunto, è purtroppo ancora indissolubilmente legata agli ignoranti sguatteri ospedalieri del passato, senza alcuna evidente possibilità di redenzione (VEDI)?

Chissà… fatto sta che la confusione continua a regnare sovrana.

L’Avvenire, ad esempio, che tempo fa in un suo articolo (VEDI) descriveva le badanti come categoria da tutelare in quanto trattate come “Infermiere tuttofare” (in senso dispregiativo e sminuente, come è ovvio che fosse), dimostra ancora una volta di avere le idee assai poco chiare sulla figura infermieristica: descrive un aggeggio tecnologico, il “Robot Hunova”, come un “Infermiere” (VEDI).

Il presidio, utilizzato in diversi ospedali di Liguria e Toscana per il recupero delle persone in ambito ortopedico, neurologico e geriatrico, si è guadagnato un prestigioso premio (come secondo classificato) all’EuRobotics Tech Transfert Award 2017, il più importante evento di robotica in Europa e uno dei principali al mondo. E fin qui tutto ok.

Poi, però, nell’articolo, viene spiegata a grandi linee l’attività del macchinario e come questo sia “uno strumento che integra meccatronica, elettronica, sensoristica e software e fornirà un grosso aiuto a medici e fisioterapisti. Mmmh. Bene. Medici e fisioterapisti. Nulla di offensivo o di denigrante, ci mancherebbe altro. Eppure, più o meno stoltamente, mi domando: che diavolo c’entrano, allora, gli infermieri

col robot Hunova? Perché è così facile schiaffare il nostro nome nei titoli dei giornali? Già, perché il titolo del pezzo è: “L’altro infermiere, il robot Hunova”.

Altro giro, altra corsa. Ed è leggere questo articolo, uno dei tanti confondenti pezzi che appaiono quotidianamente nelle edicole e nel web, che mi ha fatto oltre modo riflettere: è di questi giorni la brutta notizia di un’aggressione (l’ennesima) ai danni di una operatrice sanitaria, a Rovigo.  Anche qui, forse per semplificare il titolo e renderlo più “chiaro”, La Voce di Rovigo ha tuonato: “Picchia l’infermiera e scappa dalla finestra”, riferito ad una paziente che ha colpito in pieno viso la sanitaria ed è poi scappata per recarsi alla stazione (VEDI). Ebbene, pure stavolta l’infermiera non era tale.

Per carità, mi si potrà senz’altro dire che non è forse questo il caso per mettersi a puntualizzare, visto che anche qui non c’è nulla di offensivo o di denigratorio nei confronti degli infermieri, ma… mi ha colpito il fatto che il giornale, in preda a chissà quali dubbi amletici, c’abbiamesso molto impegno per esprimere la sua pressoché totale confusione a proposito delle figure sanitarie italiane e per esprimerla, in tutto il suo turbamento, ai propri lettori: dopo averla chiamata “infermiera” nel titolo, infatti, l’operatrice è diventata come d’incanto “Oss” nel sottotitolo, per poi tramutarsi in “Infermiera OSS” e ritornare “Infermiera” sul finire del pezzo.

Da cittadini, laici e non addetti ai lavori, qualora vi trovaste di fronte allo scritto (VEDI)… cosa capireste? Io penserei che Oss ed Infermieri siano in realtà la stessa cosa o, al massimo, delle figure intercambiabili per cui ogni puntualizzazione o distinzione è praticamente inutile. Anzi, leggendo quel “Infermiera Oss” (che fa venire i brividi e la gastrite) penserei a chissà quale nuova, mirabolante e  tecnicissima specializzazione a tutela degli utenti!

Ma, ahimè, non è affatto così…

Quali strategie si potrebbero adottare per informare una volta per tutte i media, i cittadini e molti (troppi) addetti ai lavori ancora troppo confusi a proposito figura infermieristica?

Possibile che il nostro nome sia così difficile da strappare alle mansioni, ai “tuttofare” e alla “sguatteristica” del passato, per cui tutti coloro che corrono in corsia con una qualsivoglia divisa, devono necessariamente essere infermieri?!

Alessio Biondino

Fonti: La Voce di Rovigo, Avvenire

Redazione Nurse Times

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